Battaglin, lezione di umiltà al ciclismo dei ricchi

Battaglin, lezione di umiltà al ciclismo dei ricchi Battaglin, lezione di umiltà al ciclismo dei ricchi Il doppio successo in Spagna e in Italia è significativo: nessuno degli altri invece andrà ora al Tour, preferendo i facili ingaggi dei circuiti notturni ■ Appuntamento per tutti fra due domeniche per il campionato tricolore Il sessantaquattresimo Giro d'Italia è stato molto bello per concorso di folla e impegno di corridori. Tecnicamente, e nonostante la media alta, superiore ai 37 orari, non ha detto cose importanti, e i ciclisti sono apparsi bravini tutti, bravi pochi, eccezionale nessuno. D'altronde si sa che per avere una corsa sempre tesa, una classifica sempre viva, con ordini d'arrivo sempre bene frequentati, è molto meglio non ospitare nella corsa alcun supercampione. Ci sono state, nel Giro 1981 otto maglie rosa (Knudsen, Bontempl, Braun, Moser, Saronni, Visentin!, Contini, Battaglili), le ultime conque tutte sulle spalle di corridori candidati addirittura al successo finale. Le giornate stracche sono risultate assai poche. Oli interventi del caso sono stati limitati e non hanno ferito profondamente la logica della corsa. La vittoria di Battaglin è cosa ottima dal punto di vista umano, è un premio all'agonismo, è un omaggio alla virtude più riverita nel ciclista, cioè l'attitudine alla grande montagna. Battaglin poi ha vinto per una somma di meriti acquisiti e nella corsa e nella vita. Il suo arrivo all'Arena, con la gente che gridava «Giovanni/» (dai tempi di Felice Gimondi soltanto Francesco Moser aveva avuto diritto al nome proprio, nell'invocazione dei tifosi), è sembrato un approdo dopo tanta vita grama. Battaglin ha pati¬ to guai assortiti, si è indurito il carattere, ha fatto sacrifici enormi, anche sul piano sessuale. E' uscito dal tunnel della chimica dopo molte paure. Davvero una grossa lezione, la sua. Alla fine del Giro lui. che pure è bellissimo di fattezze, appariva distrutto dalle fatiche di due corse (prima del Giro aveva vinto la Vuelta, come Merckx e solo Merckx nel 1973). Dicono che in Spagna è ora molto amato perché ricorda, nel viso sofferto e nei corrucci, i grandi toreri. Moser e Saronni, e per l'economia futura del nostro ciclismo soprattutto Saronni, hanno assai patito Battaglin, ed è probabile che Saronni abbia imparato, pur con un travaglio eccessivo per eccessiva cattiveria del pubblico (il perché non si sa), tanta ma tanta umiltà. Battaglin, oltre a fare del bene al ciclismo, ha probabilmente tatto del bene a molti ciclisti: Saronni, appunto, che è scoppiato in lacrime dopo l'ultima «recita» da duro davanti alla tivù, Contini che era troppo giovane e intanto troppo prudente per vincere, Visentini che pedala bene ma soffre «male», persino Moser che dovrà fare di più per gestirsi con dignità e onori il tramonto. Battaglin ha poi spiegato alcune cose ai giovani: per esempio li ha convinti che, se anche non si è cari agli dei e baciati da essi con la classe somma, di cristallo, si può vincere un Giro d'Italia. A questo punto, ecco, vorremmo che qualcuno dei battuti in un Giro duro ma non durissimo, teso ma non drammatico, pesante ma non straziante, annunciasse che va al Tour. La corsa francese parte il 26 di questo mese, finisce il 19 luglio. Non è prevista la partecipazione di qualche italiano come nel 1980. Battaglin ha già fatto la Vuelta e il Giro (e non è morto, e ha vinto le due prove), sta a posto. Ma gli altri pensano davvero di dovere e potere spegnere, adesso, la luce, tenendo accesa casomai la «veilleuse» dei circuiti a ingaggio? Da qui al campionato del mondo (Praga. 30 settembre) non abbiamo in programma nessun grande appuntamento internazionale, e in Italia ci sarà parata di tutti soltanto per la gara tricolore, il 21 a Compiano, in Emilia, con tipi stressati nella maniera peggiore, cioè dalle garette in notturna. Due anni fa Battaglin fu l'unico italiano «vivo» al Tour de France, dove vinse anche il gran premio della montagna. Vien da pensare che la sua maglia rosa di Verona sia stata tessuta sin da allora: e il suo successo al Giro 1981 appare ancor più un atto di giustizia. Gian Paolo Ormezzano Giovanni Battaglin racconta il suo Giro all'Arena di Verona