Mondadori pessimista Einaudi crede nel lettore

Mondadori pessimista Einaudi crede nel lettore Il libro e la politica della cultura Mondadori pessimista Einaudi crede nel lettore FIRENZE — La condizione del libro, in Italia, è del tutto anomala e perfino contraddittoria. I lettori, come si sa, sono pochi, e quelli .forti*, che comprano almeno quattordici volumi l'anno, addirittura pochissimi: poco più di un milione. Per contro, i titoli che le case editrici propongono sono numerosi: nel 1979 furono 14231, poco meno della metà di quanti ne avesse presentati, nello stesso periodo, l'industria editoriale più agguerrita del mondo, quella degli Stati Uniti, per un pubblico di ben altre proporzioni. Abbiamo appreso questi dati nel corso di un convegno abbinato con la .Fireme-libro 81* e dedicato alla produzione, alla diffusione e all'utenza del prodotto editoriale, che si è concluso con una tavola rotonda su «Il libro e la politica della cultura». Vi hanno partecipato, oltre ai rappresentanti dei partiti, anche Sergio Zavoli, presidente della Rai, e Gianni Merlini, presidente dell'Associazione autori ed editori. Iproblemi dell'editoria libraria, con tutte le implicazioni e le ramificazioni, che abbracciano sia l'atteggiamento dello scrittore che quello dello stampatore, sono stati analizzati impietosamente e sema orpelli da specialisti per specialisti. A una linea decisamente pessimistica rappresentata, subito in apertura, da Leonardo Mondadori, si è contrapposta quella più morbida di Giulio Einaudi, il quale, nel rifiutare la definizione di .utenti» per i lettori, ha ricavato dai dati a sua disposizione la confortante ipotesi che ogni italiano adulto e non analfabeta legga — o almeno acquisti —cinque volumi l'anno. L'accrescimento c la qualificazione del pubblico dei lettori sono, per Einaudi, strettamente collegati con la formazione scolastica e lo sviluppo delle biblioteche. Se si impara a leggere da giovani si proseguirà da adulti, scegliendo secondo abitudini consolidate: se si avranno a disposizione buone biblioteche pubbliche, dotate di personale qualificato si ridurrà perfino l'analfabetismo di ritorno e si migliorerà la diffusione del libro. Ma è essenziale frenare il deterioramento delle strutture culturali esistenti — scuola e università in primo luogo — e stabilire un rapporto positivo con le regioni e i comuni, i teatri, i musei e gli organi d'informazione, per formulare un programma «di quadro* che orienti le esigenze culturali dei cittadini e sviluppi «l'amore per gli studi solidi e operosi che rendono necessario l'uso dei vari libri». Quest'ultima frase Einaudi l'ha tratta dalla conclusione dei lavori di una commissione che si riunì nel 1873, agli albori del nuovo Stato italiano. Come si vede l'opportunità di servirsi di *veri libri* era sentita già a quel tempo, quando non si poteva certo far carico ai mass-media, e in particolare alla televisione, delle cattive scelte dei lettori e della loro svogliatezza. Proprio sulla lacunosità del -quadro* si è soffermato Leonardo Mondadori. Solo il 7,9 per cento dei comuni italiani dispone di un negozio di libri. Dal 212 per cento della Toscana, la regione meglio servita, si scende al 10,7 per cento della Sicilia e addirittura al 4,8 per cento della Lombardia, regione ricca nella quale, evidentemente, le librerie sono concentrate nei capoluoghi. Sedici milioni di persone non leggono né libri né periodici e solo il 24 per cento delle famiglie italiane compra almeno un libro l'anno. Il fatturato, nel 1980, è stato di 720 miliardi di lire. Gli editori minori sono tanti (forse troppi?) e producono il 48 per cento dei libri che si pubblicano, mentre sette grandi editori si spartiscono l'altro 52 per cento. Una produzione disordinata — sostiene Mondadori — che non tien conto degli interessi reali. Molti titoli rappresentano investimenti morti e fanno la fortuna soltanto di chi trasporta materialmente i volumi dalla tipografia ai depositi, da questi alle librerie e viceversa, fino al triste momento del macero. L'industria dovrebbe quindi agire con maggiore consapevolezza, e produrre il necessario, mentre i librai dovrebbero comprare solo ciò che pensano di poter vendere rifiutando -depositi* ingombranti e inutili. Ma che ruolo ha lo scrittore, l'autore, in questo complicato gioco industriale e commerciale? Paolo Volponi, a titolo personale, ha detto il suo parere: lo scrittore deve restare estraneo al meccanismo, non può né riconoscervisi, né identificarvisi. Non deve farsi strumentalizzare né come figura di romantico isolato né come integrato, ma farsi accettare nella sua posizione indipendente di .portatore di conflitti*. Le|a Gatteschi Illustra/ione di Milton Glaser

Persone citate: Einaudi, Gianni Merlini, Giulio Einaudi, Leonardo Mondadori, Milton Glaser, Paolo Volponi, Sergio Zavoli

Luoghi citati: Italia, Lombardia, Sicilia, Stati Uniti, Toscana