Agli stati generali del teatro risuona il lamento delle scuole di recitazione

Agli stati generali del teatro risuona il lamento delle scuole di recitazione Per tre giorni a Riccione discussioni e scontri sull'insegnamento Agli stati generali del teatro risuona il lamento delle scuole di recitazione RICCIONE — Una ventina di scuole di teatro da tutto il mondo hanno confrontato, per tre giorni filati, le loro esperienze in un grande albergo della cittadina adriatica. E' stata, di certo, un'assise inconsueta, a tratti pittoresca, rotta spesso dagli interventi dei giovani allievi, qui convenuti non solo dall'Italia, ma dal Canadu, dagli Stati Uniti, dalla Romania, dal Belgio. Sarebbe stato assurdo pretendere che dal convegno — il primo a livello internazionale in Italia — emergesse un'idea unitaria di didattica teatrale. Al contrario, si è trattato di un incontro-scontro, in cui, taliiolta, è stata messa addirittura in discussione l'idea d'insegnamento. «Il fatto stesso che si creino delle scuole non è forse un se- gno della sclerosi del teatro?» si è chiesto ad alta voce Flashen, uno dei più vecchi collaboratori di Grotowski al Theatr Laboratorium di Cracovia. Gli altri, per fortuna, erano meno pessimisti di lui: ma certo si è capito che questa arte disperatamente individualistica, con qualcosa di patologico, se non di sciamanico, nel suo seno, è difficile da imbrigliare e codificare in regole di mutuo consenso. Il congresso, dunque, è servito per marcare le distanze, piuttosto che per riavvicinarle: per mostrare quanto articolata, irregolare, aspra a tratti, sia la mappa dell'insegnamento teatrale nel mondo. Bisognava, per capirlo, ascoltare, l'uno di seguito all'altro, l'intervento dei sovietici, orgogliosi sino al parossismo delle loro venticinque scuole superiori di teatro, in cui vengono mediamente immessi quattrocento allievi all'anno, tutti gratis e con la loro brava borsa di studio per mantenersi; e quello degli ungheresi, che confessavano invece la loro perdita di contatto con i giovani, o dei romeni, che non esitavano ad ammettere il peso di una tradizione interpretativa poco aperta alla ricerca, scarsamente incline alla sperimentazione. E c'erano poi, ancora più violente, le differenze di approccio alla problematica del teatro tra scuole, e specie grandi scuole, di uno stesso Paese: per limitarci agli Stati Uniti, tra il pragmatismo, molto realistico, di una Julliard School for Theatre, quattro anni di lavoro assai graduato, dalla libera espressione di sé, alla tecnica, al repertorio, alla vera e propria compagnia, e il i>italismo panico, con perentorie folate di buddismo zen, dell'American Conservatory Theatre (il più grosso teatro stabile del Paese, con sede a S. Francisco), il cui rappresentante, William Ball, ha intessuto un'apoteosi del giovane attore come di un illuminato dalla grazia. E gli italiani, si chiederà qualcuno, come si sono comportati? I rappresentanti delle piccole scuole, o comunque deile scuole di provincia, hanno lamentato l'assenza di una regolamentazione governativa a loro favore: e qualcuno ha obiettato che se questa regolamentazione esistesse, porterebbe fatalmente alla decimazione di tanti istituti di dubbia professionabilità. Le gtandi scuole si sono mantenute in termini di reciproco fairplay: dall'Accademia Nazionale d'arte drammatica sono venute, per bocca del suo nuovo direttore. Aldo Trionfo, parole di ottimismo per il futuro: le scuole dei teatri stabili hanno sottolineato il proficuo rapporto con le compagnie e con le strutture politiche cittadine e regionali; e chi ha lamentato, in termini polemici, la rigida separatezza tra scuola e produzione teatrale, mentre gli autori sonnecchiano in biblioteca*, si è visto guardato con occhiate di aspro rimprovero, quasi fosse un disturbatore. Tutto va in Italia nel migliore dei modi, dovremo dedurre da Riccione, anche in questo ambito: ma che la didattica teatrale non dia frutti propriamente rigogliosi lo prova il fatto che trovare un attore o un'attrice validi sotto i trent'anni. oggi, da noi, è impresa praticamente disperata. Guido Davico Bonino

Persone citate: Aldo Trionfo, Grotowski, Guido Davico Bonino, Julliard, William Ball