Questo adulterio non andrà in passerella di Francesco Rosso

Questo adulterio non andrà in passerella SCRITTORI NELLA TRAPPOLA DORATA DEI PREMI: NUVOLETTI E IL CAMPIELLO Questo adulterio non andrà in passerella .Trappola infame sono i premi letterari. Non ancora esala il profumo di milioni e di provvisoria esposizione nelle vetrine dei librai, e già si scatena la ronda di telefonate, lettere, raccomandazioni, inviti, regali persino, a quei forzati della lettura frettolosa che sono i giurati, però quasi sempre catafratti ad ogni lusinga, inclini a scegliere il meglio da chiudere nel forziere, o gabbia, dell'annuale maratona letteraria. E fra tante di tali trappole, la più feroce ed anomala penso sia il «Premio Campiello», con volontari della gabbia, roccolo, paretaio, pania, a centinaia, una semifinale con ventidue autori dannati a quindici giorni di agonica attesa, ed alla fine i cinque prescelti con diritto ai due milioni immediati ed alla volata finale verso Venezia, Palazzo ducale e le telecamere. Uno solo intascherà sei milioni. Tra i ventidue agonizzanti, poi escluso dai due milioni di premio e dalla passerella veneziana, c'è uno scrittore personaggio che, probabilmente, troverà maggior copia di lettori fuori dalla gabbia, volando con le proprie penne. E' Giovanni Nuvolet¬ ta che conosco bene', non è mio amico, ma che sento vicino perché anch'egli impastato del mio stesso limo di risaia, che «da Vercelli a Marcabò dichina». E' uomo raffinato, dandy, alquanto snob, di salde condizioni finanziarie; non credo che il mancato traguardo dei due milioni della cinquina, e nemmeno gli eventuali sei milioni finali, gli contristi resistenza, ma piuttosto un senso di frustrazione, come se a lui, perché ricco, già bell'uomo, fortunato in molte imprese, non sia consentita la fama che altri ottengono. Andiamo indietro di vent'anni, quando Nuvoletti era il prezzemolo nella high society internazionale. Interpretava film, compariva in tivù, osservava il mondo in cui viveva quasi con distacco. Ne venne l'irridente pamphlet -Gardenie e caviale-, uno sguardo ironico sulla gente di Via Veneto. Broadway, Mayfair, Rue de la Paix, Montecarlo. Ecco, si disse, il limite di questo scrittore improvvisato; descrive riflessa in uno specchio rutilante la gente fatua che frequenta, non la giudica. Per qualche tempo Nuvoletti tacque, stava matu¬ rando in lui la grande svolta. letteraria e sociale, e scrisse « Un matrimonio mantovano-, pubblicato da Neri Pozza. Ricordo, perché c'ero, la presentazione del libro a Gazzuolo Mantovano, suo paese natale; fu una bella festa, fra amici numerosi che affollarono la ristrutturata -Casa dei Nuvoletti» quale compare anche sulla carta da lettera dello scrittore. C'erano pittori, scultori, poeti, critici letterari, storici, romanzieri di tutto il Veneto e della Bassa Lombardia, gente che poteva capire fin nell'intimo il mondo contadino descritto da Nuvoletti, il faticoso avanzare dei braccianti, la loro lenta scalata alle prime seggiole della borghesia terriera. Un solo invitato appariva fuori posto, un giornalista di pochi anni, già di scarsissimi capelli, con la molla dell'arrampicatore sempre tesissima. Nella presentazione disse che ogni mattina, appena sveglio, da Roma telefonava a Nuvoletti a Mestre per farsi consigliare su quanto avrebbe dovuto fare durante il giorno. Nuvoletti. che non è sciocco, lo sogguardava con occhi ironici, pur stando al gioco dell'adulazione del giovanotto, poi finito nelle ragne gelliane della P.2. Da quel giorno sono passati nove anni giusti, e Nuvoletti. più maturo come uomo e come scrittore, ha pubblicato da Mondadori -Un adulterio mantovano-, appunto il libro escluso dalla gabbia d'oro della cinquina del -Campiello». Sul romanzo e sul suo autore sono stale scritte molte recensioni e biografie, quasi tutte lusinghiere, se non agiografiche, dalle quali la giuria non si è lasciata influenzare; -Un adulterio mantovano- è stato escluso. Immagino che Nuvoletti ne sia amareggiato, anciie perché qualcuno è andato a pescare una frase di Antonio Debenedetti, il quale afferma che un gentiluomo non ha diritto di accostarsi all'arte perché non possiede la rabbia necessaria per essere artista. E' un'opinione facile da ribattere. Il conte Vittorio Alfieri, aristocratico e ricco, si fece legare alla sedia, ma scrisse moltissimo. Alessandro Manzoni, ricco ed aristocratico, ci ha lasciato odi. tragedie, studi storici ed un romanzo piuttosto noto che Ennio Flaiano citò per elogiare il primo libro di Nuvoletti. Giacomo Leopardi, povero, ma di famiglia comitale, è stato il più grande poeta italiano dell'Ottocento. Non sono i blasoni, quindi, a vietare l'accesso all'arte e scrivere capolavori. Forse Giovanni Nuvoletti iia creduto di aver prodotto il capolavoro? Quasi certamente no, ma la certezza di aver scritto un buon libro doveva averla se ancora si è lasciato irretire dalla girandola adulatoria nella giornata mantovana di presentazione del suo nuovo romanzo. Ennio Flaiano. per -Un matrimonio mantovanoaveva scritto: -Nuvoletti ha aggiunto le duecento pagine che mancavano ai Promessi Sposi-, un giudizio lusinghiero anche se espresso da uno scrittore dal paradosso fulminante: il giornalista calvo ed altri hanno detto e scritto molto di più. ma con ben maggior grevezza. Non sono critico letterario, però mi sento di affermare, come lettore, che « Un adulterio mantovano- è di lettura più avvincente del -Matrimonio mantovano-: ma è stato escluso dalla etnquinci del «Campiello» e per Nuvoletti, quindi, niente Venezia, né Palazzo ducale, né passerella dinanzi alle telecamere. Una grossa delusione. Però immagino Nuvoletti nella sua villa di Marocco, amareggiato più che affranto, certo che le polemiche postume gli gioveranno. Si parla e si scrive molto di lui. i suoi aforismi antifemministi sono celebri. «// silenzio, l'abito che meglio conviene alla donna, è suo manto regale ed arma segreta». La Alliata di «Harem» non avrebbe potuto dire meglio. Le belle frasi, gli atteggiamenti, l'eleganza estrosa dell'abbigliamento ne fanno personaggio a tutto rilievo in una società opulenta. Ricercando il personaggio, i lettori troveranno anche il narratore acuto, l'osservatore disincantato delle infedeltà coniugal-borghesi di Francesca, in una Mantova terragna e pettegola, specchio ridotto, ma fedele, di una Italie uà decadente, dannunziana, più vicina alle -Cronache bizantine- che alle vocazioni imperiali preannunciate dai personaggi protofascisti, fatui e stolti, che animano il mondo di -Un adulterio mantovano-. Francesco Rosso

Luoghi citati: Bassa Lombardia, Gazzuolo, Marocco, Montecarlo, Roma, Veneto, Venezia, Vercelli