Il dilemma americano sui rapporti con il pci

Il dilemma americano sui rapporti con il pci LE SINISTRE EUROPEE AL GOVERNO Il dilemma americano sui rapporti con il pci Impedire l'accesso al governo delle sinistre sulla base di un accordo fra socialisti e comunisti è stata una delle direttrici permanenti della strategia statunitense dal secondo dopoguerra in poi. Ora, noi europei siamo qui ad attendere che si possa capire meglio quale sarà la politica della nuova amministrazione Reagan verso la Francia di Mitterrand. Lo sviluppo delle relazioni fra Usa e Francia avrà il valore di un «test» di grande significato; ma esso è, per così dire, sdrammatizzato in partenza dall'esplicito orientamento di Mitterrand nel senso della fedeltà alle alleanze occidentali e dalla leadership salda che il partito socialista ha assunto nella sinistra francese. Anche se nulla può darsi per scontato per quanto riguarda i futuri rapporti Usa-Francia, carattere ben più problematico (per usare un termine tenue) potrebbero avere le relazioni fra gli Usa e l'Italia nel caso in cui il forte pei accedesse al governo, sia pure non nel quadro di un'alternativa di sinistra. In riferimento, quindi, al rilevante interesse che ha oggi il tema dei rapporti fra Sta ti Uniti e sinistre in Europa, è motivo di riflessione il saggio di Mario Margiocco Stati Uniti e pei 1943-1980 (Laterza). A leggere questo libro, che — dopo un'ampia premessa sulle radici più lontane dell'atteggiamento statunitense verso il comunismo in generale e il pei dal 1943 alla fine degli Anni 60 in particolare — si diffonde nell'esame degli sviluppi successivi, si ha la conferma che i responsabili della politica americana nell'ultimo decennio si sono preoccupati del pei non tanto in quanto partito fautore di mutamenti sociali all'interno della società italiana, ma soprattutto in quanto potenziale fattore di destabilizzazione, nel caso di una sua ascesa al governo, delle alleanze internazionali. Il «problema pei» si è imposto all'attenzione statunitense a metà Anni 70 in concomitanza con due processi: l'emergere della tendenza «eurocomunista», di cui il pei costituiva la componente principale, e i successi elettorali comunisti nel 1975 e nel 1976 in condizioni che facevano dubitare della capacità di tenuta della de. Una simile «strategia dell'attenzione» degli Usa nei confronti del pei segnava la presa di coscienza dell'insuccesso cui era andato incontro il disegno di riduzione del peso del pei stesso attraverso la politica di centro-sinistra, che, scrive Margiocco, nelle intenzioni americane avrebbe dovuto trasformarsi in «tomba del comunismo italiano». Dopo che, dunque, si prese atto della crisi del ruolo tradizionale della de e della pressione sempre più forte esercitata da un pei che appariva dubbio potersi ancora a lungo tenere «extra moenia», apparvero negli Usa due tendenze principali. L'una, incarnata da Kissinger, la quale, decisamente ostile all'ingresso eventuale del pei nel governo, non dava credito alle patenti di democraticità e di autonomia dall'Urss offerte dal corso «eurocomunista»; l'altra, di cui era significativo rappresentante il Boies, la quale, sostenuta anche da alcuni settori accademici, considerando la crisi della de troppo profonda, si poneva l'obiettivo di favorire la trasformazione del pei in forza indipendente da Mosca e integrabile nelle alleanze occidentali. Cutter dapprima parve appoggiare quest'ultima corrente, ma in un secondo tempo finì per assestare la propria linea su posizioni non dissimili da quelle di Kissinger. In consonanza con Carter, anche Brzezinski, dopo avere coltivato l'idea di utilizzare il pei eurocomunista come elemento di approfondimento della crisi del comunismo internazionale, pervenne ad un atteggiamento liquidatorio dell'eurocomunismo e ad insistere perché nei paesi occidentali i partiti comunisti restassero confinati all'opposizione. Mentre ricostruisce la politica statunitense verso Ù pei, Margiocco delinea quella del pei verso gli Uso e l'Alleanza Atlantica specie nell'ultimo decennio. E il protagonista è naturalmente Enrico Berlinguer. Un decennio di grandi mutamenti, ma di mutamenti oscillanti, e contraddittori. Ancora nel 1966 Berlinguer chiedeva l'uscita dell'Italia dalla Nato e l'emancipazione del paese dalla soggezione all'«im- perialismo americano». Poi nel 1974-75 si ebbe una modifica sostanziale che portò all'accettazione della Nato; e nel 1976 l'affermazione che nessuno avrebbe potuto impedire al pei di seguire la propria strada eurocomunista poiché — disse Berlinguer — «le frontiere, dopotutto, sono quelle che sono». Al tempo stesso però Berlinguer insisteva sul fatto che il pei non avrebbe in alcun modo «rotto» con l'Urss, e nel 1977 usciva a sostenere, ben significativamente, che nell'Urss a differenza che nel mondo capitalistico, non vi era crisi economica (il che esprimeva la posizione essenziale secondo cui la ricerca dell'autonomia del pei dall'Urss restava all'interno della solidarietà con l'insieme del movimento comunista internazionale). Si può ben capire, dalla lettura di questo libro, come i rapporti fra Stati Uniti e pei abbiano trovato un ostacolo non superabile nel diverso scopo fondamentale che l'una e l'altra parte hanno cercato di conseguire. Per gli Usa la «legittimazione» del pei in quanto partito «occidentale» poteva venire in modo decisivo da un elemento: una autonomia dall'Urss che portasse il pei a contrapporsi alla strategia sovietica anzitutto in campo internazionale; per il pei invece il problema primo era quello di ottenere dagli Usa una sorta di legittimazione in quanto forza democratico-riformatrice non più rivoluzionaria all'interno del sistema politico italiano, senza dare una risposta non ambigua alle accuse di «doppia lealtà» verso la Nato da un lato e il campo dell'Est dall'altro. Si giunge qui a toccare la questione principale da sciogliere per interpretare le ragioni della linea «contraddittoria» del pei in materia di relazioni internazionali, che mi pare Margiocco affronti troppo marginalmente. In effetti, non si può spiegare la posizione del pei nei confronti degli Usa e dell'Alleanza Atlantica se non alla luce della sua complementare posizione nei confronti dell'Urss e della sua interpretazione circa le tendenze attuali del capitalismo e del mondo socialista. Solo se si introduce la dimensione dell'analisi del capitalismo e del campo sovietico che il pei ha condotto e conduce si può arrivare ad una spiegazione delle contraddizioni del comunismo italiano. E' questa analisi che consente di capire perché il pei abbia tentato di far «quadrare il cerchio» col voler contemporaneamente accettare con riserva le alleanze occidentali e sempre con riserva mantenere la solidarietà con l'Urss. Ritenendo pur sempre il mondo comunista dell'Est, nonostante i suoi «limiti» più o meno gravi, la grande forza progressiva mondiale, il pei è stato indotto a concepire le sue critiche all'Est come un fattore di «dialettica interna» allo schieramento progressista mondiale. Considerando, d'altra parte, pur sempre l'Occidente, in quanto capitalistico, nonostante gli aspetti riconosciuti positivi (la democrazia politica), il campo dell'imperialismo, ha accettato la Nato più per «realismo» che per la convinzione della necessità di un sistema occidentale di difesa organico e permanente. Il pei ha invariabilmente compiuto passi avanti in direzione della critica e dell'autonomia dall'Urss sotto il peso schiacciante e traumatico degli atti di forza sovietici diretti contro i suoi stessi satelliti. Bisognerà ora vedere quali passi il pei compirà se l'Urss dovesse decidersi a invadere la Polonia. Se l'invasione avvenisse, allora forse la concezione che il pei ha della sua autonomia dall'Urss potrebbe subire un ulteriore e in certo senso definitivo salto di qualità: dall'autonomia all'interno del comunismo internazionale all'autonomia totale dall'Urss riconosciuta capace di condurre una politica imperialistica e oppressiva. E se il pei sciogliesse questo nodo della sua politica internazionale, anche la politica interna italiana vedrebbe aprirsi un corso nuovo. Massimo L. Salvadori Reagan visto da Levine (Copyright N.Y. Revlew of. Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa-)