Inseguendo Lawrence

Inseguendo Lawrence «Le vite di Dubin» : due brani in anteprima Inseguendo Lawrence In queste pagine II protagonista, William Dubin, biografo, passeggia nella campagna dello Stato di New York, come Thoreau cui ha dedicato un libro, • lb fenomenologia della natura diventa II punto di partenza di una riflessione sul mondo e l'Individuo. SEBBENE non fosse ancora la fine dell'estate, William Dubin, in un momento della sua passeggiata in campagna — dal rurale al pastorale —, si batté le braccia sul petto e le spalle, come se improvvisamente si fosse imbattuto nel gelo, scure nubi si fossero accumulate e minacciassero una tormenta. Stava, in un certo qual modo, pensando all'inverno. n biografo era uscito di casa nel sole tiepido del tardo pomeriggio, e a poco a poco, camminando, aveva finito con lo scivolare — nonostante la bellezza della natura — in un momento di tetraggine. Immaginò che ciò fosse eausato dall'aver intuito il cambiamento di stagione, da un giorno all'altro. Agosto era un mese mascherato: sembrava estate e congiurava con l'autunno; come febbraio, cercava di nascondere quanto stava per accadere. Dubin aveva scoperto, nel mese di febbraio, germogli di un verde vivido sotto le foglie morte. E quel giorno, nel bosco, gli era accaduto di scorgere una vampata di rosso su un grande acero. Il senso della brevità della stagione. L'Inganno del nord-est. Le giornate, segretamente, si erano squilibrate e scivolavano ora verso l'autunno. Aria fredda calava fino alle radici degli alberi. Le foglie, a toccarle, stavano diventando secche, n suono delle api che succhiavano fiori pallidi, dei grilli che stridevano, sembrava remoto. Farfalle, svolazzando tra gli alberi, ostentavano i loro allegri stracci un attimo prima di generare e di morire. Dubin sentiva il cambiamento e non Io sopportava. Vietò alla propria mente di anticipare il domani. Che l'inverno restasse nella sua bianca tana. Battendosi il petto, flagellava il tempo. E il tempo continuava a danzare. — Ora sono ghiaccio, ora sono acetosella —. Agitò l'inutile pugno. Dubin, il biografo, un uomo cordiale, spigoloso, di mezza età, con una sporgente pancia disciplinata — sin li, ma non oltre —, una zaz¬ zera brizzolata e la tee ta forse un pochino troppo piccola per la sua statura, si diresse a passi rapidi verso un ponte coperto verde-scuro, circa un chilometro e mezzo più avanti sulla strada di terra battuta. Aveva le braccia e le gambe lunghe, 11 torace ampio, le spalle, quando si teneva eretto, dritte. Oli occhi erano grigio-azzurro, il naso lungo e affilato, la bocca rilassata; ora sorrise, sfiorato da un pensiero piacevole. La lieve tetraggine esistenziale provata nei boschi si era dileguata; si sentiva sereno, facendo la passeggiata. Dubin aveva l'abitudine di mettersi a correre quando gli si presentava alla mente qualcosa di intenso cui pensare. E ora stava correndo — con un'andatura meravigliosa per un uomo di cinquantasei anni. Per un minuto vibrò pugni all'aria lungo la strada, desistendo quando una donna, su un'automobile di passaggio, rise forte. Continuò a trotterellare, godendo l'estendersi dello spazio in tutte le direzioni. Oli piacevano le libere gioie della prospettiva. A cinquanta metri dalla strada, uno stretto torrentello, turbolento e melmoso dopo l'acquazzone violento di quel mattino, serpeggiava nel pascolo. A est si levavano masse di verdi alberi ascendendo le colline dello stato di New York; più in là si profilavano le basse montagne del Vermont, su nebulosi piani successivi. Dubin ricordò di aver veduto una volta, avvicinandosi a Capri, alla ricerca di D. H. Lawrence, i monti slmili a una donna dalle grosse poppe, supina, che sollevasse la testa per baciare il cielo. Rammentando il proprio lavoro, inconsapevolmente rallentò fino ad un'andatura sostenuta. Radendosi, gli era accaduto di pensare che avrebbe dovuto provare ad ampliare alcuni appunti per un'autobiografia... battere a macchina una cartella o due per vedere se si sarebbero animate di ordito, di contenuto. Oppure regolarsi come faceva Montaigne... iniziavi un saggio e davi cosi l'avvio a un esame della tua vita. «Lettore, sono io stesso l'argomento del libro; saresti irragionevole dedicando il tuo tempo libero a cose tanto frivole e vane». Il suo sorriso si tramutò in risolino quando previde il giudizio di Kitty: «Perché darsi questa pena, quando vi sono tante vite insolite di cui scrivere?». Avrebbe avuto ragione, anche se sarebbe valsa la pena di leggere qualsiasi uomo il quale scrivesse sinceramente della propria vita. Eppure, era inutile pensarci finché non avesse terminato il Lawrence che, dopo anni di ricerche, stava per cominciare. «Dio mio, cosa può essere stato a condurmi a lui?». Dopo parecchi passi, ricominciò a correre, un po' spaventato. Dubin, alle prese con una biografia di Lawrence e tormentalo da una passione per Fanny Bick, ragazza di 22 anni, vive le due esperienze in una specie di rapporto di Interdipendenza, die riflette la dimensione di doppio, tipica dello scrivere biografie. NON aveva veduto Fanny da settimane, ed era in preda all'inerzia, alla stanchezza, alla stasi; non desiderava rivederla. Provava allora qualcosa di meno nei confronti della ragazza? Meno di clie cosa? Si era forse abituato a lei, la conosceva troppo bene? Una parte dell'eccitazione, una parte della sorpresa si erano forse dileguate? Soltanto la presenza di Fanny, in verità, sorprendeva, ed ella non era presente. Sebbene Kitty e lui avessero risolto la sua temporanea défaillance, e si trovassero di nuovo a loro agio a letto, Dubin sentiva di non essere più cosi Interessato al rapporti sessuali. Kitty aveva rimandato la partenza a causa sua. Non sembrava capire quanto egli volesse restar solo, essere lasciato solo; voleva rimanere, almeno per. il momento, senza sfide nei confronti dell'emotività, delle premure, dei pensieri; e se possibile, inoltre, senza desiderio. Chi ha bisogno di quel pungolo in eterno? Fanny gli complicava seriamente la vita. Trovarsi alle prese con un problema importante era già sufficiente per lui... la biografia di Lawrence. Il libro, almeno, continuava ad andar bene: à volte sollevava Dubin in alto, come se si fosse trovato in un pallone e, attraverso uno spioncino di vetro, avesse potuto contemplare la terra che galleggiava nel vuoto. Si trattava della «complicazione»... del compito cui egli voleva soprattutto dedicarsi. Gerry e Maud costituivano un'altra complicazione in corso; ma egli era abituato al loro problemi, e alla matassa intricata di quelli di Kitty. Fanny invece rappresentava una complicazione che lo investiva con troppa rapidità e violenza. Era, nella sua vita, un qualcosa di unico; eppure Dubin non voleva che esercitasse pressioni su di lui affinché la portasse all'estero, non voleva che insistesse su un suo trasferimento a New York, non voleva che gli proponesse di vivere insieme, sottolntendendo il divorzio. Kitty aveva il diritto di parlare di divorzio, Fanny no. Era amore, quello che pro¬ vava per Fanny? In gioventù non aveva provato la stessa cosa per le donne. Oli uomini di Oltre cinquantanni amano forse meno appassionatamente dei giovani? Egli pensava che fosse vero proprio l'opposto: gli anni approfondivano la necessità, l'Impeto, il canale dell'amore. A cinquantanni doveva esserci di più in gioco: l'amore come una diga contro l'età, la perdita di energia vitale, l'avvicinarsi della morte. Dubin si compiaceva del sentimenti della ragazza nei suoi confronti, ma quanto le stava offrendo in cambio? Ovviamente non troppo, per il momento, sebbene vi fosse tra loro un'amicizia abbastanza reale. Talora si aspettava quasi di sentirsi dire da lei che la cosa non andava più; perché non lasciarsi, semplicemente? Venivano giorni in cui pensava che rompere in quei momento sarebbe potuto essere un sollievo..! avrebbe avuto un gran numero di preoccupazioni In meno; sarebbe stato più libero di dedicarsi al lavoro. Forse ella stava aspettando che fosse lui a prendere una decisione... più Fanny, meno Kitty, o viceversa; o, semplicemente, non più Fanny, affatto? Il problema che gli si presentava era reale, ma lui aveva una reale possibilità di scelta? DI recente la ragazza non gli aveva telefonato, né egli si era dato la pena di telefonare a lei. Pensava che Fanny potesse essere ancora irritata dall'incidente nella stalla con Kitty, sebbene, in due o tre sue brevi lettere, non vi avesse accennato. Più di una volta Dubin le aveva espresso il suo rammarico. Nelle lettere, Fanny accennava a quello che faceva, leggeva, provava; ma non avanzava richieste, né tentava di persuadere. Era, diceva, «stanca», ma non spiegava di che cosa. Come posso giovarle? si domandava il biografo. Quelle lettere erano riservate, chiuse, non dicevano un granché di molto personale. Da qualche tempo ella non gù aveva più scritto di amarlo. SI limitava a scrivere risposte innocue. Restiamo amici, pensava Dubin, e, di quando in quando, slamo amanti. Ciò avrebbe diminuito le complicazioni e reso la vita più facile a sopportarsi. Ma non le rivelava mai questi pensieri. Lawrence aveva parlato con disgusto di «sesso semplicemente cameratesco». Tuttavia, con il cambiamento di stagione. Dubbi fu lieto di non aver detto nulla di seriamente negativo a Fanny. L'inverno cedeva, si ritirava, il freddo diminuiva,, sia pur indugiando avida¬ mente; la primavera era immanente... legata mani e piedi, esaltava, ciò nonostante, il suo alito che sapeva d'erba; misteriosamente liberata, spiava... e percorreva a gran passi... la terra, oltre al ricordi. La primavera accende una primavera interiore. La mia primavera fa nascere la tua... fa nascere te. La ragazza sbocciava, fioriva nel suol pensieri. Buon Dio, che cosa ho fatto? Perché ho consentito a me stesso di dubitare del miei veri sentimenti per lei? Oli mancava la compagnia di Fanny. Oli mancavano le facili risate, il calore, la voce intima di lei — qualsiasi cosa dicesse era intima —; gli mancavano le carezze della ragazza, le vibrazioni, il loro reciproco accettarsi e godersi. Oli mancavano li desiderio di lei, il suo concedersi, il fiore del loro abbraccio a letto. Pensava a Fanny, sebbene cercasse di non pensarla, tra le maglie dell'una e l'altra frase biografica; mentre faceva le passeggiate lunghe e quelle brevi; mentre giaceva a letto con sua moglie. Pensava al loro momenti più belli, a quando erano stati gioiosamente insieme. Voleva — e lo diceva a voce alta — stare con lei; ma non udiva alcuna rispostaBernard Malamud La casa che Thoreau si costruì in riva al lago Walden (da un'edizione di «Walden» pubblicata a Boston nel 1871) Paul Delvaux: Venere allo specchio (1946, part)

Luoghi citati: Boston, Capri, New York, Vermont