Le porte del ghetto si aprirono ed entrò la Storia
Le porte del ghetto si aprirono ed entrò la Storia Artom: «I giorni del mondo» Le porte del ghetto si aprirono ed entrò la Storia DICEVA Freud che l'unica (orma di immortalità cui possiamo aspirare è la perpetuazione attraverso i figli. Lo stesso senso di continuità familiare accompagna l'affettuosa e affabile saga parentale che Guido Artom ha centrato sulle figure dei suoi bisnonni astigiani, integrando documenti e memorie orali con uno scrupolo di ricostruzione che non disdegna il piacere del racconto. All'aprirsi dellOttocento, quando Napoleone trionfa ad Austerlitz e il Piemonte è annesso alla Francia, Raffaele e Zaccaria sono i due primi ebrei della piccola comunità di Asti ad essere ammessi al Lycée che ha sostituito il vecchio ginnasio savoiardo. Sono e restano dei «diversi», guardati senza simpatia da compagni che appartengono alla borghesia emergente, con la sola eccezione del figlio del prefetto, Alberto, infiammato di entusiasmi napoleonici. Sono anche diversi tra loro: Raffaele è quel che oggi si direbbe un intellettuale, ragazzo di appassionate letture; Zaccaria è un pragmatico che ha modo di rivelare un precoce talento per gli affari e presto subentra al padre nella conduzione del banco. Ma sono entrambi due «laici» che rifiutano il ruolo di semplici testimoni, da sempre riservato agli ebrei, e vogliono diventare attori di un destino non municipale, nutrito di liber- tà di movimento, studio e intrapresa. La stessa legge mosaica appare loro remota e restrittiva, nutrita di sterile orgoglio: anche il rabbino, che si accanisce a preservare l'isolamento della comunità, la sua identità culturale, guarda con apprensione le loro spinte centrifughe. Un fato malevolo vuole che proprio quando Raffaele e Zaccaria hanno ventanni la disfatta di Waterloo segni la fine della loro breve stagione di emancipati. Col ritorno dei Savoia, ogni sera gli ebrei vengono nuovamente rinchiusi dietro i pesanti portoni del ghetto, il baccalauréat francese non vale più nulla, l'Università è inaccessibile. Nell'amministrazione ricompaiono nobili incapaci e ridicoli, mummificati sotto la cipria e il codino. Asti si riadagia nella sua apatia provinciale, i due amici conoscono con amarezza il senso di una vita che viene decisa altrove. A quale strategia affidare una rivincita? Zaccaria costruisce con accortezza una potenza finanziaria che lo porterà a fargli tenere in pugno i destini economici della nobiltà: il segno definitivo del suo trionfo sarà l'acquisto del più prestigioso palazzo cittadino. Raffaele fiancheggia con discrezione la militanza dei carbonari, ma il fallimento dei loro moti, e il suicidio dell'amico Alberto, che si uccide in carcere per non tradirlo, lo porteranno ad abbracciare un'ideologia nonviolenta, fatta di tolleranza, scetticismo e fredda valutazione della realtà. Inutile sperare di sollevare i popoli con i proclami e con le gesta eroiche: non servono le società segrete e i giuramenti sui pugnali. Occorre portare il rinnovamento dentro le coscienze, creare le premesse di una sicura crescita civile: i capovolgimenti rivoluzionari, come la parabola napoleonica ha insegnato, aprono soltanto le porte alla controrivoluzione, e a nuovi arretramenti. Gli ebrei hanno imparato a loro spese che «per la storia i giorni sono minuti, gli anni sono giorni». E per trent'anni Raffaele impara a convivere con la pazienza, ripete che i tempi non sono maturi, mette su famiglia con la speranza che i suoi figli possano vedere la libertà e l'eguaglianza. Sarà accontentato: quando, dopo il marzo 1848, la Costituzione albertina avrà sancito l'emancipazione civile degli ebrei, già predicata da D'Azeglio, il suo terzogenito Isacco diventerà segretario di Cavour, e sarà nominato, primo ebreo d'Italia, senatore del Regno. Ma proprio nel momento della liberazione un'ombra si affaccia alla coscienza del patriarca: abbattute le porte del ghetto di Asti, è forse l'Italia a diventare un grande ghetto rinserrato ogni sera dagli Austriaci: forse mura e portoni sempre nuovi e diversi, come in un gioco di scatole cinesi, fanno parte di un immutabile destino umano. Non è più che un'ombra, un'inquietudine. Il senso del libro sta invece tutto nella soddisfazione del buon raccolto, nel sostanziale ottimismo di una Storia «progressiva» che premia la solidità delle virtù e la forza delle tradizioni. Pittura di un ambiente ricostruito con mano sicura, il libro stempera una sua certa malinconia di fondo in antiche e riconquistate certezze. I giorni del mondo, di cui parla l'Ecclesiaste, le parole e i gesti di un uomo vanno al di là della sua breve vita: diventano, per chi sappia leggerli, patrimonio comune, dialogo che conti- nua' Ernesto Ferrerò Guido Artom: I giorni del mondo. Ed. Longanesi, 200 pagine, 8500 Lire. L'antica sinagoga di Asti
Persone citate: Artom, Cavour, D'azeglio, Ernesto Ferrerò, Freud, Guido Artom, Longanesi, Savoia
Luoghi citati: Asti, Austerlitz, Francia, Italia, Piemonte
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