Così falliva nel '39 l'accordo con Parigi

Così falliva nel '39 l'accordo con Parigi retroscena dei negoziati a roma Così falliva nel '39 l'accordo con Parigi Il 17 dicembre 1938, poco dopo il riconoscimento francese dell'annessione dell'Etiopia da parte dell'Italia, Galeazzo Ciano denunciò gli accordi Mussolini-Laval del 7 gennaio 1935. Il giovane ministro degli Esteri non sapeva che compiva così qualche cosa di straordinario: cioè la denuncia di accordi che non erano entrati in vigore, perché una loro clausola ne legava la esecutorietà a quella di una convenzione sulla Tunisia, mai conclusa! La denuncia aveva però un preciso significato politico; tanto più che, due settimane prima, un discorso di Ciano alla Camera dei fasci e delle corporazioni era stato accolto da grida inneggiano alla Corsica, a Tunisi eGibuti. Il peggioramento dei rapporti tra Italia e Francia non poteva non preoccupare tutti coloro che avvertivano la minaccia del revanscismo hitleriano, sempre più pericoloso. I contarti di cui era stato incaricato il nuovo ambasciatore a Roma, André Franqois-Poncet, erano serviti a stabilire una sola cosa, e cioè che il duce aveva in forte antipatia l'ambasciatore francese. A questo punto il governo di Parigi trovò un nuovo interlocutore nel direttore generale della Banca d'Indocina, Paul Baudouin. Uomo preparato e ambizioso (sarà per breve tempo il primo dei ministri degli Esteri di Pétain), era stato incaricato tre anni prima di trattare la cessione di 2500 azioni della ferrovia Gibuti-Addis Abeba alla «Società Navigazione Europea» diretta da Vincenzo Fagioli. Tra i due finanzieri si stabilirono subito stretti legami di stima e di amicizia. Baudouin, che venne anche ricevuto più volte dal duce, si era schierato tra i fautori di un Ravvicinamento italo-francese in funzione antigermanica. * * Nessuna meraviglia quindi che, agli inizi del 1939, egli fosse tra i più preoccupati per l'andamento delle relazioni italo-francesi. Fattosi ricevere dal presidente del Consiglio Daladier, in presenza del ministro degli Esteri Bonnet, ottenne l'incarico di recarsi a Roma, in missione segreta, con il compito di iniziare negoziati, essendo la Francia disposta a fare concessioni importanti, escluse quelle territoriali. Baudouin ne parlò subito a Fagioli, che a sua volta avvertì l'ambasciatore a Parigi, Raffaele Guariglia. Questi invitò il finanziere italiano a recarsi a Roma, per informare Ciano dell'incarico dato a Baudouin da Daladier-Bonnet, in modo tanto segreto che neppure l'ambascia tore Franqois-Poncet era stato messo al corrente. I colloqui tra Baudouin e Ciano ebbero luogo il 2 e 3 febbraio. La versione di Paul Baudouin, che differisce alquanto da quella del ministro italiano, è contenuta in una relazione a Daladier, pubblicata nel tomo XIV della seconda serie dei Documents Diplomatiques Franqais, apparso in questi giorni. ★ * Nell'incontro del 2 febbraio vennero discusse le concessioni francesi. In sostanza: 1) L'istituzione di un'importante zona franca nel porto di Giburi, onde permettere all'Italia di servirsi di esso liberamente e senza impacci. 2) Il possesso da parte dell'Italia della linea ferroviaria Gibuti-Addis Abeba per il solo territorio etiopico, mentre alla Francia sarebbe rimasto il possesso per il tratto somalo. Accordo di cooperazione nel traffico tra le due parti; 3) 11 governo francese non si sarebbe opposto a che l'Italia ottenesse alcuni seggi nel Consiglio di amministrazione della Compagnia del Canale di Suez, di cui peraltro la Francia non era azionista; 4) Ciano insistette per ottenere garanzie che permettessero agli italiani della Tunisia di rimanere cittadini della madre patria. II colloquio del 3 febbraio ebbe luogo dopo che Ciano aveva riferito a Mussolini. Questi diede il suo accordo affinché i negoziati continuassero su tre temi: 1) Gibuti e ferrovia, 2) Canale di Suez, 3) Tunisia. Secondo la relazione di Baudouin, Ciano, a nome del duce, aveva detto che «se il governo francese affronta la discussione dell'accordo franco-italiano nello spirito libero di ieri, vale a dire carte sul tavolo, ed accetta le grandi linee abbozzate ieri sommariamente, il governo italiano non vede ostacoli alla rapida conclusione dei negoziati, come egli da parte sua vivamente si augurava». Ciano aggiunse infine che le conversazioni ufficiali avrebbero dovuto cominciare con una richiesta di colloquio da parte dell'ambasciatore Franqois-Poncet, dal momento che egli non voleva prendere l'iniziativa. La strada era stata dunque aperta ai negoziati per un accordo italo-francese, da condursi «con spirito amichevole», secondo quanto aveva detto Ciano a Baudouin, al termine del loro secondo colloquio. E invece tutto andò a monte. Il prof. J.-B. Duroselle, in un saggio di imminente pubblicazione, offre alcune informazioni interessanti e una spiegazione convincente sulla base di una documentazione inedita. Quando Baudouin, nel suo rientro a Parigi, si recò a riferire al presidente Daladier. questi, alla presenza del ministro Bonnet, rifiutò di continuare i negoziati. Che cosa era successo? Alcuni giornali, tra cui il quotidiano socialista Le Populaire, avevano dato ampia notizia della missione Baudouin con severe critiche contro una presunta arrendevolezza del governo nei confronti di Mussolini. La stampa di sinistra e quella di destra si erano trovate d'accordo nel condannare questa «politica di abbandono». Vi fu anche un'interpellanza parlamentare in questo senso. Come mai la missione Baudouin non era rimasta segreta? Pei una malaugurata coincidenza, quando il finanziere scese dal treno alla stazione di Roma, si incontrò con l'ambasciatore Franqois-Poncet venuto a ricevere un amico. E che dovette rimanere certo sorpreso. Ma la «fuga» non venne da Palazzo Farnese. * * Il prof. Duroselle avanza l'ipotesi «assai probabile» che sia stato Ciano, per ordine di Mussolini, a mettere al corrente Von Ribbentrop. Quest'ultimo, in modo del tutto sleale verso il duce, diede pubblicità all'iniziativa italo-francese, con l'evidente intenzione di sabotarla. E ci riuscì Questa conclusione trova conferma in quanto ebbe occasione di dirmi lo stesso Vincenzo Fagioli. Il quale raccolse anche la voce che Baudouin era stato ricevuto, in segreto, dallo stesso duce. Vi fu ancora un tentativo di riawicinamento con la Francia, questa volta da parte di un Mussolini spaventato dall'annessione tedesca della Boemia e della Moravia. Baudouin assicurò Fagioli che la Francia sarebbe stata pronta a fare altre concessioni. Ma recatosi da Daladier si trovò di fronte a un nuovo, inatteso rifiuto, motivato dall'argomentazione, davvero assurda in quelle circostanze, che ogni concessione all'Italia avrebbe indebolito il morale della Francia! Così i due Paesi si aliarono, per vie opposte, verso lo stesso disastro. Enrico Serra