«Si è perso un anno con i terroristi Il partito armato ora serra i ranghi» di Lorenzo Del Boca

«Si è perso un anno con i terroristi Il partito armato ora serra i ranghi» Segnali inquietanti dopo l'assassinio del commissario Vinci «Si è perso un anno con i terroristi Il partito armato ora serra i ranghi» Lo dice il giudice Caselli - «Occorre una risposta adeguata ai pentiti e recuperare chi si allontana dalla lotta armata» - La legge Cossiga applicata con il contagocce? Il terrorismo serra le file della sua organizzazione. Chiama a raccolta i soldati disposti ancora a ferire e a uccidere: cerca di recuperare una compattezza politica che sembrava perduta. Le decine di arresti, i •pentitiche hanno abbandonato la lotta armata e la bancarotta di •Prima Linea* hanno creato difficoltà ai rivoluzionari «rossi», ma non li hanno sconfitti. Sono deboli a giudicare dalle •azioni di guerra* che appaiono organizzate sul filo dell'approssimazione ma, certo, non sono morti. Segnali inquietanti. Quattro ostaggi nelle mani dei brigatisti; il raid di venerdì che è costato la vita al vicequestore Vinci e i ferimenti dell'agente Vuotto e dell'avvocato di Patrizio Peci, De Vita. A Torino la lotta armata si fa viva soltanto con pezzi di carta, ma lancia messaggi un po' dappertutto. La settimana scorsa, alle Vallette, sono stati trovati dei volantini • bierre-, l'altro ieri uno striscione con la stella a cinque punte è stato appeso al Lingotto. Significa che c'è ancora chi crede nella possibilità di insorgere in armi contro lo Stato. Un nuovo terrorismo: gli stessi brigatisti ne avevano annunciato la nascita. Prima che la Corte di assise, presieduta dal giudice Barbaro, si ritirasse per la sentenza contro i 73 imputati delle •Brigate Rosse-, i 19 •duri- (Guagliardo, D'Amore, Nadia Ponti, Angela Vai, l'Innocenzi, la Roppoli) avevano letto un comunicato nel quale, con tortuose elucubrazioni ideologiche, hanno criticato alcuni imputati del «7 aprile-, i dissidenti della colonna milanese « Walter Alasia-, il gruppo di •Prima Linea- definito «la somma degli ultimi rantoli di una teoria soggettivista». Morale? «Occorre — a giudizio dei terroristi — una rifondazione del partito armato. Non più singole esperienze ma un progetto politico globale». Tutti a raccolta attorno alla bandiera. In sintonia, il giorno dopo, in un cestino di rifiuti è stato trovato un volantino di alcuni latitanti di .Prima Li- nea-. Per la prima volta ci sono delle firme: Francesco D'Ursi, Felice Maresca, Daniela Gatto, Silvio Stasiano, Raffaella Esposito, Chiara Vozza «e altri-. Dicono — chiaro e tondo — che «il «movimento rivoluzionario ha trovato nel 1980 un banco di prova»; non ha saputo resistere «all'offensiva controrivoluzionaria» delle forze dell'ordine e ha scoperto al suo interno «l'esplodere e l'acutizzarsi di alcune contraddi- zioni (di cui la delazione rappresenta la degenerazione ultima)». Colpa delle «deviazioni militariste e soggettiviste». Gli autori del volantino aggiungono che hanno deciso di «chiudere definitivamente con "PrimaLinea"». •Per abbandonare le armi? No. «Non rinneghiamo — assicurano — il nostro passato politico e ne usciamo con un dignitoso bagaglio di esperienze. Il nostro operare sarà finalizzato alla costruzione del partito comunista combattente su modello del marxismo-leninismo». Le nuove bande armate. Primo obiettivo è combattere i •pentiti-. Hanno aperto falle gigantesche nella compattezza della lotta armata e gli irriducibili li chiamano •infami-. Li minacciano di morte. Roberto Peci, fratello di Patrizio, ex capocolonna di Torino, è stato rapito a San Benedetto del Tronto. Anche Alfredo Bonavita, brigatista della prima ora, braccio destro di Curdo, in carcere dal 1974 con una montagna di anni da scontare è diventato per i terroristi ortodossi un - traditore- perché ha espresso qualche riserva sull'utilità della lotta armata. I rivoluzionari •rossi- con la minaccia di rappresaglie tentano di chiudere la bocca ai -pentiti- che dal carcere vuotano il sacco. E sperano di dissuadere quelli che in libertà, vogliono prendere le distanze dal terrorismo per dissociarsi dalla sua violenza. «E' la dimostrazione — dice il giudice Giancarlo Caselli — che 11 problema dei "pentiti" è problema fondamentale. E lo Stato deve esaminare al più presto se esiste la possibilità di dare una risposta adeguata ai pentiti e battere l'offensiva terrorista». Come? «Rispettando —èia sua convinzione — tre esigenze fondamentali. Punire chi ha commesso delitti. Recuperare chi si allontana dalla lotta armata. Inserire nel partito armato elementi di crisi politica favorendo le dissociazioni». Afa forse si è perduto del tempo. «Lo Stato non ha saputo sfruttare le enormi potenzialità rappresentate dalle dissociazioni. E questo mentre il tenorismo riorganizzava i suol ranghi». C'è una legge Cossiga a favore dei •pentiti- che però — a guardare la sentenza contro i 73 delle Brigate Rosse — viene applicata con il contagocce. E quelli che hanno collaborato con la magistratura —come Roberto Sandalo — dicono, sema mezze riserve, che «si sentono abbandonati a se stessi». Lorenzo Del Boca Sandalo dice: «Siamo abbandonati a noi stessi»

Luoghi citati: San Benedetto Del Tronto, Torino