Un sublime avventuriero tesse intrighi alla corte del Re Sole

Un sublime avventuriero tesse intrighi alla corte del Re Sole Le memorie del cardinale di Retz Un sublime avventuriero tesse intrighi alla corte del Re Sole TRA i paradossi di cui pullula la storia europea, uno dei più gustosi è quello che vede un cardinale predicare il diritto all'insurrezione, dopo aver scritto a vent'anni una tragedia clandestina che era un inno al tirannicidio. Destinatario del messaggio era un altro cardinale, Richelieu, che si procurò il manoscritto, lo lesse con allarmato stupore, e non ebbe esitazioni: «Ecco un uomo pericoloso». Di famiglia fiorentina, Jean-FrancoisPaul de Gondi, cardinale di Retz dal 1652, era un ammiratore di Cromwell, e un accanito lettore di Plutarco e di Machiavelli: «golpe et Itone» al tempo stesso, ma «lione» sicuramente, se l'avessero costretto a scegliere tra i due simboli. Il Seicento di Luigi XIII e della Reggenza, scosso da intermi¬ nabili lotte tra frondisti di ogni classe sociale, il Parlamento, la Corte e il Mazzarino, lo ha avuto tra i suoi protagonisti più determinati. Furono la sconfitta, l'esilio e una vecchiaia finalmente tranquilla (una ricca abbazia in cambio della resa) a fargli maturare la stesura di quelle Memorie che apparvero a stampa quasi quarant'anni dopo la sua morte, nel 1717, con successo immenso, E si capisce: non c'era dentro soltanto una ribollente materia romanzesca, intrighi politici, avventure galanti, ambizioni sfrenate, delitti e sommosse, agguati ed evasioni, cospirazioni inscatolate una dentro l'altra, ritratti fulminanti, massime da moralista classico. Quel che correva nella narrazione di Retz era soprattutto un'energia, una vitalità insofferente d'ogni tentennamento, un rifiuto dello status quo che suonavano mirabolanti e provocatori sotto il regno di Luigi XIV, addormentato sotto i grandi vessilli della legge, dell'ordine e dell'armonia. Una vita costruita come un capolavoro, vissuta nella consapevolezza di una posterità giudicante, come affacciata ai palchi di un metaforico teatrino; e poi ricreata e magari anche un po' reinventata in un altro capolavoro, questa volta scritto: rarissimo caso di equazione tra vita e opera. Le Memorie di Retz erano comparse in Italia nel 1946, edite da Bompiani, che ne aveva affidato un'ampia scelta a Domenico Bartoli e Cesare Giardini. Erano tempi poco propizi a questo genere di riscoperte. e c'è da salutare con gratitudine un ritorno che è arricchito di un saggio di Giovanni Macchia, qui ancora una volta all'altezza della sua fama. «/I criminale sublime* si intitola il saggio di Macchia: un ossimoro plutarchiano cui i veri tirannicidi, o aspiranti tali, non possono sottrarsi. Diceva il duca di Beaufort che lo stiletto era il vero breviario di Retz. D'altra parte lo stesso memorialista ci spiega sin dalle prime pagine di aver intrapreso la carriera ecclesiastica perché l'arcivescovado di Parigi, detenuto da un suo zio, era un affare di famiglia: mi miei duelli e le mie avventure galanti non dissuasero mio padre a legare alla Chiesa l'anima forse meno ecclesiastica che ci fosse sulla terra: Costretto a portare la sottana, il giovane Retz non perde tempo a recriminare, e costruisce la propria ascesa alla poltrona di primo ministro con freddezza, astuzia manovriera e garbo di supremo charmeur. Pur di arrivare, non si risparmia nulla: organizza l'assassinio di Mazzarino, gli lancia contro sempre nuovi ribelli, mette in giro la voce che il cardinale ha fatto trasportare del grano fuori dalla Francia, libera dei ladri per usarli come sicari. A chi se ne scandalizza, risponde di non esser fatto della mite pasta di Vincenzo de' Paoli, suo primo educatore. Retz, come osserva Macchia, l'esaltatore della storia come intrapresa, energia e movimento, che premia chi sa osare. Eppure la Storia non si concede sempre ai valorosi: un caso beffardo si diverte a scompi¬ gliare i disegni più accurati con imprevisti minimi e banali, ma di incalcolabile portata: Cromwell viene bloccato da un calcolo al rene, Richelieu si salva da un attentato per una semplice indisposizione, lo stesso Retz deve la porpora a una coincidenza fortuita e il carcere a un ritardo di pochi secondi. Vi sono punti della storia che sfuggono anche ai ricercatori più accaniti: guai a chi presume di voler capire tutto; e qui il grande estroverso arriva ad un passo dallo scoprire l'inconscio. La realtà resta per lui un affascinante calderone di possibilità in perpetuo sobbollimento. ed egli vi si tuffa con la golosità di un innamorato della vita, e dell'amore. E' la Fortuna a tirare i dadi, e questa consapevolezza aiuta Retz a perfezionare il suo humour, i suoi aforismi ironici e spavaldi, i suoi giudizi impietosi: il duca di Beaufort ha grandi propositi, ma non la forza di sostenerli; il duca d'Elbeuf è coraggioso solo perché un Lorena dev'esserlo comunque; il visconte di Turenna ha tutte le qualità, ma nessuna brillante; il duca di Larochefoucauld (quello delle Massime) non è di larghe vedute, ma in compenso non vede neppure ciò che è alla sua portata; la duchessa di Chevreuse si abbandona alla politica perché si abbandona a qualunque cosa piaccia all'uomo che ama; la regina è amata più per le sue disgrazie che per le sue virtù... Senza contare i deliziosi •a parte»: 'Pensava a tutto e non voleva nulla*, -Nessun sentimento è schiavo delle illusioni più della pietà; 'Tutto ciò che leggiamo nelle biografie dei grandi uomini è falso*: dove Retz, da scrittore, rivendica il suo diritto all'abbellimento romanzesco. Dalla pirotecnia delle Memorie, ecco per finire due massime da sottoporre alla meditazione dei nostri larvali politici. La prima: 'Credo che nel novero delle qualità che fanno un capo dì partito la risolutezza stia alla pari col giudizio: intendo il giudizio eroico, che ha lo scopo principale di distinguere lo straordinario dall'impossibile*. La seconda: -E' molto più facile conservare il favore del popolo con l'inazione anziché con l'azione*. Ernesto Ferrerò ' Cardinale di Retz, Memoria. Bompiani, 366 pagine, 8000 lire. n cardinale di Retz

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