I due fronti di re Hassan di Alfredo Venturi

I due fronti di re Hassan OSSERVATORIO I due fronti di re Hassan Questa volta la tradizionale baraka, caratteristico miscuglio arabo di fortuna, carisma e abilità, sembra avere abbandonato Hassan II. Proprio nel momento in cui una serie di fattori internazionali, ma soprattutto il crescente isolamento del regime libico, apriva uno spiragalio nella lunga ersi del Sahara Occidentale, i sanguinosi avvenimenti di Casablanca hanno costretto il re del Marocco a ripiegarsi sui problemi della politica interna. Che siano problemi gravi è dimostrato dall'impressionante bilancio degli scontri di sabato e domenica nella città atlantica. Dallo stesso bilancio ufficiale, che pure le opposizioni giudicano fortemente riduttivo. Il primo ministro Bouabid parla di sessantasei morti, centodieci feriti, ventitré banche distrutte, i mercati generali dati alle Fiamme, cosi come decine di autobus, farmacie, stazioni di servizio. Testimonianze imparziali offrono l'immagine intrecciata di una città in rivolta e di una repressione durissima. Ma quale sia il punto d'inizio, la repressione contro la rivolta o la rivolta contro la repressione, è materia di aperta polemica fra governo e opposizione. E intante decine di dirigenti politici e sindacali sono finiti in carcere. Qualcuno ricorda un precedente ormai lontano: 1965. Anche allora le difficoltà economiche portarono allo sciopero generale, e lo sciopero alla spirale repressione-sommossa, a un primo massacro di Casablanca. Sedici anni fa c'era il generale Mohamed Oufkir, eminenza grigia di Hassan e protagonista del dramma Ben Barka, che si divertiva a mitragliare i dimostranti dall'elicottero. Oggi Oufkir non c'è più, ucciso nel '72 dopo aver tentato di rovesciare il suo re bene assistito, allora, dalla leggendaria baraka. E il governo di Rabat ammette che la polizia ha sparato, sì, nelle vie di Casablanca, ma soltanto per difendersi. Un'autodifesa, come si vede, dagli esiti piuttosto cruenti. Qualcuno arriva a parlare di duecento morti. Tutto questo discende dalla situazione interna, ma non soltanto da quella. Lo sciopero di Casablanca era stato indetto per protesta contro la liberalizzazione di alcuni prezzi controllati, che riguardano beni di prima necessità. Liberalizzare i prezzi significa, com'è ovvio, lasciarli in balia dell'inflazione. Questo le masse marocchine, operai malpagati e disoccupati sull'orlo della fame e anche oltre, non se lo potevano permettere. Di qui lo sciopero, e il resto. Ma la situazione interna è strettamente correlata con la politica estera. E non certo perché nei fatti di Casablanca vi sia, come dice Rabat, «la mano dello straniero»: questo non è che il tradizionale alibi dei regimi contestati. Il collegamento reale sta altrove: sta nel fatto che proprio le spese per la spedizione militare nel Sahara, avendo dissanguato le casse marocchine, hanno costretto il governo a distrarre fondi dall'intervento sui prezzi. Cosi il cerchio si chiude: e una conseguenza imprevista dell'avventura sahariana rischia di compromettere le emergenti possibilità di risolverla finalmente, sei anni dopo quella marcia verde che pure aveva visto, caso unico dopo il tripudio dell'indipendenza, i marocchini stringersi attorno al loro re. Alfredo Venturi Hassan II: contestazione all'interno, lampi di guerra ai confini

Persone citate: Ben Barka, Mohamed Oufkir, Rabat

Luoghi citati: Marocco, Sahara Occidentale