«La crisi regionale provocata a Genova da dc e pci solo per scopi elettorali» di Clemente Granata

«La crisi regionale provocata a Genova da dc e pci solo per scopi elettorali» Duro atto d'accusa dei partiti laici dopo il voto a sorpresa in Consiglio «La crisi regionale provocata a Genova da dc e pci solo per scopi elettorali» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Il colpo di scena della crisi regionale arroventa il clima politico a pochi giorni dalle elezioni per il Comune, deteriora i rapporti dei partiti laici sia con la de sia con il pei e rende ancora più grave e drammatico il problema della governabilità degli Enti locali liguri. Le dimissioni della giunta laica (psi, pri, psdl e pli), minoritaria e a «termine», che si reggeva con un appoggio esterno o con l'astensione dei democristiani, sono venute mercoledì notte dopo una giornata nervosa e convulsa, dominata dal dibattito in Consiglio regionale sulla P2 (due assessori socialisti Teardo e Fossa, autosospesisi un mese fa sono sospettati infatti di essere implicati nella vicenda della Loggia massonica). La «questione morale» dunque era al centro del dibattito. Ma agli occhi i molti osservatori essa ha finito con il perdere 1 suoi connotati iniziali: i bizantinismi politici hanno finito per avere il sopravvento. SI è incominciato con la ridda degli ordini del giorno: uno della giunta, uno comunista, uno democristiano e uno del movimento sociale. I comunisti sollecitavano in modo esplicito un voto di sfi¬ ducia nei confronti del governo regionale, ritenuto incapace di affrontare i molteplici e complessi problemi dell'Ente locale. I democristiani non parlavano di sfiducia, ma indicavano «te forze politiche che avevano permesso il funzionamento della giunta in carica a consentire la costituzione di un valido governo regionale-. Non c'era dunque la diretta richiesta di un voto di sfiducia, ma, di fatto, almeno secondo l'interpretazione datale dai laici, la mozione democristiana implicava l'apertura di una crisi. L'ordine del giorno comunista era respinto a maggioranza, passava invece l'ordine de! giorno democristiano per la contemporanea astensione dei laici e dei comunisti. A questo punto il presidente della giunta, il repubblicano Persico, e gli altri assessori ritenevano opportuno trarre le conseguenze politiche che a loro avviso derivavano dalla votazione. E a tarda ora giungeva la notizia delle dimissioni. Dopo 7 mesi di esistenza alquanto tribolata la giunta laica aveva finito di governare. Ora i laici accusano democristiani e comunisti di aver voluto la crisi per scopi elettorali. «La de — afferma il presidente dimissionario Persico — ha volu¬ to dare all'opinione pubblica l'impressione che senza il suo apporto la Regione si paralizza, il pei ha voluto sottoporre alla massima pressione i socialisti sperando di poterne trarre il massimo risultato il 21 giugno e di fagocitarli.. I socialisti come i liberali e i socialdemocratici sono duri e sarcastici contro quella che chiamano -un'intesa di fatto- tra pei e de. Rilevano che essa avrà un unico effetto: quello di rafforzare i legami del partiti laici. Il pei replica ricordando che la giunta minoritaria era ormai una «finzione», specie dopo le dimissioni dei due assessori socialisti sospettati di far parte della P2 e precisando che il governo del laici aveva provocato una -caduta di ruolo dell'istituzione regionale-, ruolo che invece occorre recuperare al più presto. La de in una conferenza stampa rileva che ha insistito più volte perché i laici abbandonassero la loro 'ambigua equidistanza tra democristiani e comunistie si arrivasse a un chiarimento politico (vale a dire: ingresso dei democristiani in giunta e formazione di un pentapartito). Sostiene che «te dimissioni della giunta sono state un'autonoma decisione dei partiti che la componevano-. Clemente Granata

Persone citate: Persico, Teardo

Luoghi citati: Genova