Le Br: «Il processo è terminato Taliercio è condannato a morte» di Giuliano Marchesini

Le Br: «Il processo è terminato Taliercio è condannato a morte» Un quinto volantino sul rapimento del dirigente Montedison di Mestre Le Br: «Il processo è terminato Taliercio è condannato a morte» Perché «è stato uno dei protagonisti principali della politica Montedison» - Dal 20 maggio è prigioniero dei terroristi - Un riferimento all'attentato all'Oto Melara DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VENEZIA — Le Brigate rosse hanno emesso un'agghiacciante «sentenza»: il direttore del Petrolchimico di Porto Marghera, ing. Giuseppe Tallercio, rinchiuso dal 20 maggio scorso in una «prigione del popolo», è stato «condannato» a morte a conclusione di quello che 1 terroristi chiamano processo. L'ultimo messaggio delle Br sul caso Taliercio è stato fatto trovare ieri pomeriggio ad un redattore del Mattino di Padova con una telefonata. Il comunicato, firmato «Per il comunismo, Br» e composto di cinque pagine, è stato recuperato nei pressi di Porta Portello. In uno di questi fogli, l'atroce verdetto pronunciato dai terroristi dopo giornate di estenuenti «interrogatori». Le prime due cartelle del messaggio sono dedicate al recente attentato alla Oto Melara di La Spezia dove è stato fatto saltare un carro cingolato: contengono, tra l'altro, una meticolosa analisi della fabbrica spezzina «come strumento di produzione di armU. Quindi i brigatisti annunciano che il «processo» a carico del direttore del Petrolchimico della Montedison è finito. Di Giuseppe Taliercio, 1 rapitori dicono: «Come responsabile degli impianti, vicedirettore e poi direttore, è stato uno dei principali protagonisti della politica Montedison". Quindi: «Per questi motivi lo condanniamo a morte». Giuseppe Taliercio è nato a Carrara nel 1927, ha cinque figli. Laureatosi in ingegneria elettronica nel '52 all'Università di Pisa, entrò nel gruppo e frequentò un corso presso la Edison a Milano. Poco dopo venne assunto a Marghera, dove rimase fino al '64. Trascorse quindi un periodo a Roma, in un settore di macchine contabili, e nel '68 di¬ venne vicedirettore commerciale. Ebbe in seguito un incarico a Mantova, infine gli venne assegnato LI compito di dirigere il Petrolchimico di Porto Marghera. Quando fu rapito, aveva quasi concluso la sua attività nel polo industriale veneziano: dal primo giugno avrebbe dovuto essere trasferito. Nel primo pomeriggio del 20 maggio, poco dopo le 13, un gruppo composto da quattro brigatisti, uno dei quali indossava un soprabito della Guardia di Finanza, suonò il campanello dell'abitazione di Giuseppe Taliercio, nel centro di Mestre. Andò ad aprire la moglie dell'ingegnere, Gabriella. I terroristi si spacciarono per finanzieri. «C'è suo marito?», disse uno di loro; «Ci scusi, ma avremmo urgenza di parlargli». mUn momento», rispose la signora Gabriella, e fece entrare i quattro uomini. Poi andò a chiamare il marito, che stava pranzando insieme con i figli. ' Nemmeno Giuseppe Taliercio ebbe sospetti. L'ingegnere si alzò e andò incontro a quei frettolosi visitatori. Qualche istante dopo, il direttore del Petrolchimico era nelle mani dei terroristi, senza alcuna possibilità di scampo. 'Siamo delle Brigate rosse», dichiarò uno dei rapitori, il più anziano, un uomo sulla quarantina: 'State calmi se volete evitare guai». I brigatisti immobilizzarono i famigliari dell'ingegnere, li legarono con delle catene, tapparono loro la bocca con bavagli e nastro adesivo. Poi si trattennero nell'appartamento per circa tre quarti d'ora, rovistando dovunque. Infine fuggirono senza difficoltà con l'ostaggio, passando per una porta posteriore del condominio. Trascorse altro tempo prezioso. Infine una vicina di casa scorse la figlia dell'ingegnere che faceva gesti disperati alla finestra, e si precipitò a telefonare al «113». Cominciò l'angosciosa attesa dei comunicati, dei volantini, mentre le forze dell'ordine setacciavano una vasta zona. Per la famiglia Taliercio, è stato un lungo susseguirsi di giornate massacranti. I brigatisti andavano seminando qui e là messaggi su quel «processo» nei confronti del direttore del Petrolchimico, la cui sorte rimaneva appesa ad un filo. Uno di questi comunicati fu addirittura diffuso da un registratore fissato ad un albero, e fu ascoltato da centinaia di lavoratori pendolari alla stazione di Mestre. Ieri, il quinto terribile messaggio. Nonostante la «condanna», c'è ancora qualche speranza. Giuliano Marchesini

Persone citate: Di Giuseppe Taliercio, Giuseppe Taliercio, Giuseppe Tallercio

Luoghi citati: Carrara, La Spezia, Mantova, Milano, Padova, Roma, Venezia