Turisti lanzichenecchi nella Prioria di Alfredo Venturi
Turisti lanzichenecchi nella Prioria POLEMICHE SULL'APERTURA DELLA CASA DI D'ANNUNZIO A GARDONE Turisti lanzichenecchi nella Prioria Ogni anno si avvicendano nelle «stanze segrete» del Vittoriale 200-250 mila visitatori ed è uno stillicidio di furti - «Ogni oggetto da me raccolto — scriveva il poeta — fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale» - Chiudere questo «libro di storia» pesantemente didascalico, eppure non privo di suggestioni? - Su questa alternativa, battaglia di opinioni contrapposte DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GARDONE — Nelle stame sovraccariche della Prioria, (cosi D'Annunzio chiamò la sua prima casa a Gardone), la gente sfila a piccoli gruppi, visibilmente perplessa di fronte a un'incredibile stratificazione di oggetti. Non c'è un decimetro quadrato sgombro, qui dentro, nella casa che Gabriele D'Annunzio abitò fra il '21 e il '38, gli ultimi diciassette anni della sua rutilante -vita d'artista e di guerriero'. Cose d'arte, cose di guerra fianco a fianco, e anche moltissime - buone cose di pessimo gusto». I visitatori sussultano vedendo appesa al soffitto dell'oratorio dalmata l'elica dell'idrovolante di De Pinedo, o una mitragliatrice austriaca appostata nella sala del Mappamondo, fra un tavolo prezioso e la tabacchiera di Napoleone. Orrore del vuoto perfino in bagno, dove si contano duemila oggetti, e qualcuno si domanda come diavolo facesse, il poeta, a muoversi. Ecco le fastose camere da letto, teatro dei frequenti amori senili del -principe di Montenevoso-. Nella stanza deila Leda, accanto al letto i libri preferiti: ci sono edizioni di Dante, Shakespeare, Verlaine, Stendhal. Nella stanza del Lebbroso c'è una culla a forma di bara, allucinante sintesi del gusto ossianico che domina- Per entrare nell'officina, la gente deve chinare il capo sotto la porta bassissima. E' qui che D'Annunzio lavorava: qui scrisse il -Compagno dagli occhi senza ciglU, il «Libro segreto». Ma non le lettere, per la corrispondenza era stato allestito un altro piccolo studio, lo scrittorio del monco. La casa di D'Annunzio è stata aperta al pubblico sei anni fa, aggiungendosi cosi ai classici itinerari del Vittoriale. Come il Museo dannunzia¬ no, o la biblioteca, già aperti negli Anni Cinquanta. O come il complesso esterno, che già era stato aperto al pubblico nell'immediato dopoguerra. Un vasto parco, dolcissimo di vegetazione mediterranea, che culmina nel mausoleo dove il poeta volle essere sepolto - fra dieci arche di eroi-, in cui giacciono alcuni compagni di guerra. Poco più avanti, prua verso il lago che spumeggia cento metri più in basso, una nave piantata fra i cipressi come fosse impazzita. E' la parte prodiera dell'incrociatore Puglia, il cui comandante fu ucciso a Spalato in un'imboscata nel '20, al tempo dell'occupazione dannunziana di Fiume. In un capannone di cemento, i visitatori possono vedere, ancora armato di siluri e mitraglia, il mas con cui D'Annunzio violò le difese austriache a Buccari, e sul quale più tardi scorrazzava sul lago. Mussolini infatti, cedendo all'ennesimo capriccio del poeta, che al -duce» premeva tenere imbalsamato sul Garda, gli aveva regalato l'imbarcazione, e gli aveva fatto allestire una darsena proprio sotto il Vittoriale. Fra i duecento e i duecentocinquantamila visitatori, italiani e stranieri, passeggiano cosi, ogni anno, in questa specie di libro di storia pesantemente didascalico, eppure non privo di potenti suggestioni. Così come ricco di suggestioni è il teatro, un'arena classica spalancata sul lago, costruita negli Anni Cinquanta. Ancora si ricordano memorabili rappresentazioni: come la -Fiaccola sotto il moggio-, nel '56, con Santuccio e la Brignone, o la -Figlia di Jorio-, nel '57, con Albertazzi e la Proclemer. Esattamente trent'anni prima, presente l'autore, la -Figlia di Jorio- era stata rappresentata nei giardini, con la Melato, Camillo Pilotto e Annibale Ninchi. Un libro di storia, che avrebbe dovuto evidentemente chiudersi nel '38, ultimo anno di vita del poeta. Eppure ci sono anche date più recenti. La piazzetta dalmata è il cuore del complesso: vi si affacciano da una parte la Prioria, dall'altra lo -Se hifamondo- che sarebbe l'edificio più moderno in cui D'Annunzio non andò mai ad abitare, e che oggi ospita museo e auditorium, l'aereo del volo su Vienna e la fiammante Isotta Praschini. Di fronte alla Prioria sono murate alcune lapidi: riproduzioni di simboli dalmati tratti da una chiesa veneziana, con citazioni dannunziane dedicate a Spalato, Zara. Bene, fra queste lapidi ne sono state inserite altre negli anni recenti. L'una, del 74, parla dell'italianità di Pola. L'altra, del 79, si riferisce all'-immancabile ritorno- di Fiume all'Italia. Ora, con tutto il rispetto che certo meritano il dramma dei profughi e la loro crisi d'identità, queste testimonianze sembrano a molti fuori di luogo, per ragioni evidenti di opportunità politica e culturale. Del resto, aprendo l'altro ieri un convegno sulla religiosità di D'Annunzio, il presidente della fondazione per il Vittoriale, Giuseppe Longo, non ha forse rivendicato alla sua gestione il merito di avere rimosso le vecchie -ipoteche politiche- dalla figura del poeta? E' stato, quello di Longo, un intervento polemico. Voleva rispondere alle critiche accumulatesi a carico della sua presidenza: all'accusa di gestire il Vittoriale con intenti più turistici che culturali, con dubbio rigore scientifico e con approccio molto personale. Al centro di queste critiche la decisione di aprire al pubblico la casa di D'Annunzio. Nei sei anni seguiti a questa decisione ci sono stati molti furti di oggetti. Non solo, ma per ricavare lo spazio necessario al passaggio della gente, la disposizione degli oggetti è stata modificata. Eppure il poeta scriveva che «non soltanto ogni mia casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente composta, ma ogni oggetto da me scelto o raccolto nelle diverse età della mia vita fu sempre per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale, come un qualunque dei miei poemi, come un qualunque dei miei drammi, come un qualunque dei miei atti politici e militari E' evidente che qui si scontrano due opposte concezioni, e che ognuna di esse ha le sue valide ragioni. Da una parte la concezione conservativa, che limita la fruizione per tutelare il patrimonio. Dall'altra la concezione divulgativa, che invece esalta la fruizione. «Il prezzo di queste scelte è troppo alto», dice l'ex sovrintendente del Vittoriale, Emilio Mariano. E ricorda come già ai tempi della precedente gestione (presidente Aleardo Sacchetto), -si pensò dì rendere la Prioria accessibile al pubblico. «Ma lo si sarebbe fatto soltanto dopo uno studio attento dei modi, si pensava a un concorso di specialisti sul tema: come aprire la casa senza rovinare tutto». Altre critiche riguardano la scomparsa di una commissione di studi che, fino al 74, elaborava i programmi culturali della fondazione; e perfino la stampa dei quaderni del Vittoriale, eredi dei vecchiquaderni dannunziani. Una periodicità bimestrale fissa, dicono i critici, toglie smalto a questa pubblicazione: in particolare gli atti dei convegni vengono stampati frettolosamente, senza il necessario rigore. Longo si difende dicendo che «ho tolto il Vittoriale dalla polvere». / suoi avversari ribattono che ha tolto di mezzo non la polvere, ma la cultura. Questa polemica s'iscrive significativamente in una stagione di recupero della figura letteraria di D'Annunzio. E' stato istituito da poco un comitato per l'edizione nazionale delle opere, presidente Dante Isella. Emilio Mariano sta preparando per Mondadori un grosso volume d'inediti. Si tratta di frammenti o romanzi incompiuti (-La madre folle-, -La Violante dalla bella voce-, -La bocca velata-), di opere teatrali (-Persefone-, -Sogno di una notte d'inverno-, -La hache), di 48 fogli di autobiografia: «Chi sono?» tutti manoscritti del poeta con la sua elegante grafia, e lasciati qui, fra i marmi i cimeli e le paccottiglie del Vittoriale. Alfredo Venturi
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