Da un arcolaio d'oro Dvorak invia richiami di fuoco

Da un arcolaio d'oro Dvorak invia richiami di fuoco Le opere orchestrali del maestro ceco Da un arcolaio d'oro Dvorak invia richiami di fuoco L5 ESTATE è adatta ad ' ascolti riposati, al mezzo carattere, ai secondi piani dalla luce più discreta; nessuna occasione migliore di questo cofanetto di sei dischi dedicato alle opere orchestrali di Antonin Dvorak, uomo tranquillo se ce ne fu une nel marasma di fine Ottocento. Dal titolo «opere orchestrali» (Orchesterwerke) bisogna escludere le Sinfonie, peraltro celebri e oggi quasi tutte in repertorio; la raccolta presentata qui illumina dunque Dvorak fuori dal campo illustre della Sinfonia, nell'esercizio a prima vista più disimpegnato di danze slave,, ouvertures, poemi sinfonici, pezzi vari. Spiccano prima di tutto le due raccolte di Danze slave, op. 46 e op. 72 (in tutto sedici brani): scritte in origine per pianoforte a quattro mani, sono state orchestrate dall'autore in una veste sontuosa, rutilante, del tutto adatta alla vena copiosa di ritmi e melodie originali. Assai meno conosciute le tre ouvertures (op. 91-93, Nella Natura, Carnival, Otello che costituiscono un trittico omogeneo collegato da un tema ricorrente: il programma interiore considera la condizione umana, dallo stato d'armonia primordiale {Nella Natura), alla gioia per l'esistenza (Carnival), all'intossicante esperienza della passione (Otello): specie nell'ultimo brano il discorso di Dvorak rivela inedite inquietudini, un procedere a tentoni che non gli è abituale. Tutto il contrario dell'ouverture «Husitska» (Canto ussita) scritta nel 1883 per l'inaugurazione del Teatro nazionale cèco di Praga: contiene due inni ussiti (parole di Giovanni Hus), uno dei quali è usato pure da Smetana nel ciclo La mia patria; del tutto analoga è l'ouverture «Mein Heim» op. 62 (La mia casa, ma è sempre di patria che si tratta), composta in onore di Josef Kajetan Tyl, il fondatore dell'omonimo teatro praghese. Lontani da toni trionfali sono invece i quattro Poemi sinfonici, «Lo spirito delle acque», «La strega di mezzodì», «L'arcolaio d'oro», «La colomba del bosco», tutti del 1896 e ispirati alle ballate popolari raccolte dal poeta cèco Karel Jaromin Erben. Qui la vera perla è L'arcolaio d'oro, una delle più sottili e rivelatrici partiture di tutto Dvorak; da Schubert, a Mendelssohn, a Wagner, l'arcolaio è un attrezzo che ha avuto molto da dire ai romantici; quello di Dvorak è fatto con le ossa di una fanciulla uccisa, e manda magici richiami, tenui e affascinanti bagliori. Lo Scherzo capriccioso, le Leggende per orchestra da camera, le Variazioni sinfoniche completano il panorama. L'esecuzione dell'Orchestra della Radio bavarese diretta da Kubelik e la qualità tecnica dell'incisione non hanno bisogno di commenti: sono stupende, fra le più vive e presenti mai sentite in un disco. Giorno Pestelli Antonin Dvorak, Opere per orchestra (Orchesterwerke), Orchestra della Radio bavarese, direttore Rafael Kubelik, 6 LP Deutsche Grammophon 2740 238. Marc ChagaU, «Il violinista», 1911 (da «dragali», ed.Fabbri)

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