Ecco come la P2 reclutava i «fratelli» di Sandra BonsantiGiuseppe Zaccaria

Ecco come la P2 reclutava i «fratelli» II dossier di mille pagine che contiene i carteggi tra Gelli, gli iscritti e gli aspiranti Ecco come la P2 reclutava i «fratelli» Ad ogni candidato veniva inviato un questionario da riempire - Le domande riguardavano la professione, la famiglia, l'orientamento politico - Gli aderenti erano tenuti a «collaborare contro l'immoralità e il malcostume» -1 pagamenti delle quote - Il Venerabile Maestro aveva preparato schedature di Andreotti, Berlinguer, Craxi e Cossiga - Dossier su Moro e Piccoli ROMA — Dalle mille pagine del dossier reso pubblico alle 11 di ieri dai presidenti delle due Camere, le trame della P2 emergono soprattutto come un intreccio di storie personali, rese meschine dai moduli, dalle imbarazzanti domande sulla vita privata degli aspiranti massoni e dei loro amici, dalle assillanti richieste di danaro, dalla contraddizione tra l'esoterismo dei simboli e le concrete smanie di carriera di chi firmava le richieste d'iscrizione. Adolfo Sarti si definisce funzionario di banca e senatore della Repubblica», specificando di possedere uno stabile a Cuneo, una laurea ih legge, una fede cattolica e una tessera della de. Michele Fossa, già deputato socialista di Genova, dichiara di vivere coi parenti, e alla domanda successiva (•motivi») risponde senza esitare: « Ragioni familiari». Alberto Sensini, all'epoca direttore della Nasione, alla voce orientamento politico risponde: «Centro democratico nel rispetto della Costituzione*. Questa, però, è solo una piccola parte della storia della P2: sei valigie di documenti mancano ancora ai magistrati; scomparso nel nulla sembra anche il vastissimo archivio di cui pure, in questi documenti, è rimasta traccia (ventotto pagine zeppe di nomi e numeri che evidentemente si riferiscono a fascicoli su persone illustri, aziende, operazioni finanziarie, manovre politiche in Italia e all'estero). L'ultima iniziativa dei giudici romani conferma quanto ancora ci sia da scoprire sulle attività di Gelli e dei suoi «fratelli» più vicini, sulle operazioni che il -Maestro venerabile» ha potuto compiere all'ombra della Loggia. Ma qualcosa, questi documenti, già lasciano intuire: come Gelli sceglieva le sue pedine, in quali vicende queste si inserivano, a quale trafila doveva sottoporsi chi, per varie ragioni, aspirava ad essere ammesso fra gli «eletti». Seguiamo dunque, attraverso le carte sequestrate a Gelli, le storie di chi è finito con lui. Le domande 'Mentre assai di rado l'uomo si è venuto a trovare in situazioni che lo abbiano indotto a pentirsi di non aver espresso i suoi pensieri, molto spesso è stato costretto a condannare se stesso per essersi lasciato sfuggire frasi o parole che, a un esame retrospettivo, non avrebbe mai dovuto pronunciare». Chi voleva essere accolto nella Loggia P2, doveva anzitutto far tesoro di questa premessa, che infatti proseguiva: • Un'esperienza più che secolare dimostra la validità dell'antica massima "Il silenzio è d'oro". Massima che assurge a particolare valore se riferita a un organismo caratterizzato dalla più assoluta riservatezza» (fascicolo il .-e). A maggior chiarimento, l'aspirante massone veniva av- vertito (fascicolo 16/c, lettera di Gelli a Dante Piras) che -la nostra classe giornalistica, per la massima parte non preparata né educata, non è in possesso dei requisiti basilari dell'etica professionale, che indichino limiti di autocontrollo selettivo». Forse, tra i motivi di tanta segretezza, c'era anche la quantità di informazioni personali richieste all'aspirante massone da un modulo prestampato. L'intestazione era 'Propaganda Due - all'Oriente di Roma» : sotto, una serie di domande cui, in genere, il candidato rispondeva di suo pugno. La scheda chiedeva di precisare 'eventuali ingiustizie subite nel corso della carriera», il 'danno conseguente», e le «persone, istituzioni o ambienti cui ritiene possano essere attribuiti». Franco Colombo (come quasi tutti gli altri aspiranti di cui si trova traccia nella documentazione) lascia questi spazi in bianco. Sotto la richiesta, una dichiarazione nella quale il candidato prometteva che non avrebbe rivendicato -alcun diritto al patrimonio, comunque costituito, dell'Ordine stesso», e garantiva «di adeguare le sue azioni future ai principi dell'organizzazione massonica». In ciascuna domanda, segue a questa dichiarazione l'elenco delle persone che l'aspirante massone indica come garanti: Franco Colombo chiama a testimoni delle sue «qualità intellettuali, di rettitudine ed economiche» i «fratelli» Fabrizio Trecca e Giampiero Gabotto. Carlo Alberto Dalla Chiesa già nei giorni scorsi aveva dichiarato di aver chiesto l'ammissione per controllare cosa accadeva nella P2, ma di non essere stato accolto. Una lettera di Gelli (fascicolo 15/c) dei primi del '78 al generale conferma la non accettazione •a causa di imprevisti».. Numerose, tra quelle sequestrate dalla magistratura, le domande di iscrizione con firma autografa e le tessere: Fa¬ brizio Cicchitto, Pietro Longo, Gioacchino Albanese, Leonardo Di Donna, Vito Napoli, Giorgio Mazzanti, Franco Malfatti, Giovanni Tonisi, Vito Miceli, Salvatore Siracusano. Alcune sono «sospese» per mancanza di fotografia o perché la quota d'iscrizione non è stata ancora versata. Una, quella di un certo Cesar De La Vega, porta invece la dicitura: -Sospesa perché non è importante». L'iniziazione Compiuta una misteriosa «istruttoria», l'aspirante massone riceveva, spesso a pochi giorni dalla domanda, una prima comunicazione di Gelli, anche questa ciclostilata: poche frasi circospette per informare che la richiesta era stata accolta. Poi, dopo qualche giorno, il «Venerabile» comunicava, sempre in ciclostile e sempre abbastanza evasivamente: -Il perfezionamento della pratica avverrà a Roma il giorno La pratica, era ovviamente quella d'iniziazione. 'Per quanto riguarda il luogo — proseguiva Gelli — le sarà comunicato direttamente con alcuni giorni di anticipo dal suo presentatore. E' gradito l'abito scuro». Dei documenti fa parte (fascicolo 11/c) un elenco di aspiranti, di presentatori e di date dell'iniziazione: in genere, cerimonia sbrigativa in una stanza dell'hotel Excelsior. Si giurava, come avviene in tut¬ te le logge massoniche, sui propri parenti, «di non palesare per qualsiasi motivo i segreti dell'iniziazione muratoria». Subito dopo (fascicolo 7/a) il nuovo «fratello» veniva maggiormente edotto degli scopi che la Loggia si proponeva: 'La nostra organizzazione — scriveva Gelli — non rappresenta una corrente religiosa né ideologico-politica, ma è evidente che non può mancare dall'osservare con la più puntuale attenzione gli avvenimenti e, se sollecitata, a portare la propria collaborazione contro l'immoralità e il malcostume». Il danaro Sulla quota ufficiale, nessuna discussione: doveva essere pagata subito, a giuramento avvenuto. Di questi versamenti, nella documentazione resa pubblica dalla Camera, si trovano numerose tracce, anche se non si tratta di fotocopie di assegni, ma solo di appunti dattiloscritti. Vito Napoli, deputato democristiano, risulta aver versato 150 mila lire il 13 maggio '80. Gian Aldo Arnaud, suo collega di partito, altre 150 mila. Il 4 aprile tocca a Leonardo Di Donna, vice presidente dell'Eni. Il 29 gennaio Michele Principe, presidente della Stet, versava 200 mila lire. Il 3 dicembre del '79. si trova traccia di un versamento di 200 mila lire compiuto da Cesare Golfari, già presidente della Giunta regionale lombarda. Il 3 ottobre '79 tocca a Gian Paolo Cresci (100 mila lire) e il 28 settembre all'on. Emo Danesi (250 mila). Gino Birindelli, ammiraglio e parlamentare, versa 100 mila lire. Vanni Nisticò. ex capo ufficio stampa del psi, regola le sue pendenze (150 mila lire) il 23 aprile '79. Nelle registrazioni appaiono anche versamenti compiuti da Pietro Longo (150 mila lire). Franco Di Bella, direttore del Corriere della Sera (350 mila), Mario Semprini, Federico D'Amato, Elio Cioppa, Maurizio Costanzo, Silvio Berlusconi, Roberto Gervaso. Giulio Grassini. Antonio Labruna, Francesco Cosentino, Loris Corbi, Roberto Calvi (mezzo milione), Raffaele Giudice, Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din. Altri, invece, sembrano aver preso danaro: i documenti dicono che il magistrato Domenico Pone ha ritirato nel giugno dell'80 una «terza rata» di 5 milioni. Lo stesso giorno, l'ex «Gran Maestro» Giordano Gamberini risulta aver incassato un milione e mezzo. Il «Gran Maestro» Lino Salvini riceve il 30 agosto del '77 due milioni come 'Con¬ tributo per firma tessere»; a Gamberini va invece un milione, sotto forma di 'Contributo per iniziazione». Le riunioni Nella documentazione si trova traccia di una sola riunione della «P2», avvenuta il 21 maggio del '76: in quell'occasione i «fratelli» scelsero il loro gruppo dirigente. «Maestro venerabile» era ovviamente Licio Gelli, e primo segretario il generale Picchiotti. Il 27 luglio dello stesso anno, dopo le prime polemiche e le prime indagini della magistratura, la Loggia sospende i lavori «a tempo indeterminato», almeno ufficialmente. Ma il primo luglio dell'80 è lo stesso Gelli a informare i «fratelli» con una circolare (fascicolo 7/a) che «dopo lungo trascinarsi nel tempo, sono stati accettati i locali messi a disposizione dal Centro di documentazione delle cooperative europee, in via Vico». Secondo Gelli «é questa l'unica via idonea e positiva per consentire diretti e continui contatti in ogni giorno della settimana». Pochi mesi dopo, la magistratura piomberà proprio in quegli uffici. L'archivio Che esistesse, è dimostrato da un intero dossier (fascicolo 8/c) che reca l'intestazione: •Elenco alfabetico di circa 500 voci, presumibilmente relativo ad archivio non rinvenuto nella perquisizione». L'elenco comprende sia massoni che «profani», aziende e banche, fatti italiani, operazioni finanziarie, questioni internazionali. Sono schedati, tra gli altri, Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Francesco Cossiga, Eugenio Cefis, Roberto Calvi, i Caltagirone, Eugenio Scalfari, Oriana Fallaci, Attilio Monti. Un dossier era intitolato ad Aldo Moro, uno a Flaminio Piccoli, altri ad Amedeo Ortolani, Mino Pecorelli. Uno. perfino, a Isabelita Peròn. Ma le informazioni di Gelli abbracciavano molti altri campi: alcuni dei fascicoli scomparsi portavano intestazioni come 'Norme nomine militari», .Mec-Principato di Monaco», .Politica Usa», • Opus Dei», .Eni-Mozzanti», .Mediocredito Marche», • Raggruppamenti estremisti», .Progetto decreto amnistie». Quest'ultimo, stando al numero d'ordine, era fra i più recenti. Poi c'erano i fascicoli dedicati alla Rizzoli, tantissimi. Si parte da un .Gelli Lido-Incarico Rizzoli» per ritrovare, via via, •Contributo causa L'Eu¬ ropeo», .Rizzoli Argentina», •Rizzoli finanziaria», .Relazione interviste personaggi politici gruppo Rizzoli», .Rizzoli anticipazione spese», .Rizzoli cinema», .Rizzoli Assicurazioni», .Rizzoli Andreafissato bollato», .Relazione Ortolani-Tassan Din», .Rizzoli gruppo-proposta ristrutturazione anni '80». E perfino un .Rizzoli Angelo-spese villa». A Bruno Tassan Din erano dedicati due dossier, uno dei quali con l'aggiunta: «personale». Nell'elenco appare due .volte anche Vittorio Emanuele: prima come «Savoia», poi come «Vittorio! Emanuele IV». Sandra Bonsanti Giuseppe Zaccaria j