L'altra metà del cielo s'illumina d'immenso

L'altra metà del cielo s'illumina d'immenso Poesia L'altra metà del cielo s'illumina d'immenso NON amo, assolutamente non amo le misurazioni, i rilievi esterni sul corpo della poesia: ma come si fa a non accorgersi (basterebbe scorrere le «cinquine» dell'ultimo premio Viareggio) che le poesie di donne, scritte da donne, sono diventate, da qualche tempo, una realtà, un'evidenza davvero — e anche percentualmente — forte e sensibile? E' curioso, fra l'altro, che la proclamazione e l'analisi del fenomeno abbiano in qualche modo preceduto (penso ad alcune, non recentissime e per la verità alquanto improbabili, antologie di poesia «femminile») il fenomeno stesso. Con un po' di benevolenza, si potrebbe persino dire che lo abbiano previsto, o magari suscitato... Ma lasciamo perdere: e occupiamoci invece, in concreto, di tre libri di poetidonne, o donne-poeti, che dopo lo splendido Impromptu di Amelia Rosselli e la forbitissima Lingua dolente di Manca Larocchi, per citare solo i primi titoli che mi vengono alla memoria, hanno fornito quest'anno la prova vivente di quanto ho appena affermato. Cominciamo, come si conviene, dalla presenza più consolidata e «autorevole», quella di Maria Luisa Spaziani, che con Geometria del disordine conferma — non senza, tuttavia, qualche novità di carattere sia intonativo che tematico — la qualità e la tenuta di un'ormai quasi trentennale ricerca (la sua prima raccolta di versi, Le acque del sabato è del 1954). Nell'ambito della generazione cui appartiene — la stessa di Pasolini, di Zanzotto, di Erba, di Cattar i —, la Spaziani occupa un posto ben suo, e di siculo prestigio, per la vibrante politezza della pronuncia, per una sua costante capacità di incanalare incertezze e turbamenti esistenziali e, in senso lato, ideologici dentro gli stampi (non precostituiti, non di serie, ma lavorati via via con sottile sapienza artigianale) di un raffinato classicismo novecentesco. Assai appropriato e significativo, in questo senso, risulta il titolo della raccolta: lungi dall'arrendersi, dal lasciarsi andare al flusso e al fascino del «disordine», la Spaziani cerca di rintracciarne, o comunque di suggerirne, una possibile, paradossale «geometria» nella specie, e con gli strumenti, deU'immaginazione formale Ed ecco nascere, cosi, i suoi endecasillabi e i suoi alessandrini volta a volta perfetti e slabbrati, impeccabili e contorti, le sue metafore metrico-sintattiche che tendono a «chiudere». dialetticamente, il senso di una realtà infinitamente «aperta^ e sfuggente. fl 'secondo libro che mi preme segnalare è II cielo di Patrizia Cavalli. La Cavalli aveva esordito nel '74, pres- > .so il medesimo editore, con una notevole raccolta, Le mie poesie non cambieranno il mondo, rispetto alla quale Il cielo costituisce, tuttavia, assai più di una conferma. Alla felicità istintiva di un gesto poetico aggraziatissimo e «innocente» è subentrata ora, nel lavoro della Cavalli, una pronuncia più grave, profonda e pacata, in grado di rispecchiare con lancinante nitore, ma anche con struggenti combustioni e velature, la dolorosa flagranza dei sentimenti. Se, prima, si poteva pensare a lei come a un pregevole «minore» di scuola permiana, mi sembra che II cielo la ponga, ormai, fra i migliori rappresentanti di quella poesia «esistenziale» che nasce, soprattutto a Roma, dalla confluenza della lezione di Penna con quella di Pasolini e che, nelle nuove generazioni, ha da tempo un esponente di grande rilievo in Dario Bellezza. Per finire, un' «opera prima», una sorpresa — la più lieta, a mio avviso, della presente stagione: questo Teresino di Vivian Lamarque che, sin dal titolo, ci avvia a un mondo fiabesco di estatica, nordica precisione. Ma, si badi, le «fiabe» della Lamarque non hanno nulla di spavaldamente traslucido e surreale; sono fiabe di vita, della sua vita, preziosamente opache e consunte, pazientemente e incantevolmente tessute, nodo dopo nodo, con le sue emozioni e i suoi ricordi. Se per la Cavalli mi è parso di dover evocare lo sfondo della «scuola romana», la Lamarque andrà naturalmente collocata su quello di una neo-lombardi ti del tutto autonoma, ormai, rispetto alla vecchia «linea lombarda», e la cui ricca articolazione si estende da un Cucchi a un Giampiero Neri, da un Tiziano Rossi a un De Angelis. Ma se dovessi fare, per suggerire il «tipo» espressivo di questa poesia, un solo nome, non sarebbe quello di un altro poeta, bensì quello di un pittore-poeta, il grandissimo Paul Klee, con il vertiginoso «realismo» dei suoi prelievi onirici, con la minuta, delicata violenza fantastica del suo diarismo, delle sue trascrizioni Giovanni Ita boni Maria Luisa Spaziani, Geometria del disordine, Mondadori, 128 pagine, 10.000 lire. Patrizia Cavalli, Il ciato, Einaudi, 76 pagine, 4000 lire. Vivian Lamarque, T or caino, Società di poesia, 8B pagine, 6000 lire. Il classicismo di Maria Luisa Spaziani in «La geometria del disordine». La raccolta di Patrizia Cavalli «Il Cielo» e l'esordio di Vivian Lamarque con «Teresino»

Luoghi citati: Erba, Roma, Viareggio