A Milano Calvi messo in difficoltà chiama In causa due dirigenti morti di Marzio Fabbri

A Milano Calvi messo in difficoltà chiama In causa due dirigenti morti Giornata dura al processo contro il presidente del Banco Ambrosiano A Milano Calvi messo in difficoltà chiama In causa due dirigenti morti MILANO — E' stata una giornata dura per Roberto Calvi sotto processo insieme con altri nove finanzieri per l'imputazione di esportazione di valuta commessa, secondo l'accusa, in occasione di acquisti di azioni «Toro» e «Credito Varesino». Giornata dura perché l'interrogatorio si è concluso dopo quasi sette ore e perché il presidente del «Banco Ambrosiano» e della finanziaria «La Centrale» si è trovato in più occasioni in qualche difficoltà. Per superarle Roberto Calvi non ha esitato a chiamare in causa Vex amministratore delegato della Centrale Giacomo Lauro (defunto), l'ex presidente Centrale Carlo Canesi (in gravi condizioni di salute e per questo uscito dal processo) e l'ex presidente del Banco di Napoli e consigliere della Bonomi Paolo Pagliazzi (anche lui morto). ' Al finanziere è stato chiesto: «La Centrale vendette, nei giorni del rastrellamento di "Toro", 329.600 titoli della stessa compagnia assicurativa alla banca Lambert che poi li cedette a due anonime svizsere. Risulta da un documento dell'istituto bancario italiano, sempre negli stessi giorni, un finanziamento alla banca Lambert da parte della Centrale Finance Nassau, consociata estera della Centrale, per 12 miliardi. Come mai? Era la stessa Centrale che forniva i soldi per pagare i titoli alla Centrale?.. Calvi appare sconcertato dal documento Ibi che ara mette di vedere per la prima volta. Poi spiega: «Credo di poter dire che si tratta di un intervento per conto della Banca Lambert per creare una disponibilità in lire in cambio dollari dati dalla Lambert alla Finance Nassau. In sostanza era un'operazione sui cambi che non c'entra con l'operazione in titoli*. Le domande dei magistrati continuano a battere sul punto che la Centrale vendeva «Toro» all'estero mentre le rastrellava in Italia facendo la scalata al titolo. Calvi precisa che l'ingegner Lauro era informato della scalata ma ugualmente faceva operazioni di compravendita sulle «Toro». «Afa questi acquisti e vendite non andavano contro l'interesse della Centrale*? è la domanda. «JVon risultò, nel 1980 quando facemmo una indagine su questo, che ci fossero stati effetti negativi. Né abbiamo pensato che ci fosse un interesse personale dell'amministratore delegato Lauro*. A questo punto interviene la difesa di Calvi -chiedendo delucidazioni* su un libretto («un piccolo conto nero» lo ha definito in interrogatorio l'allora direttore generale della Centrale Cappugi) dal quale — emerge dalla risposta Calvi — sarebbero stati staccati assegni a favore di Lauro e Canesi. 'L'esistenza di questi libretti — precisa Calvi — era uno strumento integrativo degli emolumenti anche dei dirigenti e venivano alimentati occasionalmente da introiti che le operazioni della società potevano consentire*. •Il tutto — sottolinea Calvi — era gestito direttamente dal presidente Canesi e dall'amministratore delegato Lauro utilizzando l'opera del direttore generale Cappugi solo per compiti esecutivi*. E ancora insiste il potente finanziere: «La gestione sfuggiva anche al mio controllo, ma non a quello del presidente e di Lauro*. L'attenzione dei giudici si sposta sui motivi che hanno portato all'acquisto di unmllione 100 mila «Toro» dall'estero benché ci fosse un patto di sindacato proprio sulle «Toro» che assicurava alla Centrale la maggioranza di voto. «C'era il timore — spiega Calvi — che Zanon cedesse il suo pacchetto benché ciò fosse esplicitamente escluso dal patto*. *Ma — incalza l'accusa — la decisione di vendete 329.600 azioni Toro non era in contrasto con l'interesse della Centrale?*. -Non ci furono ripercussioni negative sull'azione di rastrellamento* è la replica di Calvi. 'Rimane però— osserva a questo punto il presidente — la contraddizione logica di una vendita così grossa in presenza di una scalata*. L'acquisto fatto da Lauro, conclude Calvi, non rientrava nel programma di rastrellamento che ci eravamo posti e quindi non poteva neppure essere finanziato. Affrontando il secondo capo d'imputazione, quello sull'operazione Credito Varesino, Roberto Calvi spiega che nella trattativa per l'acquisto titoli condotta dal professor Pagliazzi (defunto) si parlò solo di 2.400.000 azioni «Varesino» e non di altre che pure, apprese poi, erano rimaste alla Invest della famiglia Bonomi. «Afa questo lo poteva sapere chiunque consultando il bilancio 75 della Invest* obietta il pm. -Al momento della trattativa (4 mesi dopo ndr) il dato poteva esere cambiato* è la difesa del finanziere. -Furono informati tutti i consiglieri — ha precisato il presidente della Centrale — anche Valeri Manera che era all'ospedale. Solo non ricordo quando*. L'accusa sostiene invece che un primo pacchetto di 2.400.000 e un secondo di 900.000 furono di fatto negoziati insieme anche se il passaggio del secondo, dopo un «giro» estero fu registrato mesi dopo. All'obiezione che dai verbali di consiglio della Centrale si capisce che l'operazione fu unica. Calvi replica: -Non penso che si possa attribuire alla Centrale la messa a verbale di un reato*. Infine i rapporti con Geli;. Calvi lo conosce da due anni e gli ha parlato dell'inchiesta a suo carico «come con centinaia di altre persone*. Marzio Fabbri

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