II dio-fanciullo della città sommersa di Luciano Curino

II dio-fanciullo della città sommersa DOPO I GUERRIERI DI RIACE, UN ALTRO CAPOLAVORO E' STATO SOTTRATTO AL MARE II dio-fanciullo della città sommersa £' il Dioniso, di straordinaria bellezza, recuperato a Baia ed esposto nel Castello Aragonese - Tutt'attorno a dove è stata trovata la statua, a pochi metri dal pelo dell'acqua, si intravedono altri tesori: marmi, colonne, mosaici; un'intera città che i romani avevano trasformato in luogo di delizie - Il recupero è possibile, ma occorrono volontà e mezzi - Per il Dioniso c'è voluto l'intervento d'uno studioso tedesco e la generosità di molti DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NAPOLI — Nel Castello Aragonese di Baia viene esposto oggi Dioniso fanciullo, statua di marmo trovata giorni fa nella città sommersa da quindici e più secoli. Il caso ha fatto scoprire nel mare di Riace i due guerrieri greci di bromo. Il Dioniso è stato invece tolto al mare grasie ad un intervento sistematico, a un 'esplorazione intelligente. I principali protagonisti di quest'altra affascinante storia archeologica sono un professore tedesco che insegue il mito di Polifemo; il sopraintendente aggiunto alle antichità che è una piccola, graziosa, energica signora; un gruppo di subacquei semplicemen te magnifici. Pieni di mistero sono i guerrieri di Riace. Il giovane Dioniso ha invece molte cose da raccontare. Anzitutto evoca Baia, dove stava nella nicchia di un ninfeo. Baia, a pochi chilometri da Napoli, luogo termale e di delizie dei romani nei due ultimi secoli della Repubblica e nei primi dell'Impero. Luogo di feste e sfrenatezze, Orazio era incantato dalla sua bellezza corruttrice ed insidiosa. Era la villeggiatura preferita dalla aristocrazia e dai ricchi mercanti, dai banchieri e dagli armatori, dalla corte imperiale con il suo seguito. Le ville Baia, protesa verso il mare e sontuosa di ville di marmi e di mosaici, con piscine e giardini. La villa di Crasso e quella di Pompeo, di Lucullo e di Cesare che venne a riposarsi dopo la conquista delle Gallie, la villa di Fausto figlio di Siila. E Cicerone, per ornare di statue la sua villa chiamata Accademia, scrisse all'amico Attico che era in Grecia di procurargliene: «Tutto ciò che ti capita e che ti sembra adatto, mandamelo senz'altro e stai pur sicuro della mia borsa», volendo dire che avrebbe pagato subito e bene. Qui vicino Trimalcione tenne la favolosa cena. In quale villa stava il Dioniso fanciullo? Molto probabilmente, e più avanti si vedrà perché, in una villa imperiale. Avevano villa gli imperatori Tiberio e Claudio e Nerone, che qui fece assassinare la madre Agrippina. Il folle Caligola vi arrivava in tunica d'oro e corona di quercia. E, dicono gli storici, quando Sabina Poppea si dipartiva da Roma per recarsi a dimorare nella sua dilettissima villa di Baia, è fama si recasse dietro 400 asine destinate a provvederla di quel latte nel quale si tuffava tre volte al giorno. Poi tutto questo fini. Per il lento sprofondamento della terra, quel fenomeno che è chiamato bradisismo, Baia andò sommersa. A poco a poco il mare coprì le piscine, cancellò i giardini, entrò nelle ville, su su per le colonne di marmo, lambendo i piedi delle statue nelle nicchie e continuando a salire fino a inghiottirle e anche i tetti finirono sott'acqua, e la terra continuò a sprofondare. Sono passati i secoli, Baia è in fondo al mare e, dice Giuliana Tocco Sciarelli sopraintendente aggiunta alle antichità: «Non è intervenuto l'uomo a combinare disastri». Quando il mare è più trasparente, si intravedono le tracce della città sommersa. Dice Mario Sirpettino, studioso appassionato di Baia e della zona flegrea: «In una giornata di luce e di calma con una barca si può andare lentamente sul regno delle antichità sommerse e che fanno di questo golfo un museo unico al mondo». E definisce questo »mare di marmo*. Vicino alla riva attuale i resti romani sono ad una profondità di quattro metri; a mezzo chilometro dalla riva si trovano a 16, 18 metri. «Una Pompei sott'acqua, non ancora dissepolta», dice Sirpettino. «La sua superficie è notevolmente superiore a quella di Pompei». «In questo mare ci sono oltre due chilometri quadrati di antichità», precisa l'architetto Antonio Di Stefano, uno dei sommozzatori che hanno recuperato il Dioniso. Sono anni che Di Stefano e un gruppo di amici esplorano questo golfo, fanno dell'archeologia subacquea. Conoscono bene la topografia di Baia affondata, i resti delle ville e delle terme, delle opere portuali, le colonne coperte di alghe e assalite dai molluschi, la via Herculea che attraversa la città, i mosaici dei pavimenti. Nel 1969 all'altezza di Punta Epitaffio, promontorio alla sinistra di Baia, hanno trovato due statue in un ninfeo, sorta di fontana monumentale consacrata alle ninfe. Statue di marmo: Ulisse e un suo compagno pronti a ubriacare Polifemo. Sono finite nel sottoscala del castello Aragonese perché non si sapeva dove esporle, non c'erano quattrini per pagare un guardiano e cose del genere. Tutto è finito li. Finché è venuto uno studioso tedesco, Bernhard Andreae, archeologo dell'Università di Marburg, che cerca Polifemo ovunque sia. Saputo che a Baia si erano trovati Ulisse e un compagno, doveva attendersi anche il ritrovamento di Polifemo, secondo la combinazione delle figure già riscontrata altrove, e particolarmente a Sperlonga. Il professore tedesco ha finanziato la ricerca con una decina di milioni. Con 15 milioni ha contribuito il comune di Bacoli, dal quale dipende Baia, e vi ha aggiunto anche la nave-appoggio con un nome grazioso: -Lysetta-. Il sopraintendente Fausto Zevi ha disposto i lavori, seguiti ora per ora dalla dottoressa Tocco Sciarelli. Niente è stato lasciato al caso, tutto calcolato fino alla pignoleria. Si è fatto venire Piero Gianfrotta, dell'Istituto di topografia antica dell'Università di Roma. Hanno partecipato alle immersioni Armando Carola, Mario Carotenuto, Mario Rosiello, Gaetano Caiazzo e l'architetto Di Stefano, coordinatore del gruppo. Il ninfeo è a una decina di metri da riva, ad una profondità di sei metri. Si è lavorato quindici giorni: 245 ore di immersione spostando circa 32 metri cubi di materiale. Un lavoro volontario. Senza chiedere nulla, rimettendoci anche del proprio, sicché si sono spesi 25 milioni, mentre se ne sarebbero spesi 250 dovendo pagare i sub con equo criterio. Niente soldi, comunque Di Stefano è contento di poter dire: «Per la prima volta si è fatta una ricerca scientifica». Hanno trovato dio Dioniso fanciullo sotto un metro di fango e frammenti. Lo hanno portato su il 16 scorso, sulla «Lysetta» tutti tacevano emozionati, anche il profes-' sore di Marburg benché la statua non fosse quella di Polifemo. Laggiù i sub hanno trovato anche un 'anfora con i resti di un bambino del terzo o quarto secolo dopo Cristo, e chissà chi era quel bambino. Non si era mai immaginata la morte di un bimbo nella felice e folle Baia. Frammenti Nei giorni delle ricerche i sub hanno scaricato sulla -Lysetta- ceste di frammenti che si direbbero nulla. Ma all'architetto Di Stefano e alla' dottoressa Tocco adesso sembrano più importanti della statua: «In questi frammenti abbiamo individuato 16 tipi di marmi diversi, alcuni usati soltanto per le abitazioni degli imperatori. Dunque, siamo su una zona imperiale, e ci aspettiamo molto dalle prossime ricerche». Quando le prossime ricerche? «Fra tre o quattro mesi. Dopo un tempo di riflessione», dice la dottoressa Tocco. Oppure si deve aspettare perché non ci sono quattrini? Qui sotto c'è un mondo, ci sono tesori di arte e di scultura, ma non ci sono soldi per andarli a scoprire e prendere. Si è recuperato, si è visto come, il Dioniso. Che è bello. Il fatto di essere sepolto dal fango e da tutto quel materiale lo ha protetto dai litofagi, animaletti marini -divoratori della pietra-. Nudo e alto 1,40: la misura di un adolescente. Ricciuto, ha un sorriso simpatico. Si appoggia a una colonnina alla cui base è una piccola pantera. «Questo ci conferma che è la statua di Dioniso. La pantera era uno' dei suoi simboli specifici», dice la dottoressa Tocco. Statua greca o romana? «Certamente la copia romana di un esemplare greco che si rifa a Prassitele». C'erano nella zona atelier di scultura con copisti di opere greche, e uno di questi atelier è stato trovato qualche anno fa al largo di Pozzuoli. Il Dioniso di Baia si può datare tra il primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo Cristo. Probabilmente sarebbe finito anche lui in un sottoscala, ma la sua scoperta ha fatto parecchio rumore, molti vogliono vederlo. In fretta si è -inventata- una sala-museo nel castello Aragonese che fu 'eretto da don Pedro di Toledo a guardia della costa, in seguito divenne carcere, poi fu occupato da un orfanotrofio e, di recente, da terremotati. Con Dioniso sono esposti oggi Ulisse, il suo compagno e altri -pezzi- tolti dalla più ricca miniera dell'archeologia sottomarina. Pare che l'esposizione durerà soltanto due settimane, perché vi sono problemi di sorveglianza, di personale, di locali e altri ancora. I problemi di sempre in questo benedetto Paese. Luciano Curino Napoli. La statua di Dioniso ricuperata a Baia ed esposta da oggi al Castello Aragonese