Icone del '400 e realismo socialista nei 125 anni della Galleria Tretjakov di Fabio Galvano

Icone del '400 e realismo socialista nei 125 anni della Galleria Tretjakov UNA SOLA LACUNA, I MODERNISTI BANDITI DALL'UFFICIALITÀ' Icone del '400 e realismo socialista nei 125 anni della Galleria Tretjakov DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Il tempio dell'arte russa e sovietica, la Galleria Tretjakov, celebra questa settimana due importanti anniversari: i 125 anni dalla fondazione, che si vuol far risalire all'acquisto del primo dipinto (Tentazione, del russo Schilder) da parte del ricco mercante moscovita Pavel Tretjakov, e i novant'anni dalla sua apertura al pubblico, quando da pinacoteca privata si trasformò in mèta culturale di una città in espansione ma ancora suddita di San Pietroburgo. Sulla Moscova Le 51 sale del vecchio edificio, l'abitazione a cui il mercante Tretjakov aggiunse saloni a mano a mano che la collezione s'arricchiva (nel 1892, quando la donò alla città di Mosca, aveva già 1200 dipinti e 500 disegni), rappresentano oggi con il 'Museo russo» di Leningrado lo scrigno dell'arte pre-rivoluzionaria e del realismo sovietico. Vi sono raccolte 55 mila opere (per la maggior parte relegate in magazzino) e da quattro anni, sulla Moscova, un moderno edificio ospita le opere meno delicate, quelle che meno risentono di una minaccia alla quale i pianificatori non avevano pensato: l'umidità del fiume. Dietro la facciata di stile russo medievale, progettata e costruita all'inizio del secolo dall'architetto Vasnetsov, i capolavori del passato e le ideologie artistiche del presente convivono quasi miracolosamente: -Cresce di continuo, come una perla vivente-, dichiara la propaganda ufficiale, e 25 mila visitatori sfilano ogni settimana davanti alle icone di Rublev (XV secolo) e ai tre dogmi del «realismo socialista*: partinost, ideinost e narodnost, cioè carattere di partito, contenuto socialista e vicinanza al popolo. Quelle imposte dalla storia e dalle ideologie politiche, an¬ ziché scaturite da naturali processi di trasformazione, sono convivenze difficili. La Tretjakov non fa eccezione. La suddivisione del capitale artistico sovietico, decisa nel 1948. ha dato al museo Pushkin i capolavori dell'arte occidentale e ha raccolto nelle sale della Tretjakovskaja Galere j a, in quel tranquillo vicolo fuori mano che è il Lavrushinskij Pereulok, i tesori dell'arte russa amorevolmente acquistati nell'arco di quarantanni da Pavel Tretjakov e da suo fratello Sergej (erano circa 4000 quando Lenin la nazionalizzò nel giugno 1918) e la valanga di opere con etichetta «sovietica». Cosi, accanto alle icone di Rublev, ai capolavori del Settecento di Rokotov, Levitskij e Borovikovskij, alle opere dell'Ottocento di Tropinin, Brjullov, Ivanov e Venetsianov (il primo a dipingere la vita rurale), ai maestri di fine secolo (Perov, Pukirev, Jaroshenko. Surikov, Repin — stupendi i suoi ritratti —. Vasnetsov col suo folklore russo e Levitan con i suoi poetici paesaggi), ai nomi più presti giosi del primo Novecento (i ritratti di Serov, le fantasie di Vrubel, per esempio), trionfano i Deineka e i Plastov (■ammirevoli per la loro assonanza con il ritmo dell'attuale vita sovietica*, si legge in catalogo, ed è tutto un programma), i Sarijan. le sculture di Andreev, Muchina, Shadr, Konenkov, la grafica di Favorskij. Tutto insieme, tutto legato da parentele geografiche e non certo artistiche. Sebbene anche nel «nuovo corso» dell'arte sovietica non manchino momenti di pregio. L'«underground» Quella sovietica d'oggi, però, è stata definita «un'arte a senso unico». Se in Occidente un artista ha una valutazione di mercato, che a lungo termine ne stabilisce il valore, qui ha una valutazione politica La dissidenza — che in pittura s'identifica con il moderni¬ smo — non è perseguitata come in campo letterario (le immagini provocano meno danno delle parole) ma è emarginata da un apparato capace di impedire tutto: produzione, esposizione, vendita e anche discussione. Nulla deve essere in grado di danneggiare la struttura monolitica che dalla politica si riflette sugli altri campi della vita sociale, arte compresa. Eppure l'arte «underground» fiorisce. Senza il benestare del regime è difficile procurarsi persino le materie prime per l'attività artistica, dai colori al bronzo, ma a questo sopperisce un fiorente mercato nero. Ma mancano le mostre, mancano i contatti con gli altri Paesi. Non si mandano più i trattori a distruggere le esposizioni dei modernisti, come accadde clamorosamente nel '74 a Cheremushki. ma resta tutto il peso della condanna ufficiale. Ancora nell'ottobre scorso, sulla Pravda, il pittore Ilja Glazunov condannava •l'immoralità dell'avanguardismo ancora diffuso in Occidente- e osservava che «la visita ai musei d'arte moderna è sempre un viaggio ai confini della tristezza*, sostenendo che «fa rivoluzione non dev'essere confusa con il caos permanente*. Questi mali, nello splendore della Tretjakov che celebra i suoi anniversari, non ci sono. Fabio Galvano

Luoghi citati: Leningrado, Mosca, San Pietroburgo