Ormea: tre speleologi prigionieri in uno taverna invasa émll'mqua di Remo Lugli

Ormea: tre speleologi prigionieri in uno taverna invasa émll'mqua Da domenica un altro dramma si sta svolgendo nelle viscere della terra Ormea: tre speleologi prigionieri in uno taverna invasa émll'mqua Nella gTotta «Arma Taramburla», in valle Pennavaire - Si sono addentrati nell'antro nonostante stesse cadendo una violenta pioggia - Sorpresi dall'ingrossamento di un torrente sotterraneo non sono più in grado di uscire - Arrivati da Milano e da Trieste, in elicottero, specialisti subacquei esperti in simili salvataggi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ORMEA — Un altro dramma nelle viscere della terra: tre speleologi sono bloccati in una grotta invasa dall'acqua. Sono entrati domenica mattina alle 10 e presumibilmente quasi subito sono stati sorpresi dall'onda di piena del torrente sotterraneo che ha riempito alcuni sifoni impedendo loro di riguadagnare la via d'uscita. C'è la speranza che abbiano fatto in tempo a raggiungere quote alte della grotta, ma ci sono anche molti timori. Un dramma che poteva essere evitato usando prudenza. I tre giovani, Dino Pelazza. 24 anni. Massimo De Paoli, 20 anni, Gianfranco Sappa, 29 anni, tutti operai, e tutti abitanti ad Ormea, si sono addentrati nell'antro mentre già da alcune ore stava piovendo. E poi, per tutto il pomeriggio, la pioggia ha continuato a cadere a scrosci violenti, dall'apertura della montagna ha cominciato a uscire un grosso getto d'acqua. La grotta è la «Arma Taramburla», indicata e descritta nel volume «Rassegna speleologica italiana» con il numero 204 P. Per raggiungerla si sale da Ormea fino al Passo Prale, 1270 metri, quindi si scende nella Valle Pennavaire, che porta alle spalle di Albenga. Una montagna aspra, una valle tortuosa, verde di faggi e querce, qua e là macchiata dalle chiazze di roccia. Per pochi chilometri oltre il Passo, la strada corre in territorio piemontese (Cuneo), poi passa su quello ligure: il versante di sinistra della valle è in provincia di Savona, quello di destra in provincia di Imperia. Due chilometri oltre Caprauna (950 metri di quota), si stacca dalla provinciale la vecchia strada in terra battuta che un tempo raggiungeva Alto, l'ultimo Comune della provincia di Cuneo; un tracciato che scende verso la sezione stretta della valle. Qui, a circa quota 850 metri, si apre l'imbocco della grotta. Il percorso sotterraneo ha una lunghezza di circa 450 metri, dapprima orizzontale, poi in salita. Anni fa c'era un secondo sbocco nella parte alta, ma è stato chiuso quando si è costruita la nuova strada provinciale. La grotta ha dei bacini sotterranei e un torrente che sfocia all'esterno più a valle. In uno di questi sifoni naturali, sono state inserite le prese dell'acqua per l'acquedotto di Alassio. Ci sono, come sempre si registra in speleologia, dei passaggi angusti, difficili, che richiedono abilità anche in situazioni non di emergenza. Dei tre giovani appassionati speleologi (a Ormea, zona ricca di grotte, ce n'è un folto gruppo) forse solo il Sappa si era già addentrato altre volte nell'Arma Taramburla. L'ispezione nuova, comunque, non era assolutamente da fare in una giornata cosi piovosa con l'insidia delle acque sotterranee. L'allarme viene dato verso sera dai familiari che avvertono gli altri speleologi del paese. La notizia al maresciallo dei carabinieri Galante arriva alle 22. Sì radunano i vigili del fuoco di Ormea, «discontinui», cioè volontari, i quali poi chiedono rinforzi a quelli di Cuneo. A mezzanotte sono già in molti davanti all'imbocco, ma non si può far nulla, perché esce un get¬ to d'acqua continuo. Bisognerà attendere che questa emissione cessi e poi con le pompe tirar fuori l'acqua che riempie i sifoni. Un'operazione che sì inizia ieri mattina, verso mezzogiorno, con tre grosse pompe, capaci di 3000 litri al minuto. Sul posto sono accorsi da Torino e da Genova gli uomini del primo gruppo della sezione speleologica" del Corpo nazionale di soccorso alpino, in 25, guidati dal torinese Piergiorgio Baldracco, e dal genovese Aldo Avanzini. Ci sono ovviamente anche i carabinieri, al comando del capitano Laghezza, comandante della compagnia di Mondo vi. Nel primo pomeriggio arriva il prefetto di Cuneo, dottor Giovanni Maldara. che tiene i contatti con il ministero dell'Interno attraverso il radiotelefono portato dagli speleologi. Baldracco prende il comando delle operazioni: manda due suoi uomini subacquei in perlustrazione. Superano il primo sifone, ispezionano un tronco laterale di galleria asciutta, senza esito. Per andare avanti si deve affrontare un secondo sifone, profondo e stretto, con imboccatura che non consente di portare bombole sulle spalle. Ci si rende conto della gravità della situazione, e Baldracco chiede rinforzi perché solo con una nutrita squadra di sommozzatori, abituati a lavorare nelle viscere della terra, si potrà tentare di superare lo sbarramento. Da Milano arrivano con un elicottero due speleologi subacquei, altri sei si fanno partire da Trieste con un DC-9 che atterra su un campo ligure: da Marsiglia partono due amici di Baldracco. in auto. Remo Lugli Caprauna. Si pompa l'acqua dalla grotta dove sono rimasti intrappolati i tre speleologi (Tel.)