Il turista non va dalla Sibilla di Luciano Curino

Il turista non va dalla Sibilla VISITANDO I LUOGHI DI VIRGILIO A DUEMILA ANNI DALLA MORTE Il turista non va dalla Sibilla Napoli commemora il poeta - Alla lettura delle «Bucoliche», nel Teatro di Corte inverosimilmente affollato, sono accorsi giovani fin da Caserta e da Salerno - Ma poche persone raggiungono, nella stupenda zona flegrea, l'antro della divina veggente - Manifestazioni per rilanciare, con questa, le località descritte nell'«Eneide»: Capo Miseno, Procida e Clima DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NAPOLI — Una tomba scavata nel tufo a Fuorigrotta: secondo antica tradizione, duemila anni fa vi è stato sepolto Virgilio. Ma non si può giurare. Prove non ce ne sono, si può soltanto affermare che questo è un colombario romano, costruito nel periodo augusteo. Dove si onora il poeta potrebbe essere sepolto chiunque: giovane o vecchio, valent'uomo o briccone. E' più probabile che la tomba di Virgilio fosse lungo l'attuale riviera di Chiaia. dov'è Villa Comunale. Tomba andata poi persa, per un motivo o per l'altro. Ma, si afferma, il ricordo di Virgilio nella città che tanto amava .era troppo vivo perché si potesse rinunciare a localizzarne almeno ipoteticamente la memoria e renderla ancora al visitatore, nel parco folto delle vegetazioni descritte dal poeta». Già nel Medioevo i napoletani, il 20 settembre anniversario della morte di Virgilio, non sapendo dov'era il luogo della sepoltura andavano a onorarlo al colombario di Fuorigrotta, sulla via di Pozzuoli. Ma è nel Cinquecento, è l'Umanesimo che vi 'Scopre' qui la tomba e pone una lapide. Il posto è molto bello, suggestivo, con quercioli e alloro. A pochi metri, in un ombroso recesso tra arcate tufacee, vi è il sepolcro di Leopardi. «Da sempre si discute se la tomba di Virgilio è vera o presunta», dice il professor Marcello Gigante, direttore dell'Istituto di Filologia classica dell'Università di Napoli. «Per la tradizione è autentica, e le tradizioni meritano rispetto. Comunque non è tanto questo che conta, ma è 11 tatto che Virgilio non è uno sconosciuto a Napoli, qui anzi è di casa». 17 professor Gigante è nel comitato per le celebrazioni per il bimillenario della morte del poeta. Affezionato a Napoli, Virgilio vi trascorse gran parte della vita. Era un padano, figlio di contadini di un paese vicino a Mantova, che male si adattava nella Roma troppo politica, intrigante e mondana e «con un'onda immensa di salutatori». Poco prima dell'uccisione di Cesare, usci dal tumulto di Roma e si recò nella tranquilla Napoli, «ai porti sereni della felicità». per studiare filosofia alla scuola di Sirone. Di tanto in tanto, nel rasserenato clima di Augusto, andava a Roma e vi restava per periodi più o meno lunghi. Ma appena poteva ritornava a Napoli per una vita ritirata e tranquilla, e di lavoro. «E' certo che le Georgiche, le ha scritte a Napoli, dal 37 al 30 avanti Cristo», dice il professor Gigante. «Lo afferma lui stesso nell'ultimo canto». Napoli era città di trentamila abitanti, più greca che romana. Pare che Virgilio avesse una villetta con orticello sulla collina di Posillipo. Il miliardario Mecenate aveva villa con vasto parco davanti alla baia di Santa Lucia, a Mergellina vi era la villa estiva dell'influente Asinio Pollione. Erano amici e ammiratori del poeta, che era sovente loro ospite. Nel 19 avanti Cristo Virgilio andò in Grecia, dovendo incontrarsi con Augusto e volendo controllare certi luoghi e particolari legati aWEneide. Si ammalò, lo rimpatriarono, morì a Brindisi. Aveva cinquantun anni. Non si sa se lui stesso chiese di essere sepolto a Napoli, ma è probabile. E' certo, invece, che chiese di bruciare /Eneide. Perché era un perfezionista: non aveva potuto dare l'ultima mano al poema ed era insoddisfatto di alcuni versi, sicché non voleva la pubblicazione. Afferma il grammatico Elio Donato che Virgilio in punto di morte «richiese insistentemente le cassette contenenti il manoscritto, con l'intenzione di bruciarle egli stesso; ma poiché nessuno gliele portava, non prese alcuna specifica disposizione per il poema, ma d'altro canto affidò a Vario e insieme a Tucca i suoi scritti, ma a patto che non pubblicassero nulla che egli non avesse già pubblicato».. Ci fu però l'intervento di Augusto. Scrive Plinio il Vecchio: «Il divo Augusto, contrariamente alla timida riservatezza del testamento di Virgilio, proibì che fossero bruciate poesie sue». E1 "Eneide fu pubblicata. Napoli commemora il bimillenario della morte del poeta con una serie di manifestazioni che «assumono in questo momento il significato simbolico di un ritorno alle origini della cultura e della vita stessa della Campania per attingere a codeste origini lo spirito e le energie necessarie per la rinascita della nostra terra». // professor Gigante cura le 'Lecturae Vergilianae' e la scorsa settimana si è concluso il ciclo delle Bucoliche, che per dieci giorni ha affollato inverosimilmente il Teatro di Corte, ed erano soprattutto giovani, molti venuti da fuori Napoli, fin da Caserta e da Salerno. In ottobre si avrà il Ciclo Georgico e alle 'Idi di marzo- del prossimo anno incomincerà la lettura dell'Eneide. Tra le molte altre manifestazioni, una delle più importanti è quella curata dal professor Massimiliano Vajro, presidente della Promotrice Belle Arti, che riguarda i luoghi descritti nell'Eneide: Capo Miseno, Procida, Cuma, l'antro della Sibilla, il Lago Averno. Siamo nel regno del mito e della leggenda, della storia e della poesia. E' uno dei posti più suggestivi del mondo, e uno lo immagina perennemente affollato di turisti, ma non è così. A Sud di Napoli, Pompei attrae ogni anno centinaia di migliaia di persone, ma poche vengono qui, nella zona Flegrea. Eppure, ha scritto Guido Piovene, «il momento più alto del giro archeologico della Campania è a Nord di Napoli, è Cuma» e ha aggiunto che «Cuma è tra i luoghi maggiori d'Italia». Un fascino misterioso emana dai resti dei templi della città adesso morta, ma che era splendida, fiore delle colonie elleniche, quando Roma era un villaggio. Al di sotto delle porte dell'acropoli, la Sibilla aveva il suo regno, e vaticinava. Si può dire che non è un mito ma che è esistita veramente una sibilla, ed era una veggente o una medium, come ce ne sono oggi, che emanava oracoli a una folla in religioso silenzio, e sgomenta. Anche Virgilio fu un giorno tra questa folla e fu allora che immaginò la Sibilla vaticinare la futura grandezza di Roma, al primo approdo di Enea su terra italica. In quei tempi l'antro della divina veggente era circondato da boschi «fitto rifugio di fiere». Non ci sono più fiere, oggi, il bosco è rado, ma la grotta 4 come la vide il poeta: profonda centotrenta metri, larga quasi tre e alta cinque, con grandi aperture e gallerie laterali, «speco tremendo onde gli stolti non tornano indietro e dove i saggi non ardiscono penetrare», disse Petrarca dopo averlo visitato «con animo eccitato». Vicino è il promontorio Miseno, che trae il nome dal compagno e trombettiere di Enea, che qui affogò: sulla vetta del promontorio Virgilio pose il rogo funerario dello sventurato. Miseno fu porto militare di Roma, pieno di triremi e quadriremi con i rostri, e chiassosi marinai ovunque, sui ponti e sul lido. Così lo vide Virgilio. Il poeta seppe però immaginarlo silenzioso e quasi deserto: soltanto le poche e piccole navi di Enea all'ancora. La flotta romana stazionava alla fon- da del chiuso bacino di Maremorto, ma qui la poesia vi vide soltanto la barca del traghettatore Caronte e nel Maremorto identificò la Palude Stigia. Questa è terra dalla quale sgorgano acque bollenti e si alzano lenti fumi di zolfo, con brontolìi di vulcani: scenario propizio alle leggende, e l'immaginazione eleva a culto il terrore. Qui fu posto l'ingresso dell'oltretomba. dell'Aver- no, il cui lago omonimo è poco distante: lo chiamarono Averno, che significa senza uccelli, i greci colonizzatori, perché gli uccelli che lo sorvolavano cadevano morti, uccisi dalle esalazioni vulcaniche. Il lago, immobile e cupo, è ancora come apparve a Virgilio, che vi veniva a meditare sul mistero della morte. Un basso crinale separa Cuma, e i Campi Flegrei con i crateri dei vulcani spenti e quello fumigante della Solfatara, dalla felice Baia «con i grandiosi impianti, e con il lussò, la mondanità e la cronaca scandalosa di una città termale», secondo la descrizione dell'archeologo Maiuri. E' difficile pensare Virgilio a Baia, lui che era solitario e misogino e che gli affezionati napoletani avevano soprannominato «parthenias», che vuol dire verginella, appunto perché schivo e riservato come una fanciulla. Nel busto di marmo presso la tomba di Fuorigrotta, Virgilio appare delicato, di una bellezza classica. Ma vi sono fonti che lo descrivono invece massiccio, con tratti pesanti di contadino padano, che ha avuto onori e l'amicizia dell'imperatore, ma ha sempre avuto nostalgia del suo campicello nel Mantovano, sulle sponde orlate di canne dell'errante suo Mincio, con i «pascenti nivei cigni nel fiume dalle rive erbose». Luciano Curino

Persone citate: Caronte, Chiaia, Cristo Virgilio, Elio Donato, Guido Piovene, Maiuri, Mantovano, Marcello Gigante, Petrarca