Modena: guerriero armato di freccia vigilava sulla miniera archeologica

Modena: guerriero armato di freccia vigilava sulla miniera archeologica Localizzati insediamenti neolitici lungo il corso del fiume Panaro Modena: guerriero armato di freccia vigilava sulla miniera archeologica Durante il tempo libero, decine di persone si dedicano agli scavi per recuperare e individuare reperti del passato - Trovato anche un elefante vissuto un milione di anni fa MODENA — Un pescatore che aveva gettato la sua lenza nelle acque del Panaro, in un tratto vicino al paese di Sa vignano, ha agganciato all'amo nientemeno che un elefante, un elefante di età rispettabile calcolata tra gli 800 mila e il milione di anni. Si è trattato di una delle scoperte più sensazionali degli ultimi tempi nella nostra regione: uno scheletro, per gran parte intatto, di «elefante meridionale» come si usa classificare l'animale preistorico di cui quello affiorato nel Panaro è il primo esemplare venuto alla luce in Emilia. Attualmente il mastodontico scheletro è allo studio degli specialisti dell'Università di Ferrara che ne stanno eseguendo una oculata ricostruzione. Era accaduto che il nostro elefante aveva dormito il suo «sonno eterno* sotto ima coltre di ghiaia spessa cinque metri, che lo ha preservato e conservato fino a noi. L'escavazione sistematica e incontrollata della ghiaia, durata anni, ha cosi almeno dato frutti positivi sia in campo paleontologico che in campo archeologico. Ha consentito il riemergere dal letto del fiume non solo dell'elefante, ma di un vero e proprio giacimento di reperti dal quale si sta attingendo a piene mani. Stanno affiorando ossa in gran numero, anche di un rinoceronte e di un cervide. La zona dell'alta pianura modenese attraversata dal Panaro, fra San Cesario, Spilamberto e Savignano, si è rivelata negli ultimi tre-quattro anni di grande interesse archeologico. Il teatro maggiore si è dimostrato appunto il letto del fiume, dove è stato localizzato un insediamento di età neolitica appartenente a una civiltà agricola. Di notevole valore documentario appare il ritrova¬ mento presso questa fornace di una conduttura di calore in laterizio ancora intatta. Viene cosi fornita la prova archeologica della verità di quanto Plinio il Vecchio affermava ai suoi tempi, e cioè che il Modenese era già famoso in epoca romana per la produzione di vasellame e laterizi. Viene documentata anche la continuità nella storia economica del Modenese di una produzione, che persiste imponente tuttora nel bacino sassolese, della ceramica. I risultali di queste scoperte, cui collaborano le Università di Modena e Ferrara e il Museo Archeologico «Lazzaro Spallanzani» di Reggio Emilia, sono importanti. Non solo per i reperti, di cui si dovrà decidere la collocazione in pubbliche raccolte e musei dopo gli opportuni studi e restauri, ma anche perché har> no arricchito e ampliato l'orizzonte dell'indagine archeo- logica in Emilia, dilatando la stessa geografia della preistoria della nostra regione. Un tempo, infatti, si pensava che le culture neolitiche presenti e diffuse nel Reggiano e nel Veneto, nel Modenese si fossero arrestate e esaurite lungo il corso del Secchia, che in tal modo ne avrebbe segnato un confine estremo ed invalicato. Le nuove scoperte hanno spostato sul corso del Panaro questo confine, dimostrando una volta ancora che è aleatorio porre limiti schematici alla ricerca, sempre aperta a sviluppi imprevedibili pure in campo storico e archeologico. Quasi a vigilare sui nuovi confini accertati, presso una delle necropoli rinvenute spicca, tra una trentina di sepolture ritrovate, quella di un guerriero armato di freccia, pugnale di rame e pugnale di selce. Anche questo ritrovamento ha un grande valore documentario: le armi e il vaso che giacevano ai piedi del guerriero, caduto in una dimenticata battaglia della preistoria, si riallacciano a culture diffuse nell'Italia centrale di cui non si aveva finora traccia a Nord dell'Appennino. Segno che si verificarono in epoca primordiale movimenti migratori lungo una direttrice Sud-Nord. Le epoche rivisitate dagli scavi in corso, come si è visto, si collocano in un lungo arco di secoli e millenni. L'archeologia sfoglia molte pagine nel gran libro della storia dell'uomo. E la lettura di un tal libro affascina e riserva sorprese e risposte alla sete di conoscenze e notizie sul nostro più lontano passato e sulla nostra identità. Forse proprio per questo si è andata diffondendo la febbre dell'archeologia nel Modenese, una febbre che spinge decine di persone di ogni età e condizione a collaborare nel tempo libero e nei giorni festivi agli scavi dei tecnici della Sovraintendenza. Franco Mine.li

Persone citate: Franco Mine, Lazzaro Spallanzani, Modenese, Panaro, Savignano

Luoghi citati: Emilia, Ferrara, Italia, Modena, Reggio Emilia, San Cesario, Spilamberto, Veneto