Brigate rosse: da oggi alla sbarra 72 imputati Tra loro più di trenta si dichiarano pentiti

Brigate rosse: da oggi alla sbarra 72 imputati Tra loro più di trenta si dichiarano pentiti Dopo quello di quattro anni fa ai capi storici, comincia alle Vallette il processo alle nuove leve del terrorismo Brigate rosse: da oggi alla sbarra 72 imputati Tra loro più di trenta si dichiarano pentiti Tutti devono rispondere di banda armata - Dei sette omicidi e dei 18 ferimenti attribuiti ad alcuni, si parlerà in altri dibattimenti - Personaggio di rilievo, Patrìzio Peci, il giovane che ha aperto la strada ai pentimenti - I due gruppi di accusati saranno divisi, nella stessa gabbia, da vetri antiproiettili Brigate rosse in aula, da oggi. Dopo il processo ai «capi storici. (Curcio. Franceschini e altri) tocca ora alle «giovani leve del terrorismo» che si sono lasciate alle spalle una scia di sangue che ha sconvolto una società già turbata da profonde tensioni. I 72 imputati dovranno, però rispondere, per ora, solo del delitto di essersi associati per sovvertire violentemente l'ordinamento dello Stato. Il rendiconto dei loro delitti sarà chiesto, dalla giustizia in altri processi, separatamente, anche se sono loro, secondo i giudici, gli autori dei sette omicidi, dei 18 ferimenti e dei numerosi attentati che hanno travagliato,- negli ultimi anni, la nostra città. Capo della «colonna» che ha insanguinato Torino, era Patrizio Peci, 27 anni, originario di San Benedetto del Tronto. In poco meno di sei anni, Peci ha percorso l'intera strada che può percorrere un terrorista, dai primi attentati, fino a ricoprire le più alte cariche gerarchiche all'interno dell'organizzazione, fino al «pentimento». Peci, il primo terrorista «pentito», è stato quello che, indubbiamente, ha reso i migliori servizi agli inquirenti. Chi lo conosce, giura sull'autenticità del suo pentimento che però lascia qualche perplessità, se non altro per il fatto che si è verificato dopo l'arresto, quando davanti a sé aveva soltanto la prospettiva del carcere a vita. Fino al marzo '79 la colonna torinese delle Br era comandata da Raffaele Fiore. Il suo arresto favorisce la «promozione» di Peci. Sotto la sua direzione avvengono i ferimenti del giornalista della Rai, Franco Piccinelli, del sorvegliante Fiat, Giovanni Farina, del dirigente Fiat Cesare Varetto e del caporeparto di Mirafiori, Adriano Albertino. Ma prima la «colonna» aveva assassinato il presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, Fulvio Croce; il vicedirettore de La Stampa, Carlo Casalegno. il maresciallo di ps Berardi; la guardia carceraria Cotugno; il dirigente della Lancia di Chivasso, Coggiola. Braccio destro del commissario Criscuolo nella lotta al terrorismo, Berardi, ad un certo momento, era stato destinato alla solita routine di un commissariato. Fu egualmente «condannato a morte» dai terroristi. Questo episodio sembrerebbe dare ragione a Peci, quando dice che le Br sono formate da giovani e che sono state mitizzate oltre il dovuto. Meno credibile risulta, però, il pentito pen antonomasia, quando nega che, al di sopra della direzione strategica di cui lui stesso faceva parte, vi sia un altro organismo o qualcosa che si presti ad essere battezzato «il grande vecchio». Se quello che dice Peci fosse vero come si spiegano personaggi come Enrico Fenzi, professore dell'Università di Genova o Giovanni Senzani, criminologo dell'Università di Firenze, ritenuto l'ideatore del sequestro del magistrato romano Giovanni D'Urso? Il processo che comincia oggi si risolverà in uno scontro feroce tra pentiti (più di una trentina) e non pentiti? Ci sono tutte le premesse per rispondere di si. L'edificio del nuovo carcere delle Vallette che da oggi ospita i processi ai brigatisti

Luoghi citati: Chivasso, Genova, San Benedetto Del Tronto, Torino