Pochi indizi sulla «talpa» dei caso Eni di Eugenio Palmieri

Pochi indizi sulla «talpa» dei caso Eni Pochi indizi sulla «talpa» dei caso Eni ROMA — Sono arrivati sulla scrivania del presidente della Commissione inquirente, il socialdemocratico Reggiani, tutti gli atti messi insieme dal sostituto procuratore Orazio Savia sulla vicenda Eni-Petromin. Secondo indiscrezioni filtrate dal Parlamento, ad un primo esame dei documenti non risulterebbero novità sconvolgenti sull'eventuale ritorno nelle tasche di politici italiani delle tangenti (100 miliardi) che dovevano accompagnare il contratto con l'Arabia Saudita. E' intenzione di Reggiani strìngere i tempi. «Quanto prima trasmetterò tutto il materiale ai commissari — dice il presidente dell'Inquirente — in modo da stabilire se è il caso di andare avanti o meno. Non si può vivere con una speranza di procedura, rischiamo di finire come il cane che si morde la coda*. Probabilmente le relazioni introduttive alla nuova tornata di sedute saranno elaborate dal comunista Martorelli e dal democristiano Busseti, gli stessi che aprirono i lavori della Commissione la settimana scorsa. Fino a questo momento uno dei pochi dati certi è che alcuni documenti riservati (ad esempio la copia originale del contratto con i sauditi) finirono tra le carte del capo della Loggia P2. Oelli, dove furono trovate dai magistrati milanesi. La Commissione sentirà tra i primi testimoni due personaggi che all'epoca dello scandalo facevano parte della segreteria dell'ex ministro del Commercio con l'estero Stammati, Luigi Bisignani e Giuseppe Battista. Non è esclusa l'audizione del vicepresidente dell'Eni, Leonardo Di Donna, il quale ha chiesto con una lettera a Reggiani di essere ascoltato per rispondere agli interrogativi sollevati anche da membri della Commissione. L'Inquirente si occupa soltanto di eventuali responsabilità ministeriali (come testimoni dovrebbero sfilare, sempre che i lavori procedano senza intoppi, Stammati, Lombardini, Bisaglia e ì'ex presidente del Consiglio Cossiga), ma in questo caso si tratta di stabilire innanzitutto la veridicità c l'attendibilità del dossier anonimo di Gelli: una cronistoria delle tangenti sulla quale grava 11 sospetto di essere stata costruita a posteriori per fini ricattatori, un diario particolareggiato degli incontri che si svolsero nelle stanze dei ministeri e di Palazzo Chigi nell'estate del '79, cioè quando lo scandalo era ancora sulla bocca di pochi. Non a caso la Commissione inquirente dopo la lunga e vivace riunione della settimana scorsa, conclusasi con un voto unanime favorevole alla riapertura dell'inchiesta, ha scelto di mettere a fuoco il ruolo ricoperto da alcuni personaggi minori. Si ritiene che essi potrebbero dare un contributo significativo al chiarimento degli aspetti un po' «strani» della vicenda, anche se non si arriverà ad una risposta definitiva sul percorso che dovevano seguire i 100 miliardi. Appena i commissari avranno preso visione delle carte inviate da Savia la Commissione deciderà se è 11 caso di dare seguito al calendario stabilito già a grandi linee. Allora dovrebbero essere sentiti i collaboratori della segreteria di Stammati. gli stessi interessati dalla comunicazione giudiziaria di Savia e sui quali grava il sospetto di aver compilato il diario, il segretario generale della Farnesina, Malfatti di Monte ■ tre ito. Se l'Inquirente dovesse stabilire che non esistono elementi nuovi per portare avanti la discussione', il dossier tornerebbe nelle mani della magistratura, che dovrebbe archiviarlo o continuare le indagini sul non parlamentari. Eugenio Palmieri

Luoghi citati: Arabia Saudita, Roma