Il gioco dei codici segreti di Giampaolo Dossena
Il gioco dei codici segreti Il gioco dei codici segreti Il codice segreto della P2 è una cosa da bambini. Si dice che l'abbia inventato a suo tempo un appartenente ai nostri servizi segreti: non è vero niente, l'ha inventato nel 1S18 un monaco benedettino di Wurzburg, Giovanni Tritemio. La «chiave» fu stampata e ristampata varie volte in un libretto latino, fu tradotta in francese nel 1561, fu plagiata da un certo Domenico di Hottingen nel 1620, che ci aggiunse di suo soltanto una prefazione per descrivere le gran difficoltà che aveva affrontato per «inventarlo». Questo presunto «codice Gelli» e considerato oggi il più elementare dei codici segreti, non lo adopera più nessuno, lo si descrive nei libretti per ragazzi intitolati «Code games» (giocare coi codici segreti) che si vendono in America a mezzo dollaro. E' un'applicazione appena un pochino più complica¬ ta di quel codice segreto «a disco mobile» che aveva inventato Leon Battista Alberti nel 1466 (secondo altri nel 1467). Che nessuno sappia queste cose in Italia fa onore alla nostra onestà. Che molti abbiano pensato: «Guarda che diavolo d'uomo, Gelli! Aveva anche un codice segreto!», è una punizione nazionale per il fatto che siamo stati noi, in Italia, a inventare i codici segreti. La storia dei codici segreti, nati in Italia nel Rinascimento, ha poi fatto negli ultimi 450 anni tanta di quella strada che noi non ci immaginiamo neanche. In un recente libro pubblicato da Mursia, «Il vero traditore», Alberto Santoni ha spiegato fra l'altro che le navi della nostra Marina andarono a picco, a Capo Matapan e altrove, solo perché il nemico aveva un marchingegno, chiamato «ultra», che decodificava i nostri messaggi segreti come scartoc¬ ciare una caramella. Poi, dopo, con l'elettronica, le cose si sono ancor più raffinate. Oggi anche l'«ultra» sembra un gioco da bambini. Chi volesse sapere qualcosa di queste storie potrebbe leggere un libro di un americano, David Kahn, che è stato recentemente tradotto in francese (ma non in italiano, siamo alle solite). Però ci sarebbe da chiedersi un'altra cosa. Forse è proprio vero che il «codice Gelli» l'ha «inventato» un agente dei nostri servizi segreti. Forse abbiamo servizi segreti che non sanno le lingue straniere, anzi che non sospettano l'esistenza delle lingue straniere. Osservatelo: il «codice Gelli» è costruito, all'italiana, su un alfabeto di 21 lettere. Appena Gelli avesse dovuto cifrare un nome straniero, con qualche J, K, W, X, Y, la macchinetta sarebbe andata in tilt. Giampaolo Dossena
Persone citate: Alberto Santoni, David Kahn, Gelli, Giovanni Tritemio, Leon Battista Alberti
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