Dietro le fabbriche della paura

Dietro le fabbriche della paura L'INCHIESTA DI CLAIRE STERLING SUI VARI TERRORISMI E I LORO COLLEGAMENTI Dietro le fabbriche della paura Le pistolettate contro il Papa hanno riproposto un interrogativo: fili misteriosi legano i terroristi internazionali? - Il libro «La trama del terrore» lo proverebbe: facendo l'inventario di attentati e dirottamenti compiuti nel mondo dal 1970 al 1980, scopre che molte erano «azioni combinate» - Pur trascurando le varie «radici locali», fornisce dati inquietanti Piazza San Pietro, il Papa polacco tra la folla dell'«udiema generale», su una jeep scoperta, esposto a un pericolo che nessuna misura di sicurezza può prevenire più che tanto. Lui stesso lo aveva detto a un cronista della radio, durante il viaggio in Messico: «Un giorno, potrebbe capitare anche a me-. Chi può avere interesse, un interesse «politico*, all'assassinio di Karol Wojtyla (se non si tratta di fanatismo puro, del gesto di un folle)? I russi, per eliminare il supremo garante del «nuovo corso* polacco? Gli estremisti irlandesi, per vendicarsi di una parola di pace, dove si vuole la guerra? I fascisti sudamericani? La da? O terroristi italiani alla ricerca della massima destabilizzazione, alla vigilia dei referendum? Spunta un turco. E poiché non sembra convincente l'i¬ potesi del fanatismo solitario, si cercano i retroscena e i collegamenti. Ma già il terrorismo turco è una galassia torbida, tra estremisti di destra, detti «lupi grigi*, ed estremisti di sinistra del «Dev Gene*, e mille altri gruppi che si disgregano e si riaggregano (prima della repressione seguita al golpe militare). Agca, il killer di S. Pietro, un po' si dice di estrema destra e un po' di estrema sinistra. La galassia turca, poi, è solo una tra le tante del firmamento del terrorismo internazionale. E Agca, prima di sparare, ha viaggiato sia a Est che a Ovest della linea divisoria tra le due Europe. E' stato in Germania e in Spagna, in Bulgaria e in Ungheria, a parte l'andirivieni indisturbato tra varie città italiane. Gli estremisti turchi, di destra e di sinistra, hanno in comune una radice di islamismo «ultra* e comunque di «asiatismo* cupamente antioccidentale, si muovono in un Paese che ha una lunghissima frontiera con l'Urss ed è un ponte storico e logistico tra l'Europa e il Medio Oriente. La loro violenza fanatica può risultare utile a molti interessi perversi. I retroscena possibili, sui quali si proiettano polizie e servizi segreti, subito dopo l'attentato, sembrano una spy-story; e naturalmente viene in mente II giorno dello sciacallo di Forsyth. Ma non è un romanzo il libro di Claire Sterling sulla «internazionale* dei terroristi, che Mondadori pubblica in Italia (La trama del terrore;. E' il frutto di una lunga inchiesta giornalistica, svolta in vari Paesi; un'inchiesta di cui si possono discutere le conclusioni, ma di cui è notevole lo spessore informativo (l'autrice è una nota columnist della Washington PosU. normali i passaggi di armi e esplosivi tra un gruppo estremista e un altro: per dire, il mezzo quintale di dinamite, con cui viene fatta saltare in aria l'auto di Carrero Bianco a Madrid, è stata fornita agli uomini dell'Età dai provisionals dell'Ira. In questo senso si può tranquillamente e compiutamente parlare di «internazionale terrorista». Più problematico appare un altro livello di discorso, quello sull'esistenza o meno di un punto di riferimento valido per tutti, insomma di una «centrale*. Dico subito che la Sterling esclude senz'altro l'ipotesi di una mente strategica, che manovra i vari terrorismi: la esclude non solo perché indimostrabile, ma perché inattendibile e ingenua. Propone tuttavia l'idea, come dire, di una struttura portante, i cui pilastri essenziali sarebbero, dopo l'Unione Sovietica, Cuba e il Fronte palestinese di Habbash, con Gheddafi nel ruolo di grande finanziatore. Quest'idea nasce da tutta una ricostruzione storica del «primo decennio della paura». Sullo sfondo c'è il Sessantotto con le sue rabbie deluse, che la maggioranza dei contestatori incanala nella sinistra tradizionale o nel ritomo al privato, ma che una minoranza radicale o esaltata si prova a trasferire nella lotta armata. Ma il 1968, per la Sterling, è anche l'anno in cui Feltrinelli, amico di un Castro ormai definitivamente filosovietico, convince Habbash a esportare nei cieli europei la protesta violenta dei palestinesi, col dirottamento di un aereo della «ElAl*. E' anche l'anno in cui, all'Avana, il Kgb formalizza,, diciamo così, la sua egemonia sui servizi cubani (la «Dirección General de Inteligencia»J sino a farsene uno strumento diretto. E un anno dopo, spunta in Libia Gheddafi, e ancora un anno dopo, nel 1970, la strage di palestinesi in Giordania radicalizza ulteriormente il Fronte di Habbash, che si farà, dopo la guerra del Kippur e il processo di pace israelo-egiziano, portabandiera del «fronte del rifiuto*, sotto la protezione dell'Urss, che da quel processo di pace viene tenuta lontana dagli americani. Il resto del discorso è appunto la creazione di una struttura logistica, finanziaria e militare (armi e campi di addestramento) a disposizione di tutte le guerriglie intenzionate di destabilizzare questo o quel Paese, questa o quell'area dell'Occidente.