Polonia: la «voglia matta» di diventare ingegnere

Polonia: la «voglia matta» di diventare ingegnere Polonia: la «voglia matta» di diventare ingegnere 27cis mmm. (VARSAVIA) Si chiama Krzysztof (lager. E' magro, sulla trentina, ha i capelli a spazzola, un abito di grisaglia, fuma una sigaretta dopo l'altra. E' timido, parla a frasi brevi. «La mia storia può minimamente interessare a qualcuno?* chiede. «Negli Anni Cinquanta mia madre era un'attivista del partito. Non aveva molto tempo per occuparsi della casa. Cosi mio padre ha dovuto lasciare l'università. Ero figlio unico. Finito il liceo, volevo studiare fisica. Ma non ho superato l'esame di ammissione. Ricordo ancora quella terribile delusione, la sensazione di essere abbandonato a me stesso. E a casa erano delusi di me. E' buffo, vede. Però i miei avevano questo tipo di aspirazioni... Mia madre ha sempre sostenuto che dovevo studiare e prendere un qualsiasi diploma. Un diploma è una specie di garanzia, diceva. Lo si può chiudere a chiave in un cassetto e lasciarlo lì per sempre. Ma fa dormire sonni tranquilli.. • Ora mia madre lavora nel settore artigianale. Fa tendine. Ai tempi di Stalin era vice presidente del consiglio comunale del distretto centrale di Varsavia. Accoglieva delegasioni straniere e faceva discorsi. Per quanto ricordo, non era mai a casa. Mi ha allevato mio padre. Mi diceva sempre di aver fiducia nell'onestà. Era di Poznan. Ripeteva: "Nella vita, il vero valore è non prendere la roba d'altri". Non capivo bene. E non sopportavo quel letto sui mattoni. Qualche volta ho visto mia madre portare a casa dei tagli di stoffa, regalo delle delegazioni iugoslave, solo per tagliarli in pezze uguali e regalarli a donne delle pulizie*. .Mi chiede perché ho studiato. Perché sentivo che venivo dall'intellighenzia. E perché mio padre non aveva potuto finire gli studi. E perché mia madre era abituata ad essere qualcuno, anche se fa quelle tendine*. La figlia maggiore di Krzysztof Mager, otto anni, Joanna Agnieska, ha già scritto sui quaderni di scuola: •Famiglia: intellighenzia». Ne ha una prova concreta. Nel 1976 Krzysztof Mager, metalmeccanico delle acciaierie «Warszawa., è diventato ingegnere all'accademia metallurgica di Cracovia. Si è specializzato nel trattamento termico dei metalli. Doppio turno di lavoro attaccato al forno; viaggi regolari a Cracovia per frequentare le lezioni, i corsi pratici, e poi i seminari. Poteva seguire alcune lezioni a Varsavia: incominciavano alle tre del pomeriggio e finivano alle otto di sera. Quando gli studenti andavano a Cracovia, dormivano nelle baracche degli operai che costruivano le officine «Nowa Huta». Umidi capannoni di legno, molto lontani dalla città. C'era chi li chiamava alberghi. I taxisti non riuscivano a trovarli. Una Cracovia molto diversa da quella che pensavano. Una città estranea e ostile, con suburbi tristi e sporchi. Poi, gli esami in aule con i soffitti alti, e la paura. Oltre la metà dei candidati rinunciano dopo il primo semestre. Ora che abbiamo raccontato la storia, sembra finto eroismo. Krzysztof è sopravvissuto, non si è dato per vinto. Ha resistito per cinque anni senza dormire abbastanza, ha resistito ai viaggi su treni gelidi 0 surriscaldati o in ritardo. Ha imparato a memoria tutti 1 possibili collegamenti tra Varsavia e Cracovia. Tutto questo per che cosa? Per guadagnare meno. Adesso che gli operai hanno ottenuto aumenti superiori ai colletti bianchi, la differenza di stipendio è ancora più grande. Un metalmeccanico può guadagnare 12 mila zloty, un ingegnere non vedrà mai tutti quei soldi. Eppure tutti vogliono diventare ingegneri. E' difficile spiegare perché. .Quando sono arrivato alla fonderia — continua Mager — lavoravo come tecnico. All'inizio facevo il doppio turno. Ricordo che mi sedavo vicino al forno per fare una pausa. Una siesta di tre minuti, era tutto il riposo che ci era consentito. Non si può lasciare il forno senza controllo, potrebbe esplodere. Poi facevo soltanto il turno di giorno, e infine sono diventato caporeparto*. «/ miei uomini mi amavano? Alcuni si, altri no. Ho introdotto una disciplina quasi militare. Prima di incominciare a lavorare facevo le istruzioni, suonavo la sirena e aspettavo che tutti arrivassero. Come in caserma. Se qualcuno entrava mentre la sirena era in funzione non ci facevo caso. Se arrivava dopo, gli toglievo mezz'ora dalle ore lavo- rate. All'inizio tutti erano in ritardo, per abitudine. Quindi si sono rivoltati contro di me. In un modo o nell'altro sono riuscito a calmarli. Per esempio, ho introdotto un "premio flessibile". Era contro le regole, secondo le quali tutti dovevano ricevere la stessa quota. Abbiamo incominciato invece a ripartirlo in base al rendimento. Penso che fosse giusto. Ma è venuto un nuovo capo e ha detto che non si poteva violare la legge. Era un ingegnere e membro del partito, era il mio superiore. Ero furioso. Un giorno l'ho preso letteralmente per il collo. Volevo tanto essere ingegnere. Sono entrato nel partito per acquistare forza. Pensavo che sarei stato capace di discutere e risolvere qualsiasi problema, e che non avrei avuto paura di nessuno. Più tardi, già ingegnere, ho lavorato ancora come caporeparto, in prima linea*. «La gente pensava che era strano. E io volevo semplicemente finire la partita incominciata. E' la risposta alla domanda: perché un lavoratore insiste per diventare un membro dell'intellighenzia?*. Alla festa per la laurea, il padre gli ha portato una bottiglia di brandy da due litri. Lui l'ha messa da parte per il matrimonio della figlia. A quell'epoca la bambina aveva tre anni, ora ne ha otto. La bottiglia, cioè, è rimasta intatta per cinque anni. E' in soggiorno, sullo scaffale davanti all'acquario. Un simbolo. Un altro non avrebbe retto alla prova e se la sarebbe bevuta. E' difficile dire se questa biografia sia particolare. Mager la considera assolutamente normale. Dice che è un modo per proteggersi dalla vita di tutti i giorni. E di nuovo ricorda la madre, quei lontani tempi strani in cui i letti erano sorretti da mattoni e la gente credeva nelle utopie. No, oggi non sarebbe più possibile. Oggi la gente ha più autocontrollo ed è più scettica. Quanti credono ancora nelle utopie sembrano ridicoli. Forse per questo un ingegnere medio con diploma conta di più di decine di persone con il titolo di «superlavoratori». Quelli saranno coperti dalla polvere, ricordi sentimentali, vestigia di una liturgia da tempo dimenticata. Memorie dei tempi in cui ognuno era un po' come Stakhanov. Barbara Romanowicz

Persone citate: Joanna Agnieska, Krzysztof Mager, Mager, Stalin