Dai ministri della Lega araba oggi un piano per il Libano? di Igor Man

Dai ministri della Lega araba oggi un piano per il Libano? INIZIATIVE DIPLOMATICHE PER SCONGIURARE LA GUERRA Dai ministri della Lega araba oggi un piano per il Libano? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BEIRUT — I ministri degli Esteri dei Paesi aderenti alla Lega araba si riuniscono oggi a Tunisi. E' una sessione di emergenza, all'ordine del giorno c'è la «sfida» israeliana alla Siria. Ma la conferenza segna una data importante per altri non meno trascurabili argomenti sul tappeto. Potrebbe, infatti, essere l'occasione buona per alleggerire, se non eliminare, i cosiddetti conflitti interarabi. E' il primo raduno della Lega araba dopo il summit dello scorso novembre in Amman, boicottato da cinque Paesi e dalVOlp. Allora disertarono Siria, Libia, Algeria, Sud Yemen e Libano. Quel boicottaggio impedì la formulazione dì una strategia araba comune in consonanza con le risoluzioni adottate a Baghdad nel 1978 contro gli accordi di Camp David. Il summit di Amman coincise con una crisi tra la Siria e la Giordania. Solo l'arbitraggio imperioso dell'Arabia Saudita scongiurò il peggio. n fatto che oggi i ministri degli Esteri si riuniscano a Tunisi dimostra, ancora una volta, come la «sfida» israeliana rimanga l'unico collante capace di tenere insieme Paesi tanto diversi gli uni dagli altri per visione politica o motivazioni ideologiche. Va det- to come l'obiettivo di Tunisi non è solo quello di proclamare solidarietà con la Siria, ma anche di evitare un po' a tutti di cadere nell'ingranaggio di uno scontro con Israele al quale i Paesi arabi non sono affatto preparati. A parte le esercitazioni verbali contro Israele, c'è da pensare che i Paesi arabi, specie quelli conservatori, si preoccupino nella sostanza di allentare la tensione. Un tale obiettivo può raggiungersi soltanto affrontando di petto, con serietà e onestà, la questione libanese. Alla grande conferenza di Tali, nel gennaio scorso, il presidente libanese Sarkis ammoni amici e nemici che se la comune strategia araba avesse ignorato il Libano, presto si sarebbe avuta un'esplosione suscettibile di coinvolgere tutta la regione. Se i ministri degli Esteri riuniti a Tunisi riuscissero a varare un piano per avviare a soluzione il caso libanese, ristabilirebbero l'unità dei ranghi, scongiurando disastri futuri. Gli ultimi accadimenti hanno portato il caso libanese alle soglie dell'internazionalizzazione — in senso bellico — e regalato a Israele l'opportunità di inserirsi in Libano come «parte in causa». Peccheremo di ottimismo, ma riteniamo ci sia ancora una possibilità per K"' arabi di riprendere l'iniziativa in Libano. Ma non basterà cooperare col presidente Sarkis e con le legittime autorità libanesi, è indispensabile farlo anche con le destre cristiane, con i palestinesi. I primi bisognerà persuaderli a «mollare» Israele, optando per gli arabi. I secondi vanno rassicurati e garantiti nei loro diritti. Tutto lascia pensare che gli Stati Uniti appoggino le proposte saudite per risolvere la crisi dei missili Sam siriani nella Valle della Bekaa. Mentre Habib era a Riad, il presidente Reagan riceveva il capo dell'Intelligence saudita, principe Turici ben Feisal. Te nuto conto che caso libanese e crisi dei missili si legano, quale potrebbe essere la formula capace di risolvere la tragedia libanese, vecchia oramai di sei anni? Occorrerebbe innanzitutto rivedere la formazione della Fad (Forza araba dissuasione), al momento composta interamente di siriani. Sembra che i sauditi riproporranno di prolungarne il mandato (che scadrebbe il 27 luglio) per altri sei mesi. Durante tale lasso di tempo, la Fad verrebbe ristrutturata includendovi soldati di altri Paesi arabi, con l'Arabia Saudita e il Kuwait a far da tesorieri, meglio, ufficiali pagatori. Nello stesso periodo, il governo libanese si preoccuperebbe, a sua volta, di ristrutturare l'esercito che, oggi come oggi, viene considerato dai musulmani progressisti una longa manus dei cristiani di destra. L'armata rifatta rileverebbe in vari settori del Libano le forze della Fad. A loro volta i palestinesi, in cambio ovviamente di dovute garanzie, dovrebbero impegnarsi a rispettare gli accordi del Cairo (ottobre 1976). Codesti accordi impediscono loro di accedere in certe zone del Sud Libano e di lanciare attacchi contro Israele dal territorio libanese. Risolvere la crisi secondo queste direttrici: ecco il punto. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo un mare di diffidenza, di rivalità annose, di incomprensioni ideologiche e, ahimè, anche di odio. Igor Man