Applicate le nerme per i pentiti ma Fioroni aveva ricusate la Corte di Susanna Marzolla

Applicate le nerme per i pentiti ma Fioroni aveva ricusate la Corte Processo Saronio: seguita per la prima volta la legge Cossiga Applicate le nerme per i pentiti ma Fioroni aveva ricusate la Corte Prima della sentenza aveva presentato un ricorso per «insufficiente serenità dei giudici» - Se la Cassazione lo respingerà, il giovane potrà tornare in libertà tra un anno MILANO — Vistose riduzioni di pena grazie all'applicazione dell'art. 4 della legge antiterroiismo; un'assoluzione per insufficienza di prove. Così, dopo sette ore di camera di consiglio ha deciso la corte d'assise d'appello nel processo per il sequestro e l'assassinio di Carlo Saronio. Carlo Fioroni e Carlo Casirati hanno ottenuto lo sconto-pena previsto dalla legge per chi collabora con la magistratura: hanno avuto entrambi dieci anni di carcere, di cui due condonati. Questo significa che Fioroni, il quale in primo grado era stato condannato a 27 anni, potrebbe uscire di prigione già l'anno prossimo. Gennaro Piardi che aveva avuto 25 anni (come Casirati) è stato assolto per insufficienza di prove: era accusato di aver materialmente ucciso Saronio, premendogli troppo a lungo il tampone di cloroformio sulla bocca. Pena ridotta anche ad Alice Carobbio moglie di Casirati, che da 12 anni ne ha avuti tre. L'unico degli imputati principali che ha avuto la pena confermata (28 anni) è stato Giustino De Vuono, delinquente comune poi politicizzatosi e implicato in diverse azioni delle Brigate rosse. Sul processo pende ora la decisione della Cassazione sulla istanza di ricusazione presentata da Fioroni. I giudici vengono accusati di una «non sufficiente serenità» nel processo. A prova di ciò si adducono la definizione di «mentitore costituzionale» data su Fioroni nella relazione del consigliere a latere, l'atteggiamento «accondiscendente» nei confronti dei testimoni-imputati nel «7 aprile», e soprattutto, la scarsa considerazione del suo «pentimento»: un'argomentazione quest'ultima palesemente smentita dalla sentenza. La decisione della corte, infatti, è stata ben diversa dalle richieste presentate dalla pubblica accusa. Il procuratore generale Giovanni Caizzi, oltre ad avere chiesto la conferma della condanna per Piardi, aveva definito solo «una parziale marcia di avvicinamento alla verità» quella percorsa da Fioroni e Casirati e li aveva accusati di cercare di sminuire le proprie responsabilità: per questo ne aveva chiesto la condanna a 19 anni riconoscendo loro le attenuanti generiche ma non la possibilità di usufruire dello sconto-pena. Carlo Saronio, giovane ricercatore di ricchissima famiglia, era stato rapito la sera del 14 aprile de! 1975. Poco tempo dopo in tasca a Fioroni, che di Saionio era il migliore amico, venne trovata una parte del riscatto. Era stato lui a dare aiuto e informazioni alla banda di deliquenti comuni, capeggiata da Casirati. nelle cui mani Saronio era morto. Al processo di primo grado Fioroni confessò, raccontò con una attegiamento che pareva copiato dalle pagine di Dostoevskij il suo « travaglio interiore» : ben attento però a non caricarsi di troppe responsabilità. A sua volta Casirati portò i giudici nel luogo dove era sepolto il cadavere di Saronio. In seguito la ricostruzione dei fatti cambiò: dietro il sequestro non c'erano più solo Fioroni e Casirati ma «l'organizzazione». Cioè quella struttura clandestina sorta, secondo il racconto di Fioroni, dalle ceneri di potere operaio. A questo racconto si è accodato, pur divergendo in diversi punti, anche Casirati che già nel processo di primo grado aveva pomposamente dichiarato: «Se faccio i nomi, viene giù ilpalazzo». I verbali di Fioroni hanno portato in carcere diverse persone, tutte coinvolte nell'inchiesta del «7 aprile» ora in mano alla magistratura romana: due di queste, Silvana Marelli e Egidio Monferdin, devono anche rispondere dell'accusa di complicità nel sequestro Saronio. Nelle sue dichiarazioni il «professorino» non ha risparmiato neppure la sua vittima: Carlo Saronio e stato definito come appartenente ad uno dei «livelli occulti» di Autonomia operaia. Susanna Marzolla

Luoghi citati: Milano