Un biglietto per il cinema tedesco di Gianni Rondolino

Un biglietto per il cinema tedesco E' DI MODA IL LUCIDO PESSIMISMO DI FASSBINDER. HERZOG. WENDERS Un biglietto per il cinema tedesco In un momento in cui anche i film d'autore attraversano una crisi profonda, pubblico e critica riscoprono una cinematografia che sembrava inesistente - Da «Nosferatu» a «Lili Marleen», lo specchio di una società piena di contraddizioni Possiamo partire, retrospettivamente, da Lili Marleen, il film di Rainer Werner Fassbinder che, giunto nelle grandi sale di prima visione, ha ottenuto il maggior successo di pubblico fra tutti i film del cosiddetto «nuovo cinema tedesco». E risalire, di anno in anno, alla ricerca delle ragioni che hanno prodotto, fuori dei confini della Germania Federale, un fenomeno cinematografico alquanto singolare, per poco che lo si analizzi con una certa attenzione. Non si tratta, ovviamente, di ripercorrere la storia del cinema tedesco degli Anni Sessanta e Settanta, da quando si andò faticosamente formando quella «nuova ondata» di registi che oggi anche il grosso pubblico conosce: i Kluge. gli Schloendorff. gli Straub, gli Herzog. i Fassbinder, i Wenders ecc. Né si tratta di cogliere gli stretti rapporti che indubbiamente legano l'opera di questi autori alla società e alla cultura del loro Paese, in un periodo di significativi mutamenti politici e sociali. Quanto piuttosto di chiedersi perché in un momento in cui il cinema, anche quello «d'autore», attraversa una crisi profonda, il pubblico — soprattutto, ma non esclusivamente, quello giovanile — scopre o riscopre una cinematografia che da troppi decenni era parsa di fatto inesistente. Non è azzardato dire che, dai tempi dell'espressionismo cinematografico, dei film di Wiene. di Lang, di Murnau, di Lubitsch, di Pabst — oggi quasi avvolti in un alone leggendario —, il cinema tedesco non si era più imposto all'attenzione del pubblico e della critica internazionali. Erano stati quelli' gli anni d'oro d'una produzione artistica e spettacolare che era riuscita a dare, della società del tempo e delle angosce esistenziali del momento, un'immagine al tempo stesso affascinante e conturbante. Poi il silenzio, o quasi: gli anni bui del nazismo; quelli tragici della guerra e del dopoguerra; quelli assopiti nel nuovo benessere della ricostruzione nazionale. Oggi, trascorsa la breve stagione della nouvelle vague francese, del free cinema inglese, del nuovo cinema polacco, cecoslovacco, ungherese, e passati anche gli entusiasmi del '68. del cinema militante e di quello politico — quasi un ventennio ai sommovimento ideologico e culturale che parve non coinvolgere la nuova cinematografia della Germania Federale —, ecco che il pubblico e la critica si entusiasmano per i film di Wenders, di Fassbinder. di Herzog. di Schioendorlf. ed anche di Straub o di Syberberg o di Lilienthal. A dire il vero, è da almeno quindici anni che il cinema tedesco va proponendo qual¬ cosa di nuovo. Del 1965 è Non riconciliati di Straub, del 1966 La ragazza senza storia di Kluge e / turbamenti del giovane Toerless di Schloendorff. del 1968 Artisti sotto la tenda del circo: perplessi di Kluge. che ottenne il Leone d'oro alia Mostra di Venezia, e del 1969 Scene di caccia in Bassa Baviera di Fleischmann. per tacer d'altri: opere tutte di notevole interesse e valore. Ed è al 1969-70 che risalgono i primi film di Fassbinder e di Herzog. Ma. se la critica se ne accorse, il pubblico rimase sostanzial- mente estraneo o indifferente, per una serie di ragioni, soprattutto di noleggio e distribuzione, che rientrano in quella che comunemente si definisce la «censura di mercato». Ma non è solo questo: non può essere una ragione che possiamo considerare esterna, anche perché il mercato riflette, nel bene e nel male, i gusti del pubblico. E' forse più corretto dire che quei film, e i molti che furono realizzati nel decennio seguente, erano per certi aspetti in anticipo sul loro tempo, o almeno sollevavano problemi e li rappresentavano cinematograficamente in modi e forme che non corrispondevano né alle vecchie regole del cinema narrativo né alle nuove elaborate e codificate dalle varie nouvelles vagues. Adesso che il nostro pubblico può risalire da Lili Marleen a Selvaggina di passo, o da L'amico americano a Prima del calcio di rigore, cioè dagli ultimi film, rispettivamente, di Fassbinder e di Wenders alle loro prime prove degli inizi degli Anni Settanta, il panorama si fa più chiaro: i motivi d'un rifiuto allora e d'una accettazione entusiastica ora risultano meno problematici o inspiegabili. Ciò vale anche per l'Herzog di Nosferatu e di Woyzeck e per la riscoperta del suo Fata Morgana di dieci anni fa. o per l'interesse che cominciano a suscitare i film di Syberberg, di Lilienthal. di Hauff. C'è in essi una sottile inquietudine, un rifiuto dell'esistente, un bisogno di percorrere il presente e ripercorrere il passato in una dimensione sostanzialmente «apolitica», rna profondamente radicata in una realtà complessa e contraddittoria, che ce li rende vicini al nostro sentire. E se pure sussistono notevoli differenze fra autore e autore, ciò che li accomuna e fa dei loro film — pur diversi l'uno dall'altro — una sorta di spettacolo unitario, è questa coscienza dell'odierno disagio esistenziale, questa rinuncia a battersi per una società più giusta, ma al tempo stesso questo bisogno di guardare impietosamente dentro di sé alla ricerca, forse, d'una nuova ragione di vita. E' un cinema autenticamente pessimista, come lo era stato cinquant'anni fa il cinema dell'espressionismo. Ma questo pessimismo è lucido, razionale, persin crudele. Non evoca mostri, non riscopre vecchie leggende e miti ancestrali (nemmeno nel Nosferatu di Herzog, che è una meditazione sull'infelicità umana), non prefigura, come il Caligari, un Hitler futuro. E", a ben guardare, lo specchio d'una società in crisi che ne denuncia, acutamente, le contraddizioni. Forse è per questo che gli spettatori, soprattutto i giovani, vi si riconoscono. Gianni Rondolino Hanna Schygulla è Lili Marleen nel film di Fassbinder

Luoghi citati: Bassa Baviera Di Fleischmann, Fassbinder, Germania Federale, Venezia