Esaltato dalle Br in auto «l'attacco alla Montedison» di Claudio Cerasuolo

Esaltato dalle Br in auto «l'attacco alla Montedison» Proseguono i due processi per armi e banda armata contro i terroristi che agirono in Piemonte Esaltato dalle Br in auto «l'attacco alla Montedison» TORINO — Nona udienza al processo che si celebra nell'aula A delle Vallette contro i 73 appartenenti alla colonna torinese delle Br. Adriana Garizio, la professoressa del Politecnico già condannata a tre anni di carcere per partecipazione a banda armata, rimessa in libertà, rientrata nell'organizzazione eversiva e nuovamente catturata, ha letto il comunicato n. 4, a nome di 19 firmatari, il gruppo di detenuti che si dichiara militante brigatista. Ha impiegato 26 minuti per leggere le otto pagine dattiloscritte del nuovo documento, il più lungo letto in quest'aula. Il primo attacco è contro il sindacato e i revisionisti: «Il sindacato non ha più nulla da dire se non cose fuori e contro gli interessi della classe operaia: può parlare solo per rivendicare la figura di un operaio che aveva smesso di essere tale nel momento in cui ha cominciato a fare la spia: Guido Rossa». L'operaio dell'Ansaldo Rossa ha pagato con la vita la sua denuncia del terrorismo in fabbrica. Per Adriana Garizio e compagni «l'unica alternativa in Italia è la lotta armata per il comunismo». Il comunicato fa un esplicito riferimento all'ultima impresa delle Br, il sequestro del dirigente del Petrolchimico della Montedison a Porto Marghera: «Con attacco alla Montedison la classe operaia ha gettato tutto il suo peso nella lotta portando l'attacco al cuore della produzione capitalistica». Particolarmente soddisfatti apparivano durante la lettura di questo passo del documento Vincenzo Guagliardo e Nadia Ponti. Guagliardo, brigatista della prima ora, processato e condannato con Curcio e i capi storici, ha approfittato della libertà vigilata per rientrare nell'organizzazione. Assieme a Nadia Ponti, una allieva che almeno in fatto di delitti ha superato il maestro, si è trasferito nel Veneto dove ha organizzato una colonna. I rapitori del dirigente Montedison son dunque lo reclute di Guagliardo e Ponti. Altre sei pagine di documento sono interamente dedicate alla Fiat, la vicenda dei 61 licenziati, la cassa integrazione, la marcia dei capi per difendere il diritto al lavoro, l'atteggiamento assunto dal sindaco Novelli, colpevole agli occhi dei terroristi, di aver diffuso i questionari sul terrorismo in fabbrica, «per trasformare l'intera popolazione torinese in un esercito di spie». Finita la lettura del comunicato, il presidente Barbaro ha ridato la parola all'avvocato Bestente, parte civile nel processo per lo Stato. Dopo aver esaminato nella precedente udienza la posizione dell'avvocato detenuto Sergio Spazzali, che ritiene responsabile di aver tenuto i collegamenti tra brigatisti in clandestinità e catturati, Bestente è passato a distinguere nell'organizzazione eversiva i capi, gli organizzatori, e i semplici gregari. La lista dei capi e degli organizzatori (Peci e Spazzali compresi) comprende finora 24 nomi. L'elenco si apre con Angela Vai, la maestrina responsabile di diversi attentati, ospitata nell'alloggio-covo di corso Peschiera, affittato dai fratelli De Cecco, Giuseppe appartenente alla «Triplice», responsabile dei due attentati alla caserma Lamarmora, dove si celebrava il primo processo Bre, la sorella Maria Carmela, fidanzata con un altro militante Br, Pietro De Rosa. Per rinnegare la confessione fatta durante l'istruttoria De Rosa, alla prima udienza, ha tentato di strangolare Edoardo Liburne sottratto ad una morte sicura dalle urla della moglie Loredana Casetti. Gli altri sei detenuti presenti nella gabbia n. 5 non hanno mosso un dito per evitare il delitto. Bestente ha impiegato poche parole per indicare le responsabilità di detenuti come Nadia Ponti, una figura di spicco nell'organizzazione o Adriana Garizio, accusata da alcuni complici di tenere i collegamenti tra Br e Prima Linea. Sempre tra gli organizzatori l'impiegato della Olivetti Giorgio Battaglin e Silvana Innocenzi ospitata nell'appartamento di via Giordano che egli aveva comprato mettendolo a disposizione delle Br; il geometra Italo Coletta che aveva proposto di sequestrare il suo datore di lavoro, un imprenditore edile ; l'impiegato del Comune, Claudio Chiavalon, Pier Luigi Bolognini, che assieme a Carmine Grazioso (poi licenziato dalle Br perché assenteista) aveva messo su una officina per l'arsenaledell'organizzazione con 15 milioni datigli da Raffaele Fiore, capocolonna prima di Peci a Torino. Ancora nel ruolo di organizzatori Giuseppe D'Adami, (Fronte Logistico), Salvatore De Carlo (della «Triplice»), Dante Di Blasi, Nicola D'Amore, Giacinto Ramanzin, Michele Tartaglione, e la convivente Ivana Solavaggione (tutti della Brigata Presse), Giuseppe D'Amore, Mario Mirra, Leonardo Policastro e Carlo Bersini. Claudio Cerasuolo

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