Droga e atomica in piazza di Vittorio Gorresio

Droga e atomica in piazza QUANDO LA SVIZZERA E' UNO SPECCHIO DELL'ITALIA Droga e atomica in piazza A Berna le manifestazioni antinucleari si fanno ricorrenti - Nella capitale e in altre città svizzere centinaia di giovani si radunano a fumare «spinelli» in pubblico, rivendicando la liberalizzazione delle droghe leggere La gente reagisce: «Buffoni, vergognatevi» - E* diffuso il timore di andare a poco a poco italianizzandosi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ZURIGO — In Svizzera nel corso del recente lungo weekend di Pentecoste sono avvenute alcune cose che potevano dare l'impressione a uno spettatore distratto di trovarsi in Italia. A Berna, capitale della CH (Confederano Helvetica, come la Svizzera è ufficialmente chiamata in latino), tremila persone di età diverse e l'aria condizione sociale si sono adunate nella Piazza Federale per un sit-in di protesta contro i programmi atomici governativi. Cartelli e grida Una centrale sta per entrare in esercizio a Leibstadt mentre altre due sono in progetto a Kaiseraugst e a Graben. «Vogliono metterle in funzione contro la volontà del popolo! ». ha gridato in un microfono il signor Adrian Mueller — visibilmente un intellettuale — che è presidente del comitato della Svizzera di Nord-Ovest contro le centrali nucleari. E. veramente, sentire quei discorsi, vedere quegli striscioni tesi, quei cartelloni inalberati, mi faceva l'effetto di un richiamo alle nostre ricorrenti manifestazioni di Montalto di Castro. Montalto uguale Berna, mi veniva da pensare. Vogliamo gemellarle? Qui è dall'anno scorso che è in discussione una proposta socialista secondo la quale il popolo ha diritto di pronunciarsi in tema di impianti atomici prima che le autorità di governo decidano di costruirli. E' una prerogativa che per via di referendum si sono già attribuita sei cantoni (Basilea città, Basilea campagna, Glarona, Sciaffusa, Zurigo e Neuchàtel) e in questi giorni lo rivendicheranno, sempre con referendum, i due cantoni Berna e Vaud (cioè Losanna!. Si esige perentoriamente «un controllo democratico sul nucleare», sia che si tratti di centrali, sia di depositi di scorie radioattive, e la passione che i partiti di sinistra e gli ecologisti mettono nella richiesta è indubbiamente generosa quanto genuina, ma proprio per questo è irrisa (come peraltro accade non solo in Svizzera) dai benpensanti di parere contrario. Schernevolmente è stato detto in Piazza Federale al comizio del weekend di Pentecoste che la proposta è utopica e ingannevole. Un borghese di aspetto benestante e di apparente salda autorità eccepiva con molta sufficienza che il parere del popolo non sarebbe giuridicamente vincolante, cosicché il solo effetto dell'iniziativa socialista sarebbe ritardare o impedire del tutto l'attuazione di ogni programma energetico alternativo. La patria mia quanto grande può essere: anche oltre le Alpi mi credevo sempre in Italia, avendo puntualmente da riscontrare la presenza di eterni identici argomenti. Ma mi era quel giorno riservata una sorpresa ancora più meravigliosa, straordinariamente casalinga. Terminato il comizio del signor Mueller con gli abituali ringraziamenti rivolti ai convenuti e con un appropriato richiamo alla festività di Pentecoste («che ormai per lunga tradizione vede ogni anno la nostra giusta manifestazione antinucleare») la Piazza Federale cambiò pubblico nel breve giro di un quarto d'ora. Allontanatisi in buon ordine i contestatori nucleari, a prenderne il posto vennero in piccoli gruppi un trecento ragazzi e giovanotti, combinati nell'abbigliamento, nelle capigliature e nelle barbe come adesso costuma all'età loro. Seduti in terra o appoggiati ai lampioni ed ai muri, e taluni in lentissimo passeggio alla maniera dei bighelloni, e altri in lunghe soste da oziosi alieni dal pensare, a un tratto cominciarono a fumare pipe e spinelli, tutti assieme, pur senza che ne fosse stato dato un qualunque segnale. Presto così si sparse nell'invaso della Piazza Federale un odore denso, molle, dolciastro, ma a respirare lo sgradevole effluvio che ci imponevano i trecento, non tanto era questione di un fastidio per l'olfatto o la gola né di un risveglio di reazioni antidroga: no, la mente volgeva ad ulte- riori accostamenti fra la Svizzera e l'Italia. Pareva d'essere a Roma, in Piazza Navnna, anziché in Piazza Federale a Berna. Vogliamo consorziarle queste due piazze? Anche in mancanza di un Pannella che li guidasse, i trecento di Berna fumando in pubblico rivendicavano la liberalizzazione delle droghe leggere, a titolo di prevenzione e di antidoto contro le pesanti. Diceva un loro volantino che legalizzare l'hashish è innanzitutto e essenzialmente una sanu esigenza di mercato: bisogna infatti separare, distinguere il suo traffico e il suo giro da quello dell'eroina, per ottenere che i consumatori del leggero non corrano più il rischio di slittare involontariamente nel pesante. Faceva seguito l'usuale monito che alcol e tabacco sono più pericolosi della cannaby. canapa indiana, e che ciononostante la borghesia capitalista corruttrice ael popolo e dei giovani continua a consentirne il libero smercio. Insomma, detto in breve, c'era tutto il vecchio discorso a tutti noto di qua e di là dalle frontiere e che ci avviene di sentir pronunciare in molte lingue. Con l'hashish Però quel giorno che io stailo ad ascoltarlo nella Piazza Federale, la sollecita polizia di Berna intervenne a interromperlo alle prime battute, caricando sui propri torpedoni qualche decina di fumatori da portare in caserma, e così dopo la conclusione del sit-in antiatomico ho assistito anche a quella dello smoke-in prò marijuana, tutto in un solo pomeriggio speso bene, e senza muovermi da un luogo per qualche verso emblematico come la Piazza Federale. In ogni modo debbo avvertire che campagne *liberalizzatrici* del genere che ho detto si scontrano allo sfavore generale di una pubblica opinione timorata per antica educazione e timorosa dei tranelli nascosti nelle moderne innovazioni del costume. Sempre durante quel fatidico weekend di Pentecoste, anche a Sion, Saint-Maurice e Martigny nel cantone Valais sono stati di scena gli assertori dei/hashish libero per tutti. Avevano programmato cortei e raccolte di firme per adesione e propaganda capillare. Ma è stato un fiasco e la polizia, venuta per bloccare i dimostranti, ha trovato nel pubblico un sostegno che forse era inatteso, almeno per quel tanto di ferocia che lo animava. «Buffoni vergognatevi», gridava la gente per le strade al corteo che sfilava prò marijuana e hashish, e su un grande cartello issato su un balcone c'era da leggere un tremendo ammonimento di intonazione apocalittica: «Voi siete la pedana di lancio verso l'annichilimento, il trampolino proiettato nella direzione del nulla». E' un horror vacui, autentico, e se in queste parole si può trovare un po'di calvinismo, considerata la materia di cui si tratta non suona male e induce anzi c pensare che proprio questa carica morale di base è il migliore strumento per la difesa di una società, la conservazione di uno Stato, la governabilità di un Paese. A questo punto — non occorre dirlo — mi venivano meno tutte le fantasie per l'invenzione di comunanze tra la Svizzera e l'Italia e piuttosto emergevano i contrasti stridenti, così ovvi che è inutile elencarli. Metterà il conto — è qui che viene il bello — di accennare alla paura che hanno gli svizzeri di andare a poco a poco italianizzandosi. A noi le consonanze con loro, anche se limitate a singole questioni come l'atomica e la droga, sono un motivo per lo meno di curiosità divertita, per loro invece l'eventuale scoperta di qualche affinità con noialtri, clinicamente è il sintomo di un incipiente e forse irreversibile processo degenerativo che conduce dritto alla perdita dell'identità civico-nazionale. Se ne hanno segni premonitori? Pare proprio di si, per disgrazia, purtroppo, malauguratamente. Cominciamo a dire che in questi ultimi anni i cattolici in Svizzera sono diventati la maggioranza. Nel 19S0 i protestanti erano il 56.3 per cento delia popolazione contro un 41,6 di cattolici, e nel 1970 sono calati a quota 47,8 mentre i cattolici salivano a 49.4. Naturalmente è stata l'immigrazione, non un proselitismo di massa della Chiesa romana che ha determinato lo spostamento dei rapporti, e perciò i protestanti accusano di tradimento i politici che hanno mancato di sbarrare le porte del Paese. Pare che inoltre i protestanti patiscano di un complesso di invidia vedendo come gli immigrati cattolici sono organizzati e assistiti dalla loro Chiesa: «Mai nessuno di noi si è sognato di avere uguale trattamento da parte della commissione delle chiese riformate della Svizzera tedesca o presso la federazione delle chiese protestanti», ha scritto ai giornali con amarezza Paul Hell, un capo tecnico delle ferrovie del cantone San Gallo. E così tutto è messo in causa anche ai livelli medi dell'opinione che in quanto medi sono appunto i più vasti. E cosi si denuncia la concorrenza «sleale» della Chiesa cattolica, diabolica nella sua abilità di manovrare le milizie di immigrati. E poi si è stabilita — tutta in negativo — la perfetta equazione fra cattolici e italiani, la quale non ci giova perché si sa come e quanto i pregiudizi religiosi — che in assoluto sono i peggiori — alimentino le incomprensioni fra i gruppi etnici. Lo insegna la storia e lo conferma la cronaca dei tempi in cui viviamo. Potrà sembrare poco plausibile questo discorso mio partito dalle rivendicazioni antiatomiche o in favore delle droghe leggere, e infine approdato a considerazioni etnico-religiose. Ma c'è un motivo, logico a suo modo, perché sul filo dei paragoni — meglio se imprevedibili — si fanno scoperte rivelatrici di pregi, difetti, virtù, attitudini collettive e dei singoli. Può essere quindi stato giusto affidarsi a una serie di scene e di episodi che se opportunamente collegati possono dare qualche contributo a una visione d'insieme dei rapporti fra noi e loro, italiani e svizzeri. Noi come li vediamo? E come loro vedono noi? E' un discorso che rischia di diventare interminabile, ma per un verso o per un altro si dovrà pure cominciarlo. Vittorio Gorresio

Persone citate: Adrian Mueller, Martigny, Montalto, Mueller, Pannella, Paul Hell