Calvi per salvarsi ora punta sul segreto bancario svizzero di Marzio Fabbri

Calvi per salvarsi ora punta sul segreto bancario svizzero Riprende il processo per presunta esportazione di valuta Calvi per salvarsi ora punta sul segreto bancario svizzero MILANO — Nei primi giorni del processo per presunta esportazione d! valuta a carico di Roberto Calvi e altri nove esponenti dell'alta finanza si sono notevolmente chiarite le linee dell'accusa e della difesa, se non altro in relazione alla vicenda di acquisto dall'estero di 1.110.934 titoli «Toro Assicurazioni» ; per quanto riguarda, infatti, l'altro contratto incriminato, quello per l'acquisizione del controllo «Credito Varesino» sarà meglio attendere l'interrogatorio dei venditori e cioè di Carlo Bonomi e Giorgio Cigliana del gruppo Invest. Roberto Calvi si è ai roccato su una linea difensiva che parte da alcuni presupposti di cui uno è fondamentale: le società anonime svizzere che acquistarono «Toro» nel '73 e le rivendettero nel '75 non agivano né per conto suo né per conto del suo gruppo bensì di altri rimasti ignoti. Il compito che spetta all'accusa diventa quindi principalmente di dimostrare proprio il contrario o quantomeno di portare indizi sufficienti del fatto che le «Anstalten», guidate da funzionari del Banco del Gottardo (il cui 40 per cento è del gruppo Calvi), agivano per conto dell'imputato. Prima bordata in questo senso è stata la presentazione in aula di un documento da cui risulta che, proprio mentre la Centrale vendeva alla svizzera Banca Lambert 329.600 «Toro», la Centrale Finance Nassau (finanziaria estera del gruppo) finanziava la Lambert con 12 miliardi e mezzo di lire, poco più dell'ammontare della transazione «Toro». Né, obiettivamente, convince molto la spiegazione del presidente dell'Ambrosiano secondo cui si trattava di un'operazione di cambio (dollari contro lire) per trasferire in Italia i mezzi necessari alla Lambert per acquistare i titoli. Altro aspetto emergente è l'isolamento in cui rischia di trovarsi Calvi. Pare infatti che gli altri imputati abbiano deciso che per migliorare la propria posizione è necessario attribuire il numero maggiore di responsabilità all'imputato principale la cui figura, dalle testimonianze fin qui sentite, esce come quella di un monarca che ha la benevolenza di informare gli altri, ma solo a cose fatte o comunque decise e avviate. Potrebbe però esserci qualcuno, meno legato a Calvi, ad aver minori riguardi nel dilferenziare la propria posizione. Secondo indiscrezioni sarebbe il latitante Giuseppe Zanon di Valgiurata, uno dei maggiori azionisti «Toro» quando Calvi decise la scalata e detentore di un pacchetto cosi interessante che Calvi si legò a lui in un patto di sindacato peraltro sempre rimasto privo di effetti. A Zanon potrebbe interessare di evitare l'accusa di mancato rientro di capitali (è questo infatti il punto più delicato della sua posizione) affermando che non c'era nessun capitale da far rientrare. E' da intendere in questo senso una perizia di cui si parla insistentemente negli ambienti finanziari. Partendo dai dati forniti e aggiungendo a questi l'ipotesi che il finanziamento dell'iniziativa sia stato compiuto con prestiti svizzeri al 7,5 per cento, si ottiene, per l'operazione svolta in franchi, che all'inizio di ottobre '73 le anonime svizzere sborsarono 128,1 milioni di franchi; altri 2 milioni e 400 mila franchi costò l'aumento di capitale '75; oltre 222 mila franchi rese l'incasso dei dividendi '74 e '75 al netto delle trattenute e, al momento della vendita, l'incasso sarebbe stato di quasi 152 milioni di franchi dai quali però dedurre 21 milioni e mezzo da pagare per oneri finanziari. Utile dell'operazione 309 mila franchi e cioè, tenuto conto dei costi di gestione, quasi zero. Per cui nessun capitale mancò di rientrare come imponeva la legge 159 del '76. Leggermente diversa l'ipotesi se l'operazione fosse stata fatta in dollari, in quanto ci sarebbe stato un utile intorno ai due milioni di dollari ben lontano comunque dai 23 miliardi di lire previsti dalla accusa. L'ipotesi regge però, (e qui sta l'attacco alla linea Calvi da parte del coimputato), solo se le anonime svizzere facevano capo a Calvi o a qualcuno a lui vicino altrimenti non avrebbe senso il «parcheggio» oltre confine del pacchetto. «Parcheggio» che poteva trovare qualche giustificazione, ad esempio, nel fatto che Calvi e la Centrale non volevano far vedere che violavano il patto di sindacato stipulato con Zanon net '73; oppure perché al momento dell'operazione la Centrale non aveva mezzi finanziari per coprire l'acquisto: oppure ancora perché Calvi, per motivi suoi, preferiva non far conoscere il fatto che possedeva già la maggioranza effettiva delle «Toro». Marzio Fabbri

Persone citate: Carlo Bonomi, Giorgio Cigliana, Giuseppe Zanon, Lambert, Roberto Calvi, Zanon

Luoghi citati: Italia, Milano, Nassau