Patto fra Piemonte e Sardegna per combattere la talassemia

Patto fra Piemonte e Sardegna per combattere la talassemia Sono millecinquecento gli isolani affetti da questo male Patto fra Piemonte e Sardegna per combattere la talassemia La Regione subalpina invierà, entro 1*81, diecimila flaconi di sangue e dal prossimo anno il doppio - Un fenomeno allarmante: nell'isola sono diminuite le donazioni CAGLIARI — Una convenzione stipulata tra le Regioni Piemonte e Sardegna assicura a quest'ultima, per il 1981, una fornitura di 10 mila flaconi di sangue da utilizzare per le trasfusioni ai talassemicl. Dal 1982 in poi i donatori di sangue piemontesi invieranno in Sardegna 20 mila flaconi annui. Un contributo di generosità e di altruismo che viene accolto con comprensibile commozione dai talassemici e dai loro familiari: il sangue è l'elemento vitale sul quale basano il loro futuro, dalla costanza e regolarità delle trasfusioni dipende la loro sorte. Per raggiungere più direttamente gli scopi che la convenzione persegue, i centri di raccolta del sangue in Piemonte saranno dotati delle schede dei talassemicl sardi con il loro fenotipo, cioè le caratteristiche del sangue. Si avrà in tal modo una donazione, se cosi si può dire, diretta, nel senso che si sarà individuata la compatibilità tra donatori e riceventi e questi ultimi avranno il sangue sempre dagli stessi donatori. Una specie di adozione, in cui il vincolo morale è rinsaldato dal fine che si raggiunge, che è quello di sottrarre l'ammalato a una fine che appare, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, ineluttabile. I talassemicl sardi sono 1500 ed hanno bisogno di ben altro che i 10 mila flaconi che verranno quest'anno inviati dal Piemonte. Perciò l'assessorato regionale alla Sanità vorrebbe stipulare convenzioni con altre Regioni e contemporaneamente promuovere una campagna per invitare i sardi a donare di più il sangue. II consumo medio di sangue in Sardegna si aggira annualmente sui SO mila flaconi. La gran parte viene utilizzata dai talassemici, il resto dai favici, a parte la quantità utilizzata negli ospedali per le necessità di routine. Il maggior consumo avviene nei mesi di aprile, maggio e giugno, quando — nell'epoca della fioritura e della maturazione delle fave — una malattia chiamata favismo, le cui origini sono ancora sconosciute, provoca nei soggetti predisposti che consumano questo legume (o anche che stiano in prossimità delle coltivazioni di fave) delle torti crisi emolitiche che possono portare i soggetti alla morte se non si interviene con pronte trasfusioni. Orbene, proprio in Sardegna si è registrato in questi uitimi anni un calo delle donazioni che sono passate da 22.905 nel 1977 a 19.462 nel 1980. Nei centri trasfusionali il fenomeno viene osservato cori evidente allarme, e soprattutto sono allarmati i talassemici e i loro familiari. Si teme anzi che la convenzione stipulata tra Piemonte e Sardegna induca i donatori locali a ritenersi liberati da quel vincolo che li aveva indotti sin qui alle periodiche visite ai centri trasfusionali. In realtà tutta la materia della donazione in Sardegna è soggetta a grande confusione. Sorgono spesso conflitti di competenze tra i centri trasfusionali che gli amministratori pubblici non riescono a dirimere; mancano i necessari collegamenti per il coordinamento del lavoro e per la distribuzione del sangue laddove se ne ha più necessità; spesso annose rivalità portano alle conseguenze che si possono immaginare. Si è detto prima che la sorte dei talassemici è segnata, e ciò avviene perché non si è ancora riusciti ad eliminare gli accumuli di ferro contenuti nel sangue, il che provoca danni irreversibili al sistema cardiocircolatorio. E' un destino al quale gli ammalati vanno incontro serenamente, ma che cercano di allontanare il più possibile, lottando giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Ma sarebbe grave, anzi delittuoso, se non avessero a disposizione le quantità necessarie di sangue e se fossimo noi, con il nostro disinteresse o, peggio, con le nostre beghe, a farglielo mancare. Antonio Pinna

Persone citate: Antonio Pinna