Cervia: vogliono chiudere le saline degli etruschi? di Uber Dondini
Cervia: vogliono chiudere le saline degli etruschi? Per il Monopolio sono un «ramo secco» Cervia: vogliono chiudere le saline degli etruschi? Non rendono più - Preoccupazione nella zona perché le acque e i fanghi dell'impianto sono indispensabili a uno stabilimento termale che fa registrare 300 mila presenze annue RAVENNA — I primi a condire i cibi con il sale di Cervia furono gli etruschi. Da allora le saline hanno sempre ricoperto un ruolo essenziale per l'economia cervese. Per secoli sono state al centro degli appetiti dello Stato Pontificio, della Repubblica di Venezia e di tutte le signorie della zona. Improvvisamente ci si è accorti che il sale di Cervia, da sempre fonte di ricchezza, è diventato troppo «amaro». Il ministro delle Finanze Reviglio, dopo aver dedicato un •libro rosso» agli evasori fiscali, si è rivolto con un -libro bianco» ai rami secchi dei monopoli di Stato. E' cosi saltato fuori che un chilo di sale prodotto a Cervia rende solo il 15 per cento di quello che è costato per produrlo. Mancano ancora decisioni ufficiali, ma questo conto economico rischia di portare alla decisione di chiudere le saline di Cervia dopo oltre duemila anni di attività ininterrotta. Il ministro Revìglio. per spiegare quest'orientamento, ha detto che le saline cervesi sono in crisi per cause sulle quali il suo dicastero non ha alcuna possibilità d'intervento: alcune annate di avversità meteorologiche e. soprattutto, la comparsa nelle acque dell'Adriatico di fenomeni di eutrofizzazione. A Cervia sono invece di avviso contrario. Si afferma che la produzione delle saline è precipitata negli ultimi anni proprio in coincidenza dell'avvio del risanamento del mare. All'inizio degli Anni 70. invece, quando era massima la proliferazione di alghe marine dagli specchi d'acqua delle saline sono stati rastrellati centinaia di migliaia di quintali di ottimo sale. La responsabilità della crisi viene dunque scaricata sul «disimpegno» dei monopoli di Stato, che non avrebbero fatto nulla per risanare la situazione, proprio con il proposito di giungere alla chiusura dello stabilimento cervese. La popolazione locale sembra decisa a far quadrato in difesa delle saline. In questa città, raggiunta dal boom turistico, la produzione del sale costituisce la maggiore attività a ciclo non stagionale. Se chiude lo stabilimento, l'economia cervese graverebbe tutta sulle spalle della «monocoltura» turistica, con i rischi anche sociali che tutto questo comporta. Con i tedeschi, che diventano sempre più rari, puntare tutto sul turismo si fa pericoloso. Si aggiunge poi che le acque madri e i fanghi delle saline sono indispensabili ad uno stabilimento ter male locale che fa registrare 300 mila presenze all'anno. Se chiudono le saline, viene me no anche la materia prima necessaria per tenere in vita le terme. Le dichiarazioni del mini' stro Reviglio hanno messo in allarme anche i naturalisti. Da alcuni anni, infatti, nelle saline cervesi è stata costituì ta una riserva avifaunistica per fornire un'area protetta agli uccelli acquatici, soprattutto «limicoli». Il decreto che ha istituito l'oasi ha avuto come prima conseguenza la chiusura della caccia e la comparsa sugli specchi d'acqua di migliaia di uccelli in buona parte nidificanti. Se chiudono le saline, dicono i naturalisti, sì spezza l'equilibrio delle acque rendendo impossibile l'alimentazione e la riproduzione. I naturalisti fanno inoltre notare che Cervia è stato il primo Comune italiano a dotarsi di un piano paesistico e che questo strumento di protezione e di restauro dell'ambiente ha un senso solo se vengono mantenute le saline. Questi timori sono aumentati da alcune iniziative partite dalle associazioni venatorie e dalla Sivalco, la società regionale che ha introdotto l'itticoltura nelle Valli di Comacchlo. Se la Sivalco, con la chiusura delle saline, avvierà un progetto di acquacoltura intensiva, gli attuali livelli delle acque saranno sconvolti. Non si potrà poi più permettere la sosta negli specchi d'acqua di migliaia di gabbiani e di altre migliaia di uccelli che ogni giorno farebbero una vera e propria strage del pesce introdotto nei vivai. Questa prospettiva non sembra invece turbare i cacciatori che in pratica potrebbero assumere il ruolo di protettori del pesce attraverso un drastico contenimento delle presenze ornitologiche affidato alle doppiette. Le associazioni naturalistiche parlano già di tacita alleanza fra cacciatori. Sivalco e monopoli di Stato. A riprova di questa coincidenza d'interessi, viene citata una dichiarazione del direttore delle saline che ha attribuito la degradazione delle acque anche alla presenza di troppi gabbiani. Si è osservato che i cacciatori cervesi si sono subito dichiarati disposti a risolvere il problema sparando sui gabbiani che, fra l'altro, sono protetti dalla legge. Uber Dondini
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