Per la Stratorino 50 mila di corsa

Per la Stratorino 50 mila di corsa Successo della quinta edizione su un percorso in città di 22 chilometri Per la Stratorino 50 mila di corsa il vincitore ha impiegato un'ora 12'18" a raggiungere il traguardo di piazza San Carlo -1 proventi della manifestazione andranno a beneficio di iniziative nell'ambito dell'anno dell'handicappato - Un'allegra marea di folla che ha accomunato sportivi e dilettanti, corridori e camminatori, giovani e anziani, gente allenata e con il fiato lungo Oltre 50 mila persone hanno partecipato Ieri mattina alla quinta edizione della «Stratorino», organizzata da «La Stampa» e svol tasi su un percorso di 22 chilometri attraverso I principali corsi, viali e vie della città. La gara — I cui proventi andranno a beneficio di iniziative nell'ambito dell'anno dell'handicappato — è stata vinta da Renato De Palmas, che ha impiegato un'ora 12*18" a raggiungere il traguardo di piazza San Carlo, seguito da Alessandro Restello in un'ora 12'50" e da Antonino La Malfa, in un'ora 15*. La prima delle donne classificate è stata Maria Pia D'Orlando in un'ora e 28'. L'ultimo arrivato ha percorso I 22 chilometri in sei ore e mezzo. All'inizio tutto è bello, gradevole, quasi idilliaco, non importa se colui che ci sta a contatto di gomito è uno sconosciuto, la conversazione è subito spontanea. L'affollarsi continuo di piazza San Carlo assume presto un ritmo singolarmente musicale, come se i concorrenti fossero coristi che formano massa in attesa che il mossiere Mennea davvero d'eccezione, si trasformi in direttore d'orchestra, alzi la bacchetta, cioè abbassi la bandierina, o esploda il colpo a salve, e dia inizio alla grandiosa sinfonia di centomila gambe lanciate sugli asfalti in una gara podistica senza eguali, una gara che coinvolge tutta la città, quelli che arrancano lungo le strade e Torino intera, che si assiepa sotto i viali percorsi dai podisti, o scaglia improperi per gli ingorghi di automobili che si formano sugli itinerari limitati imposti dai vigili urbani. Non bisogna intralciare i corridori, non importa il prezzo di pazienza che bisogna pagare. Non è soltanto un gioco questa Stratorino, è beneficenza, ma anche un gesto di solidarietà verso chi le gambe non le ha mai potute usare per cimentarsi in una corsa, o in una passeggiata, una manifestazione tutta per gli handicappati, e se molti automobilisti hanno dovuto rallentare la corsa verso la scampagnata, pensino che, anch 'essi, hanno dato un contributo allo slancio di affetto con cui, a decine di migliaia, bambine, giovani, uomini maturi, anziani di pelo bianco, si sono stretti attorno agli immobilizzati su lettini e carrozzelle, o chiusi nella loro quieta abulia. Impressionante la folla che premeva dietro le transenne di piazza San Carlo; il vocìo saliva come un tuono rimbalzante contro le facciate dei palazzi, e delle due chiese; Emanuele Filiberto, plasmato in plastica dal restauro, faticava ad emergere dai marosi di gioventù che lo aggredivano fin sulle zampe del cavallo. Stavano come in barile, stretti gli uni agli altri fino a formare un magma dal quale pareva che nessuno sarebbe riuscito a ritrovare le proprie gambe per correre. Incollati alle colonne della piazza e di via Roma, alcuni cartelli propagandavano un deodorante. Ce ne sarebbe stato bisogno ancor prima che la corsa incominciasse; immaginarsi duran- te, e dopo. Come sempre in manifestazioni del genere, l'agonismo lascia spazio ad un po' di esibizionismo, la carnevalata ha diritto al concorso senza pagare pedaggio. Cani di razza e bastardotti, cagnette con tanto di targa legata sulla schiena, non avendo fatto uso di deodorante attiravano schiere di cagnetti portoghesi decisi a una corte ad oltranza. Alcuni concorrenti si erano fatta barba e baffi con turaccioli bruciati, altri indossavano uniformi fantasiose, alla David Crockett, alla messicana, all'andina coi brevi pondios, alla sceriffo. Giusto, benvenuti anche voi, spiriti allegri; l'adunata per la corsa dei cinquantamila avrebbe consentito follie anche più audaci, ma non ce ne sono state. Al centro dell'interesse e dell'affetto, gli handicappati che correvano manovrando carrozzelle a mano; alcuni accettavano la spinta affettuosa degli antagonisti validi, altri la rifiutavano; desideravano farcela da soli, e molti sono riusciti a completare il maxipercorso a forza di braccia. Correvano sciolti ed agili nel passo, i bersaglieri con le piume al vento; non stupiva la loro scattante energia, corrono da secoli, da quando Alfonso Lamarmora istituì il corpo. Alla partenza l'atmosfera era ancora fresca, il cielo terso, il verde smagliante, e tutto quel colore di magliette, calzoncini tute, aveva brillìo di smalti sullo sfondo dei viali e delle aiuole dei giardini. Poi il sole cominciò la sua inesorabile scalata, una dorata caligine passò sulle fronde Il caldo saliva, il respiro diveniva quasi rantolo, le gambe perdevano il ritmo di ben calibrati pistoni. La Stratorino si rivelava più impegnativa e pesante del quotidiano jogging serale, quella mezza maratona era impresa disperante. Già dopo i primi chilometri, al fondo di piazza Vittorio, dove gli itinerari si biforcavano (i giovanissimi piegavano a destra, verso corso Vittorio, per il mini-percorso; da quattordici anni in su, andavano verso via Napìone, per il maxipercorso), si notavano i primi rallentamenti. Dietro ai giovanissimi, o al loro fianco, deviavano anche austeri signori, forse genitori dei piccolissimi maratoneti; col pretesto di tenere d'occhio i piccolinì, facevano una breve sgambata lungo il Po e sotto i platani di corso Vittorio. Alcuni bambini in¬ cominciavano a rallentare, perdevano il passo, camminavano comprimendosi la milza dolente. Niente da vergognarsi, non tutti nascono ercoli che strozzano i serpenti in culla. L'interesse maggiore consisteva nel guardare, anche ammirare, gli adulti. Confesso che è stato un bagno di giovinezza emozionante, perché in stragrande maggioranza i concorrenti erano giovani; le donne, gli uomini maturi e anziani, erano l'eccezione. Coppie di fidanzatini, o solo innamorati, correvano'tenendosi per mano, o allacciandosi alla vita quando distendevano il ritmo nella marcia; padri e figli trottavano fianco a fianco senza gareggiare in bravura, desiderosi solo di stare vicini, in una prova che non voleva essere soltanto agonistica. La gente che faceva ala applaudendo, incitando, talvolta ridendo per le mattane di qualche concorrente, esplodeva in ovazioni quando passavano le carrozzelle degli handicappati, ed erano battimani, grida, che andavano oltre il patetico, erano commozione autentica. Andando un po' qua, un po' là, guardavo l'iridato serpente di atleti d'ogni età che si allungava sempre più; la stanchezza apriva varchi immensi. Ho veduto un uomo non. più giovanissimo correre accanto al figliolo con le gambe già impiombate, il respiro affannoso. Ed ho vtsto il figlio prendere la mano del padre, alzare su di lui gli occhi ridenti come a dire: «Forza, vedrai che ce la facciamo». Francesco Rosso Sono le 835, il via è appena stato dato: una marea di genie invade via Roma e il centro delia città

Persone citate: Alessandro Restello, Alfonso Lamarmora, Antonino La Malfa, David Crockett, Emanuele Filiberto, Francesco Rosso, Maria Pia D'orlando, Mennea, Renato De Palmas

Luoghi citati: Torino