Il «conzumo» di spropositi alla tv

Il «conzumo» di spropositi alla tv LA LINGUA CHE PARLIAMO Il «conzumo» di spropositi alla tv Leggo su un giornale ad ampia tiratura lo sfogo di un lettore che si lamenta di numerose ed ostinate inflessioni romanesche nei notiziari e nelle interviste della Rai-Tv. Egli cita dibbattito, conzumo, prosciesso che si sentono frequentemente e si domanda: iA quando la "riforma" del vocabolario Rai?*. Ci fu un tempo in cui ad una pronunzia su un modello italiano normalizzato la Rai si atteneva ed esisteva perfino una specie — come dire? — di scuola per evitare inflessioni dialettali. Durante il fascismo sorse la questione del cosiddetto asse Roma-Firenze, sostenuto in particolare dall'accademico Giulio Bertoni che. nei casi in cui la pronunzia romana differiva da quella di Firenze, come nella pronunzia di e aperta e chiusa (lèttera invece di lèttera), di o aperta e chiusa (colónna invece di colónna) o ài s fra vocali (come nella diversa pronunzia di rosa) proponeva dì dare la precedenza a Roma adducendone la ragione che Roma era la capitale d'Italia e doveva dunque prevalere. Si trattava pur sempre di qualche cosa di non interamente naturale perché ogni pronunzia proposta come modello deve pur sempre rinunciare a certe caratteristiche. Del resto, anche i più accaniti sostenitori del toscano o meglio del fiorentino non hanno mai proposto di pronunziare amiho e viholo invece di ami¬ co e vicolo: né i sostenitori della pronunzia romana hanno mai raccomandato di dire libbra o dibbattito. Non c'è dubbio che, dopo la guerra, ad un periodo di grande attenzione per una pronunzia modello è succeduta un'era di notevole permissivismo che alcuni giudicano severamente, altri favorevolmente. Direi, però. che. per quanto riguarda gli annunciatori e le annunciatrici e, in generale, chi parla alla radio o alla televisione, non è tanto la pronunzia che dà noia quanto troppo frequenti spropositi d'accento: cosi è accaduto di sentire in tràlice invece di in tralice, caldèa invece di càvea ed altri simili spropositi. Ma è da dire che non solo si pronunzia male ma si scrive con errori come avvenne quella volta in cui comparve in televisione una scritta con un accellerare con due il, chiaro indizio di meridionalismo. Ma il conzumo citato dal lettore mi ricorda un testo giornalistico in cui si leggeva: «Qui si affaccia una variante assai interessante, sebbene ancora teorica e forze utopistica*. Anche quel forze per forse ci riporta sicuramente al Sud e. direi, nel caso in questione, a Roma anche se nel testo Roma non è indicata. Alla base dell'errore scritto vi è. a mio parer e. l'uso del telefono per trasmettere articoli da pubblicare sui giornali. Si assiste cosi al curioso fatto che il linguista riesce a carpire, sotto la superficie, il luogo d'origine di chi telefona o di chi riceve la telefonata. Sarà curioso notare che a Pisa e a Lucca nel Duecento si riscontra negli scrittori un caso inverso a quello ora citato. In essi leggiamo Provensa per Provenza, sofferensa per sofferenza ecc. Si tratta dell'estensione di un fenomeno settentrionale nella Toscana nord-occidentale. Bonagiunta Orbicciani. il poeta lucchese posto da Dante fra i golosi, usa conoscensa per conoscenza, sottigliansa per sottiglianza, dissimigliansa per dissimiglianza e via dicendo. Per tornare agli articoli trasmessi per telefono, ho notato un altro esempio in cui si accenna «all'astensione o all'annullamento delle schede portato avanti con determinazione... dai radiali e con una certa aria di festoso distacco daaltri gruppi*. Quel radiali per radicali mi richiama tanto alla mente la Toscana occidentale (zona di Pisa e di Livorno, per intenderci) dove si dice violo per vicolo, amìo per amico, la asa per la casa, portando fino alla distruzione l'aspirazione propria di Firenze. Gli esempi che abbiamo dato vorrebbero essere un invito a riflettere sul fenomeno «lingua», che è il mezzo di comunicazione per eccellenza, al quale sarebbe opportuno guardare come ad un bene da non trascurare. Se una certa libertà di pronunzia dà l'immagine della composita real tà italiana, tanto che un Be nedetto Croce, quando parlava, faceva sentire chiaramente la sua origine ed altrettanto si può dire di tanti altri grandi italiani, l'attenzione per la lingua è certo essenziale perché si tratta di un fatto di cultura primordiale ed irrinunciabile. Tristano Bolelìi

Persone citate: Bonagiunta Orbicciani, Giulio Bertoni, Tristano