Sindona finanziava la dc anche giocando in Borsa di Ruggero Conteduca
Sindona finanziava la dc anche giocando in Borsa Lo ha dichiarato Scarpitti davanti alla commissione Sindona finanziava la dc anche giocando in Borsa ROMA — Alla fine, Raffaello Scarpitti ritratta. Dinanzi a Carlo Bordoni, prima braccio destro di Sindona e poi suo grande accusatore, l'avvocato, già consulente della de, si arrende e finisce con l'ammettere come, anche attraverso operazioni di Borsa, Sindona finanziava la democrazia cristiana. E' stato lo stesso Bordoni a raccontare ieri ai componenti della commissione Sindona come venivano elargiti i miliardi alla de facendoli passare come leciti guadagni provenienti da attività speculative. Fu lui stesso, anzi, ha spiegato Bordoni, a inventare il «sistema». In totale, fra il '73 e il '74 nelle casse della de furono versati 1 miliardo e novecento milioni, più altri due miliardi concessi, su personale intervento dell'ailora segretario Fanfani, alla vigilia della campagna sul divorzio (primavera del'74). n trucco, anche se scorretto, non era complicato: Sin- dona di volta in volta stabiliva quanto bisognava dare alla de e lo comunicava a Bordoni, all'epoca amministratore delegato della Banca Unione; quest'ultimo passava l'ordine a Signorie uno dei più abili agenti di Borsa milanesi, legato al gruppo Sindona Signorie effettuava, allora alcune operazioni di Borsa: se si chiudevano in attivo, i soldi venivano versati sul conto di Scarpitti (ossia della de), se invece terminavano in passivo, questo se lo accollava la Banca Unione. La de, in ogni caso, ci guadagnava sempre. Questo tipo di operazione, definita in gergo «senza rischio», avveniva tra l'altro, ha spiegato ancora Bordoni, in maniera irregolare. La legge bancaria, infatti, prevede che il commissionante versi all'agente di Borsa come cauzione una quota pari al 25 per cento dell'importo totale dell'operazione. Ma la regola non fu mai osservata. Nemmeno in occasione delle due operazioni condotte da Signorio per conto della de e di cui si è parlato nel confronto di ieri fra Scarpitti e Bordoni e in quelle della scorsa settimana fra lo stesso Scarpitti e Signorio. Signorio raccontò che nella seconda delle due operazioni, effettuata in coincidenza con il diniego del ministro sull'aumento di capitale della Fi nambro (l'operazione auspicata da Sindona e che avrebbe dovuto salvare il gruppo dal fallimento), vi fu una perdita secca di 450 milioni. Nessuno però gli ridette una lira: né Scarpitti (che agiva «senza rischio») né, questa volta, lo stesso Sindona, ormai sull'orlo del baratro. Scarpitti dinanzi a Signorio negò, sostenendo che fra le due operazioni vi fu compensazione e che quindi né lui né la de (per conto della quale, ha precisato lui stesso, ha sempre agito) gli dovevano una lira. Ieri, invece, messo alle strette da Bordoni e da una richiesta (poi respinta) di incriminazione per falsa testimonianza avanzata dal comunista D'Alerna, ha finito con 11 confessare la verità: «Non ci fu mai compensazione». ha detto. Più difficile per i commissari è risultata la ricostruzione dei finanziamenti passati attraverso le due società della de con sede a Vaduz: la Usiris e la Polidar, che agivano sul mercato internazionale dell'acquisto e vendita di materie prime (rame, zinco, ecc.). Siccome i loro traffici passavano attraverso alcune banche svizzere, è stato impossibile ricostruire l'entità degli utili e verificare le accuse di Bordoni. Per concludere il capitolo dei finanziamenti ai partiti, la commissione ascolterà mercoledì prossimo ring. Trotta, un professionista milanese legato al psi. Facendo il suo nome si è voluto accreditare il sospetto che anche il psi prese soldi da Sindona Sembra, invece, che si tratti di una calunnia per cui, su richiesta dello stesso Trotta, il presidente De Martino ha deciso di ascoltarlo. Ruggero Conteduca
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