Affondate la «Bismarck»

Affondate la «Bismarck» QUARANTANNI FA LA PIÙ' DRAMMATICA BATTAGLIA NAVALE Affondate la «Bismarck» L'uscita in oceano della corazzata tedesca èper Londra una sfida mortale - Da quel momento ha inizio, nell'Atlantico sterminato, una folle e tragica corsa - La nave «Hood» salta in aria, la «Prince of Wales» è smantellata - Poi la fortuna cambia direzione: raggiunta da un aereo, braccata dagli incrociatori la «Bismarck» finisce nell'abisso trascinando con sé duemila uomini L'ultima crociera di guerra della *Bismarck> — quella che si concluderà con la sua morte negli abissi marini dopo sei giorni di spietata caccia inglese — comincia alle 23,30 del 18 maggio '41 quando la corazzata tedesca, considerata inaffondabile e fra le più temibili del mondo, lascia nel Baltico l'ancoraggio di Gdynia (la «squallida Gotenhafen») e risale Kattegat e Skagerrak diretta alle gelide distese dell'Atlantico settentrionale: il suo compito è quello dì entrare nell'oceano da Nord, attraver¬ so i ghiacci della Groenlandia e lungo il Canale di Danimarca, e fare razzie fra le navi nemiche i cui rifornimenti garantiscono la sopravvivenza della Gran Bretagna ancora assediata da Hitler. E' la tarda primavera di quarantanni fa. In Mediterraneo le armate del Reich, invasa la Grecia, si accingono a occupare Creta mentre Rommel d'Africa prepara la marcia sull'Egitto ed è quindi necessario — secondo Hitler — tenere occupata la flotta inglese per impedirle di inviare aiuti alla «Forza H» dell'ammiraglio Somerville a Gibilterra. Poiché da qui a poche settimane le notti artiche saranno più brevi e diverrà difficile qualsiasi segreto spostamento di una squadra navale, bisogna che la «Bismarck» salpi subito. Purtroppo non potrà avere una grossa scorta: la «Lùtzow», lo «Scharnhorst» e lo «Gneisenau- sono danneggiati, l'«Admiral Scheer- è in revisione, la «Graf Spee- è stata affondata a Montevideo e la nuovissima «Tirpitz- si trova ancora in allestimento. La «Bismarck-, quindi, parte accompagnata solo dall'incrociatore pesante «Prinz Eugeni e la notte del 21 maggio — dopo una sosta nel fiordo norvegese di Kors dove sono state riverniciate con un colore più adatto al plumbeo cielo dell'oceano — le due navi da battaglia penetrano nell'Atlantico con rotta Nord-NordOvest. La corazzata — che innalza il vessillo bianco con croce nera del comandante in capo della flotta, l'ammiraglio Gunther Lutjens, 51 anni, di Wiesbaden — è l'orgoglio della Kriegsmarine: varata nei cantieri Blohm und Voss di Amburgo nel giorno di S. Valentino del '39, stazza 45.000 tonnellate, è lunga 252 metri e larga 36 ed ha duemila uomini di equipaggio. Il suo armamento è di otto cannoni da 380 mm, dodici da 150 e quattordici da 105; torri e fiancate hanno corazzate in acciaio spesse 33 centimetri. Per quasi due giorni «Bismarck» e «Prinz Eugen» procedono indisturbate; poi, la sera del 23 maggio, un incrociatore pesante inglese, il «Suffolk» — mandato a pattugliare quelle acque dal comandante in capo della Home Fleet, l'ammiraglio John Cronyn Tovey, 56 anni, che si era già fatto un nome allo Jutland nel '16 — avvista le due navi tedesche e si mette in contatto col «Norfolk», suo gemello, che uscendo dalla nebbia e dai piovaschi un'ora do- po viene preso a cannonate dalla «Bismarck». Sono i primi colpi della battaglia. Da quel momento, per tutta la notte, gli incrociatori inglesi, messisi fuori tiro, seguono la corazzata tedesca, controllandone le mosse sui radar e segnalandone la posizione alla vicina squadra navale del vice ammiraglio Holland. Esplosione Questi, forzando le macchine, avvista il nemico la mattina del 24 ma, nella fretta di attaccare, commette due gravi errori: si avvicina con le proprie forze (l'incrociatore da battaglia -Hood», la più grande nave da guerra del mondo, e la corazzata -Prince of Wales-I su una rotta quasi perpendicolare a quella delle due unità tedesche, impedendo così alle sue di servirsi delle potenti artiglierie poppiere; e scambia il «Prinz Eugen- per la «Bismarck-, facendo aprire il fuoco non sulla corazzata ma sull'incrociatore. Colpito a mezza nave da una granata del «Prinz Eugen- che, incendiando un deposito di munizioni, lo avvolge rapidamente in una cortina di fiamme, lo «Hood- riceve in pieno la quinta salva della «Bismarck». La santabarbara poppiera esplode e l'incrociatore, spaccato in due, affonda in pochi minuti: su 1419 uomini di equipaggio ci saranno solo tre superstiti. La «Prince of Wales», per quanto mal ridotta dallo scambio 'di colpi con la «Bismarck» e il «Prinz Eugen», riesce invece a sganciarsi nascondendosi dietro una cortina fumogena. Lo scontro è stato largamente favorevole ai tedeschi e, allora, Lutjens decide di lasciare libero il «Prinz Eugen» e di portare la «Bismarck», danneggiata, a Saint-Nazaire. Ma Tovey non molla. Per tutto il giorno, sempre inquadrata nello schermo radar del «Suffolk» che la segue come un'ombra, la corazzata tedesca procede verso Sud con due serbatoi colpiti dalle cannonate dello «Hood» e la nafta che comincia a scarseggiare. La notte del 25 maggio, dopo aver subito senza danni un attacco di nove biplani Swordfish decollati dalla portaerei « Victorius» fatta accorrere da Scapa Flow con una scorta di incrociatori, la «Bismarck» scompare e lo scoraggiamento serpeggia tra gli inglesi che si vedono sfuggire la preda. Improvvisamente, la mattina del 26 la corazzata tedesca rompe il silenzio radio per trasmettere a Berlino un lungo rapporto sull'affondamento dello «Hood». E' uno sbaglio madornale, certo dovuto al fatto che Lutjens ignora di essere riuscito a «seminare» gli inseguitori. L'errore dell'ammiraglio tedesco permetterebbe al nemico di rintracciare subito la «Bismarck» se gli inglesi non ne commettessero uno a loro volta: intercettato il messaggio, infatti, sbagliano a trascrivere i rilevamenti e localizzano l'unità tedesca molto più a Nord della sua vera posizione. A scoprire la «Bismarck» è un americano, il guardiamarina Léonard «Tuck» Smith, 26 anni, del Missouri (del quale la stampa britannica, poi, non parlerà perché fino a questo momento della guerra gli Stati Uniti sono neutrali), il quale si è arruolato volontario nel Coastal Command inglese. Col suo idrovolante Catalina, Smith sorvola la corazzata te- desca a 700 miglia da Brest. Come fermarla? Tra la base navale francese e la «Bismarck» c'è il nucleo della «Forza H» di Somerville che interviene anche lui da Gibilterra con la portaerei «Ark Royal» scortata dagli incrociatori «Sheffield» e «Renown». Nell'Atlantico in burrasca, sconvolto da ondate alte come case di quattro piani, quindici Swordfish decollano nel primo pomeriggio dal ponte di volo della portaerei. Incredibilmente, nella confusione, gli aerei sbagliano obiettivo e attaccano lo «Sheffield» scambiandolo per la • Bismarck». Undici siluri piombano in acqua: otto esplodono toccando il mare, tre vengono schivati con abili e fredde manovre dell'incrociatore amico. Chiarito l'equivoco, altri Swordfish decollano per un nuovo attacco ma l'abbaglio preso dalla prima ondata è servito: i piloti si sono infatti accorti che i siluri ad acciarino magnetico sono scoppiati al semplice contatto con l'acqua sicché li sostituiscono con quelli a percussione. E il risultato è nettamente migliore: due siluri raggiungono la «Bismarck», uno apre un grosso squarcio a poppa e blocca il timone in modo tale che, da questo momento, la corazzata può solo descrivere un ampio cerchio sul mare. Ecatombe E'la fine. Quando vedono la «Bismarck» invertire la rotta e puntare, stranamente, al Nord, gli inglesi capiscono che la lunga caccia — nella quale sono stati impiegati otto navi da battaglia, due portaerei, undici incrociatori, ventun cacciatorpediniere e sei sommergibili — sta per concludersi. Mentre tutti gli U-Boote disponibili accorrono verso il colosso in agonia, mentre Lutjens telegrafa a Hitler: «La nave non è più governabile. Ci batteremo fino all'ultimo proiettile. Viva il Fuehrer», attorno alla corazzata alle 8 del mattino emergono, fra piovaschi e banchi di nebbia, l'incrociatore «Norfolk», implacabile inseguitore dell'uni¬ tà tedesca, e le corazzate Rodney* e -King George V» (sulla quale si trova Tovey). Alle 8,47 incomincia il cannoneggiamento. Quindici minuti dopo le due torri prodiere della «Bismarck» sono fuori uso. Nel giro di altri 15 minuti anche le centrali di tiro vengono demolite. Poco dopo le 10 tutte le artiglierie di bordo sono ridotte al silenzio. Alle 10.18, a corto di carburante e preoccupato dall'arrivo imminente degli U-Boote, Tovey ordina la ritirata. La «Bismarck», un rottame coperto di mòrti e feriti, galleggia ancora. Mentre si allontana, il capo della Home Fleet trasmette un ultimo messaggio: «Tutte le navi in possesso di siluri si avvicinino alla "Bismarck" e la silurino». Ma l'incrociatore «Dorsetshire» non ha atteso quest'ordine; s'è già portato a 3000 metri dalla carcassa fumante della corazzata e piazza due siluri a dritta e a sinistra. La «Bismarck» ha un ultimo sussulto, si capovolge e cola a picco di poppa. Centosette naufraghi saranno salvati: Lutjens perisce con 1975 uomini. Sono le 10,40 di martedì 27 maggio e un'ora dopo, a Londra, Churchill si presenta ai Comuni per riferire sulla battaglia in Atlantico pur senza conoscere i risultati finali di questo scontro in cui sono morti più di 4000 marinai, inglesi e tedeschi, e che può paragonarsi ai maggiori fatti d'arme navali di tutti i tempi, da Salamina a Lepanto, dall'Armada a Tsushima, allo Jutland alle Midway Appena finita la relazione Churchill riprende posto nel suo banco ma si è appena seduto quando entra un commesso che gli consegna un biglietto. Nell'improvviso, teso silenzio dell'aula il Primo Ministro — con sapiente senso scenico — tiene a lungo gli occhi fissi sulle poche parole del messaggio; poi si volge al presidente: «Signor presidente, dice, chiedo scusa per questa mia interruzione. Ho appreso che la "Bismarck" è stata affondata». E, come Churchill ricorderà nelle memorie, «i deputati parvero soddisfatti». Giuseppe May da