Jano progettista di bolidi di Enzo Ferrari

Jano progettista di bolidi IN MOSTRA A TORINO LE SUE ALFA ROMEO 1923-1937 Jano progettista di bolidi Dopo un tirocinio alla Fiat, disegnò per la casa milanese le famose Grand Prix - Passato alla Lancia, costruì le Sport e F. 1 di avanzata concezione - Come lo ricorda Enzo Ferrari TORINO — Il Museo dell'automobile di Torino ospita in questi giorni una mostra dedicata alle Alfa Romeo progettate da Vittorio Jano nell'arco di tempo che va dal 1923 al 1937. Alle nuove generazioni il nome di Jano dice probabilmente poco, eppure nella storia dell'automobile questo tecnico geniale è annoverato fra i maggiori protagonisti deilo sviluppo e dei progressi del veicolo a motore, in particolare della macchina da corsa. Enzo Ferrari, che lo ha conosciuto molto bene, e che in anni lontani ha gareggiato e vinto con una delle Alfa di Jano. lo ricorda con un affetto e un'ammirazione particolari. Alla Lancia — dove ha lavorato dal 1937 al 1956 — gli anziani parlano delle sue grandi capacita di sintesi, del grande tranquillo coraggio che dimostrava nell'affrontare i più difficili problemi, delle sue doti di umanità mascherate da un riserbo esteriore tutto piemontese. Magro, il viso affilato, la sigaretta perennemente infilata nel bocchino, le labbra piegate in un sorrisetto fra l'amaro e l'ironico, lo sguardo malinconico (nel 1941 aveva perduto l'unico figlio, ventenne, alpino ad Aosta), Vittorio Jano era nato a San Giorgio Canavese nel 1891. Dopo gli studi tecnici cui lo aveva avviato il padre, direttore dell'Arsenale di Torino, si impiega come disegnatore alla Rapid poi. nel 1911. è assunto nell'Ufficio tecnico della Fiat — allora diretto da un avvocato con innata vocazione per la meccanica, Carlo Cavalli — dove compie un lungo tirocinio accanto a tecnici illustri come lo stesso Cavalli, Giulio Cesare Cappa, Tranquillo Zerbi. con i quali, finita la Grande Guerra, collabora alla realizzazione delle famose Fiat Gran Prix del 1922-23. Poi. è proprio Enzo Ferrari, che dal 1920 è pilota ufficiale dell'Alfa Romeo, a convincere Jano a seguirlo alla Casa milanese per assumersi il compito di progettare macchine da corsa all'altezza delle imbatti' bili Fiat. E' la fine del 1923. e il distacco dalla Fiat avviene non senza polemiche. All'Alfa Romeo, ricorda Enzo Ferrari nel libro autobiografico Le briglie del successo, -Jano prese il comando, instaurò una disciplina militare e riuscì in pochi mesi a realizzare la P2, quella 8 cilindri con compressore che esordì clamorosamente nel 1924 sul rettifilo di Cremona stabilendo con Antonio Ascari un primato di circa 200 km l'ora». La P2 doveva segnare l'inizio di un lungo periodo di supremazia delle Alfa da corsa, fra cui la conquista del primo Campionato del mondo nel 1925. Poco dopo. Jano assume anche la direzione progettativi delle vetture di serie, e realizza alcuni famosi modelli da turismo veloce, con motori a sei e otto cilindri, con e senza compressore, nonché versioni spiccatamente sportive che per oltre un decennio si affermano nelle principali corse su strada e su pista: Mille Miglia, 24 ore di Le Mans, Targa Florio. Tourist Trophy. Ma il capolavoro di Jano negli Anni 30 è senza dubbio il tipo P3, prima macchina Gran Prix monoposto nella storia delle corse. La P3 ha tra l'altro una geniale soluzione: il differenziale collegato direttamente al cambio, e due alberi di trasmissione, uno per ciascuna ruota posteriore, divergenti, cosi da consentire l'abbassamento del sedile di guida, e perciò del baricentro. Con la subito imbattibile P3 corrono piloti come Varzi. Nuvolari. Campari, Borzacchini, Chiron. Caracciola. Moli, Fagioli, dapprima ufficialmente per l'Alfa Romeo, in seguito con i colori della Scuderia Ferrari, fondata a Modena nel 1929 e per molti anni legata all'Alfa — e per ovvie ragioni a Vittorio Jano — da una specie di cordone ombelicale. Poi arrivano le marche tedesche Mercedes e Auto Union che, sostenute da enormi mezzi e da un apparato che impone -Deutschland ùber alles-, non tardano a mettere in difficoltà la piccola Alfa Romeo. Jano riesce comunque ad assestare ancora qualche colpo da maestro, creando nuove macchine a 8, a 12 e a 16 cilindri. Ma è inevitabile qualche screzio con la dirigenza, e verso la fine del 1937 riprende la strada di casa, chiamato dalla Lancia, dove all'inizio di quell'anno era morto il fondatore Vincenzo Lancia. Jano collabora dapprima ai progetti della piccola Ardea, poi della innovativa Aurelia e dell'Appia, mn — come dirà un giorno a chi scrive — vivrà la sua seconda giovinezza quando Gianni Lancia deciderà di entrare nel mondo delle corse. Jano progetta le Lancia Sport D20 e D24 che vincono la Mille Miglia e la Carrera Panamericana: poi la straordinaria Formula 1 che per la prima volta nella storia della tecnica sportiva ha il motore 8 cilindri a V. La stagione della Lancia F. 1 è breve ma entusiasmante, e quando nell'estate del 1956. in seguito alla morte del suo primo pilota Alberto Ascari, la Casa torinese decide di ritirarsi e dona le sue monoposto alla Ferrari (l'anno successivo la Lancia-Ferrari di Fangio conquisterà il titolo mondiale). Vittorio Jano ne segue li sorti, ritornando come consulente accanto all'uomo di Maranello. Nel 1965. convinto di essere colpito da un male incurabile (e forse non era cosi) si dà la morte a Torino. Una fine amara per un uomo che dopo aver combattuto tante battaglie si arrende di fronte a quella estrema. Ferruccio Bernabò | Hi >. * ' %' il ì ■ A ■ ■ L'Alfa Romeo modello 1750, a sei cilindri con compressore Una foto storica: Jano con Alberto Ascari e Villoresi