Arriva San Mao, sciuscià di Shanghai di Renata Pisu

Arriva San Mao, sciuscià di Shanghai DOPO CANNES CONQUISTA PARIGI UN FILM CINESE DI TRENTADUE ANNI FA Arriva San Mao, sciuscià di Shanghai Sullo schermo è uno dei tanti bambini poveri, senza famiglia, dopo la guerra e l'invasione giapponese - Ma era nato nei '37 come protagonista dei fumetti di maggior successo - Come si aggiornano le sue avventure A Parigi fanno la coda davanti a cinque cinema di prima visione per vedere il film cinese San Mao, il piccolo vagabondo già presentato all'ultimo Festival di Cannes durante le due giornate dedicate alla cinematografia cinese. Il film piace molto, la critica francese parla di una «scuola neo-realista» estremo-orientale. San Mao è fratello degli sciuscià di De Sica, cugino del Monello di Chaplin, elogi e consensi premiano la fatica del regista Zhao Ming che non è un giovane regista, come il film non è una «novità» essendo vecchio di ormai trentadue anni. Zhao Ming cominciò a girarlo nel 1948 a Shanghai, sotto il regime del Kuomintang di Chiang Kai-shek. La censura pretese modifiche della sceneggiatura perché nessun regime, quando è regime e specie quando è minacciato cosi dappresso come lo era quello nazionalista dall'avanzata dei comunisti, gradisce che si racconti la miseria, la solita storia dei panni sporchi dì lavare in famiglia: e Shanghai, dopo la guerra e l'invasione giapponese, e/a un luogo dove la miseria regnava, dove migliaia e migliaia di bambini abbandonati, piccoli «senza famiglia» dediti all'arte di arrangiarsi cercavano a stento di sopravvi- vere, come fa questo San Mao che quando decide di vendersi si appunta un cartello sul petto con su scritto «meno caro di una bambola». Le riprese furono interrotte con l'entrata dei comunisti a Shanghai e il film fu ultimato nell'estate del 1949 con l'aggiunta di un finale speranzoso. San Mao si unisce a un corteo che inneggia al presidente Mao, liberatore della Cina. Ma il personaggio di questo oppresso non umiliato, sempre pronto al sorriso e all'invenzione, cui tutto va storto ma riesce sempre a cavarsela, non nasce con il film e la sua storia non finisce con quel corteo per festeggiare la liberazione. Maltrattato San Mao nasce nel 1937 come protagonista della strip di maggior successo pubblicata da un grande quotidiano di Shanghai e disegnata da Chan Luo-ping e si conquista subito enorme popolarità. Gli scrivevano lettere da tutto il Paese: bambini e adulti volevano sapere se quel giorno in cui, stando alla strip, gli era capitato questo e quest'altro, era riuscito a mangiare e cosa, gli mandavano soldi per comprarsi riso, gli spedivano calze, scarpe e vestiti. Quando Chang"Luoping disegnò la strip in cui San Mao veniva picchiato dal pa¬ jdrone perché aveva rotto una bottiglia, a casa gli arrivarono decine di bottiglie da parte di bravi bambini abbienti «in sostituzione di quella che San Mao ha rotto». Nel 1947 fu allestita una mostra dedicata a questo personaggio di fumetto in cui i cinesi si riconoscevano, che permetteva alla gente di sorridere senza dimenticare o, come si dice in Cina, «di sputarla fuori ridendo finché non si è morti e si ha ancora un po' di fiato in corpo». Sul libro delle impressioni e commenti un visitatore scrisse: «Occupatevi anche dei San Mao delle campagne» e un altro, forse una visitatrice: « Vogliamo anche delle bambine San Mao». Un altro ancora: «Basta con tutte queste sventure. Non maltrattate più San Mao!». «Il fatto è, ha scritto Chang Luo-ping, che non ero io a maltrattare San Mao, era la società». Come la società maltrattasse i piccoli San Mao ce lo racconta lo stesso Chang Luoping. Una sera di gelido inverno, mentre passava per un vicolo, vide tre bambini vestiti di pochi stracci che si tenevano vicini vicini e tentavano di riscaldarsi con due tizzoni di carbone che ardevano in una scatola da conserva. Avranno avuto dai cinque agli otto anni. Chang non poteva fare niente per quei bambini. Tornò a casa e non riusci a dormire per tutta la notte. La mattina, appena si fece luce, andò nel vicolo e vide soltanto tre strisce fresche sulla neve, segni di piccoli corpi trascinati per le gambe. All'angolo era ancora ferma la carretta funebre, una delle tante carrette tipo quelle della spazzatura che ogni mattina passavano per le vie della città a raccogliere i corpi di coloro che durante la notte erano morti in strada. Era diffìcile che San Mao non venisse più maltrattato in una società del genere. Ma poi la società cinese é cambiata, la strip di San Mao ha assunto un altro tono, il bambino si è messo il fazzoletto rosso dei pionieri, è andato a scuola, ha collaborato alla «costruzione del socialismo». Un emblema Tutto a posto? No. La società è cambiata di nuovo, vi è stata la «rivoluzione culturale», quella che ora i cinesi definiscono «catastrofe nazionale» e cosi, nel 1966, autore e personaggio, cioè il disegnatore Chang Luo-ping e San Mao, sono stati messi al bando dalla «banda dei quattro» e soltanto nel 1978 San Mao è stato «liberato» come dicono i cinesi, cioè sono tornate a circolare le sue vecchie strip. Chang Luo-ping, ormai ul¬ trasettantenne, si è messo a crearne di nuove, nelle quali si vede un San Mao, meno macilento di quello di un tempo, che se la prende con i «quattro* e diligentissimo studia scienze e matematica per realizzare le «quattro modernizzazioni». Intanto il vecchio film a lui ispirato rivela all'estero l'esistenza di una cinematografia cinese che, chissà, avrebbe anche potuto diventare grande e imporsi se... 1 «se» sono troppi e i dubbi anche. Un dubbio che sorge tra i tanti è questo: San Mao vuol dire Tre Capelli, il carattere che sta a significare capello si pronuncia «mao» ed è lo stesso di Mao, cognome di Tse-tung. La stampa cinese sostiene che i «quattro» e i loro seguaci avrebbero detto: «Come mai questo bambino ha soltanto tre capelli? Quando mai si è visto un bambino cosi? Eliminatelo.'». In realtà forse volevano che di Mao ce ne fosse uno e uno solo, non tre, e continuare a vedersi sotto gli occhi la scritta «San Mao», tre Mao, poteva dargli fastidio. Oggi abbiamo il pluralmaoismo, quindi San Mao va benissimo, e in linea, perché di Mao si può dire, anzi si dice, che ce ne sono tre: quello buono, quello cattivo, quello cosi cosi. Il bambino con i tre capelli è un emblema. Renata Pisu Una «strip» di San Mao (Tre Capelli) disegnata da Chang Luo-ping. Messi al bando dalla rivoluzione culturale, i fumetti sono stati riabilitati nel 1978

Luoghi citati: Cannes, Cina, Parigi, Shanghai