Torna il dialogo tra Cina e India di Ferdinando Vegas
Torna il dialogo tra Cina e India OSSERVATORIO Torna il dialogo tra Cina e India La visita a Nuova Delhi di Huang Hua, vice primo ministro e ministro degli Esteri cinese, progettata da oltre un anno e più volte rinviata, si è finalmente compiuta. Per coglierne tutta l'importanza occorre ricordare che la precedente visita di un personaggio di pari livello, Ciu Enlai, risale al 1961, ben vent'anni fa; poi, nell'ottobre 1962, vi era stata la guerra tra Cina e India, seguita da un lungo periodo di estrema freddezza, a dire il meno, nei rapporti tra i due giganti dell'Asia. Intanto le rispettive situazioni interne e la scena internazionale subivano mutamenti cosi profondi da rendere opportuna la ripresa del discorso tra i massimi responsabili indiani e cinesi, se non altro a titolo esplorativo. Si fece dapprima avanti l'India, inviando a Pechino il suo ministro degli Esteri, nel febbraio 1979; ma proprio in quei giorni la Cina invase il Vietnam e cosi il ministro indiano troncò bruscamente la visita. Adesso è stata la Cina a prendere l'iniziativa, giocando anche la carta indiana nel quadro complessivo di una fitta attività diplomatica. Due settimane fa il segretario di Stato americano Haig si era recato a Pechino, portandovi l'annuncio che gli Stati Uniti avrebbero venduto armi alla Cina; contemporaneamente veniva rivelata l'esistenza di una stazione elettronica di ascolto, in Cina, fornita dagli americani e operata dai cinesi, per sorvegliare basi missilistiche sovietiche. Haig era ancora in volo verso Manila, il 17, quando il Quotidiano del Popolo pubblicava un lunga articolo con la proposta della ripresa dei negoziati cinosovietici per avviare a composizione l'annosa disputa confinaria. Secondo le migliori rego¬ le della diplomazia atlantica, dunque, Pechino, mentre si accostava sempre più a Washington, faceva un'avance a Mosca (che poi ha mostrato interesse positivo), si da non squilibrarsi del tutto, acquistare anzi maggior peso nei rapporti con Washington facendo leva su Mosca e viceversa. Un discorso analogo si può fare anche per il riavvicinamento adesso tentato con l'India: sia in generale, perché cosi Pechino dimostra di avere diverse frecce al proprio arco e di volerle tutte adoperare, sia, in particolare, riguardo alla situazione nell'Asia Meridionale e SudOrientale. Da una parte vi è la crisi dell'Afghanistan, invaso dalle truppe di quell'Unione Sovietica che è formalmente alleata dell'India; con la conseguenza che gli Stati Uniti, appunto come risposta alla mossa sovietica, hanno deciso di riarmare il Pakistan, tradizionale nemico dell'India e amico invece della Cina. Dall'altra parte continua la crisi dell'Indocina, con l'Unione Sovietica che appoggia il Vietnam e il governo da esso installato in Cambogia, mentre la Cina sostiene sempre i Khmer rossi. Le «aperture» ài Pechino verso Mosca e verso Nuova Delhi vogliono quindi procurare alla Cina un più ampio spazio di manovra, perché possa meglio tutelare i propri interessi senza restringersi in un solo campo. E una maggiore libertà di movimehto sul piano internazionale conviene evidentemente anche all'India, sicché i due Paesi hanno un fondamentale interesse comune, che dovrebbe portarli a superare l'antico, grave motivo di divergenza sulle questioni di frontiera. Dall'incontro di Nuova Delhi è uscita appunto una prima intesa di avviare conversazioni per giungere alla normalizzazione. Ferdinando Vegas
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