L'atleta sconfitto dell'ultimo Volponi di Lorenzo Mondo

L'atleta sconfitto dell'ultimo Volponi «IL LANCIATORE DI GIAVELLOTTO»» L'atleta sconfitto dell'ultimo Volponi Paolo Volponi sta cercando di cambiare strada, di uscire dal suo mondo di lunatici e bizzarri, di personaggi arsi dalla febbre dell'utopia. Le avvisaglie c'erano già tutte nel Pianeta irritabile, nei sozzi cavalieri dell'Apocalisse che si aggirano in una terra desolata, dove non è sicuro che torni a germinare l'uomo, a irradiarsi carità e ragione. Era un libro in qualche modo manieristico, nato sotto la spinta di una suggestione d'ordine pittorico. Ma di manierismo si può parlare anche di più per // lanciatore di giavellotto (ed. Einaudi, lire 10.000), un romanzo in qualche modo strano, che ha tutta l'aria di essere una resa dei conti, una ricapitolazione di tempi importanti della propria vita e della propria formazione culturale. Bisogna rendersene persuasi, evitando una lettura troppo realistica alla quale sembra invitarci talora lo stesso autore: una lettura che finirebbe per risultare banalizzante. Voglio dire che solo in una certa coscienza della ripetizione e della dilatazione si può leggere con profitto // lanciatore di giavellotto, evitando di premere troppo il pedale sociologico e ideologico. Il piccolo Damiano, Dami'n, cresce in una casa di Fossombrone, nelle Marche, dominata dalla figura del nonno paterno, che è un ispirato vasaio, ma anche un uomo di grande vitalità e mitezza. E' lui il polo positivo del romanzo. D ragazzo lo ammira senza riserve, così come adora la madre, la «cittadina» insofferente di campagnole trascuratezze, che sembra fatta di una creta pastosa e morbida. Da min quasi si confonde, protettivo, con la sorella Vitina. Ignora il padre, che progetta avventurosi arricchimenti, lontano dalle tradizioni della famiglia. Già si delineano le prime opposizioni, di carattere affettivo, ma anche sociologico e culturale: la passione per un artigianato di radici popolari contro le seduzioni bastarde di una nascente industria patrocinata dal regime fascista. Siamo nei primi Anni Trenta, e la storia si apre con il respiro calmo, la luce sospesa che Volponi sa catturare dai paesaggi della sua terra: «Dalla metà di ottobre, con la mattina che batteva più bianca alla finestra e con il rumore del fiume ormai dentro la casa, la nuvola e il fico erano diventati un riferimento fisso per Damiano Possanza». Un altro riferimento fisso per il ragazzo diventerà presto il rudere in fondo all'orto dove la madre incontra l'amante, il centurione Marcacci. Gli. stivali, il pugnale alla cintola, la figura ribalda sono le manifestazioni di una prepotenza che, nel possesso della madre di Damiti, si fa sacrilegio, impoverisce e sporca i colori della vita. Finisce bruscamente una infanzia, comincia una adolescenza torbida, dolorosa: Danni) «stava aggrappato al muro sotto le scariche di dolore e di freddo, vergognoso di fronte al muro stesso, ai mattoni che stringeva, alle fessure attraverso cui vedeva; con una vergogna piena di pietà anche per tutti i giochi che innocente e lieto aveva svolto in quei luoghi». Reagisce alla scoperta atroce che lo strappa all'inconsapevolezza e alla fiducia, abbandonandosi a un autoerotismo sempre più ossessivo. E' la sua risposta mortificata e vendicativa alla confusione dei rapporti umani, al «tradimento» della madre. E' il ripiegamento depressivo di un narcisista che cerca di consolarsi con le vignette dc\YAvventuroso, serbandosi incorrotto per la perenne giovinezza di Luana, «la vergine regina» di Cino e Franco. Damili non rinuncia tuttavia a indagare sui segreti appena conosciuti, frequenta la bottega di Occhialini, il calzolaio anarchico. Questi, seguendo la sua vocazione didascalica, cerca di spiegargli gli arcani della sessualità, di smitizzarli, di rivelarne la forza di comunicazione umana, al di là dell'egoistico maschilismo, della trivialità. Da questo punto le pagine urtanti, lessicalmente provocatorie, che lasceranno trasecolato più di un lettore, si accompagnano a quelle soffuse di rugiada populistica, non senza ariose, stupefatte aperture di verità umana e poetica. Ma un'altra opzione si offre per qualche tempo a Damiti, ed è l'esibizionismo, l'assunzione di Marcacci a modello paterno. Anche lui attraversa, come buona parte degli italiani. quelli che Renzo De Felice ha definito, in rapporto al fascismo, gli anni del consenso. Prima al campo sportivo e poi ad Ancona, si afferma come campione juniores nel lancio del giavellotto, impadronendosi incidentalmente della sua più vera natura, del suo destino. Acontistés. in greco, «vuol dire anche lanciatore di dardi, lanciatore di sguardi, lanciatore di desideri... lanciatore di se stesso». Fino a dove? Oltre l'ostacolo, secondo i dettami dell'etica mussoliniana. Può allora farsi delatore, denunciare Occhialini, ritrovare perfino una pace fittizia quando Marcacci lascia Fossombrone inseguito dagli scandali, parte per l'Abissinia a riscattarsi con quel suo pugnale. Dami'n, che ha riconquistato il possesso della madre, non riuscirà però a uscire dal vaso di se stesso, non gli gioverà neanche la scuola dell'arte, i primi risultati conseguiti con mano precisa e duttile. Si vedano le bellissime pagine del suo rapporto inconcluso con la lavorante, del suo orrore per il sesso che gli è sempre apparso come corruzione e violenza, esercizio solitario della disperazione. E quando sospetta che la corruzione possa sfiorare la sorella, non esita a ucciderla. La festa rurale addomesticata, le bevute, il ballo, le iniziazioni amorose si decantano nella luce terrificante e espiatoria della tragedia. Dami'n. negato alla maturità, farà giavellotto di se stesso scagliandosi dall'alto di un ponte, nel buio. Sul tempo dell'oltranza erotica prevale alta fine quello del dolore, di un rifiuto immacolato e feroce. Mi pare, a lettura conclusa, che nella prima parte del romanzo sia fortissima la suggestione di Moravia (Agostino) anche se quella pena attutita e vischiosa qui si fa gridata e lacerante. La psicoanalisi, così presente e autorevole, la vedrei volentieri mediata (come lasciano sospettare certe fangose digressioni «africane», ispirate al culto della pagina stravagante) dal Gadda di Eros c Priapo, che argomenta con vigore impareggiabile lo smarrimento collettivo del Logos, la degenerazione dell'Eros sulla tragica scena del ventennio nero. E Occhialini, l'anarchico proverbiarne che ritorna dall'esilio, giusto in tempo per riprendere la lotta contro la dittatura? Vorrei vederci un omaggio (quasi una citazione) agli entusiasmi civili e ai candori del neorealismo, pur desiderando un più netto distacco a marcare questa riappropriazione e liquidazione del passato. Dalla quale si stacca, irrinunciabile e fermo, il profilo castissimo della terra marchigiana. Di qui, sicuramente. Volponi può partire e tornare quando vuole. Lorenzo Mondo

Luoghi citati: Abissinia, Ancona, Cino, Fossombrone, Marche