Testimoni parlano della notte in cui fu sequestrato Saronio
Testimoni parlano della notte in cui fu sequestrato Saronio Depongono alcuni autonomi al processo di Milano Testimoni parlano della notte in cui fu sequestrato Saronio MILANO — Al processo d'appello per il sequestro e l'omicidio di Carlo Saronio sono arrivati ieri nella veste di testi liberi alcuni imputati del «7 aprile». Due di loro. Silvana Marelli e Egidio Monferdin, sono accusati anche per il sequestro, ma di questo reato dovranno rispondere ai giudici di Roma nel «processone» ai dirigenti di Autonomia. Per primo è stato interrogato Mauro Borromeo, direttore amministrativo dell'Università cattolica. Ha raccontato che la notte tra il 14 e il 15 aprile del 1975, la stessa notte in cui venne rapito Saronio, si svolse a casa sua una riunione del proprio (non meglio specificato) gruppo a cui parteciparono Saronio, Silvana Marelli, Renata Cagnoni, lui e la moglie. Tino Cortiana. Ha aggiunto di avere saputo il giorno dopo del rapimento, ascoltando il telegiornale: «Stabilimmo di rivederci. Io soprattutto volevo sapere dalla Marelli perché, tempo prima, in tono semischerzoso disse che avremmo potuto risolvere i problemi di finanziamento sequestrando Saronio, con il suo consenso. Ma sei pazzo — mi rispose — io scherzavo». L'incontro in casa Borromeo viene confermato da un'altra testimone, Renata Cagnoni, la quale nega che vi fosse Cortiana e la descrive come «una riunione» tranquilla e rilassata. «Dopo che si diffuse la notizia del seque¬ stro — racconta — noi amici di Saronio cercammo di fare un'indagine per sapere chi fossero i rapitori, ma senza risultati». Una breve interruzione del dibattimento e quindi compare Silvana Marelli. Prima di tutto fa una dichiarazione: «// fatto che io sia qui nella veste di testimone-imputata è un insulto alla memoria di Carlo Saronio. Si è fatta una campagna diffamatoria per dare credito alle calunnie di un farabutto» (cioè il «pentito» Carlo Fioroni). Racconta poi della riunione: «Erano incontri conviviali e amichevoli — dice —, in cui .si discuteva prevalentemente di politica. Quella sera Saronio era allegro. Alla fine mi accompagnò a casa assieme a una mia amica. Uscendo notammo una vettura che ci parve sospetta e ne prendemmo il numero di targa». «Casirati — le fa notare il giudice "a latere" —diceche il rapimento avvenne sotto casa di Borromeo, che vi assistettero in due mentre gli altri si dileguarono E'falso assolutamente — risponde —. Saronio è stato rapito dopo che io lo lasciai. Le menzogne di Casirati sono ridicole». Quindi la Marelli descrive il clima che si diffuse tra gli amici di Saronio dopo la notizia del sequestro: le ipotesi (opera della malavita oppure provocazione poliziesca o dei fascisti): le ricerche («confuse e inutili»); le indagini al Registro automobilistico e la scoperta che la targa dell'auto «sospetta» era rubata: infine il ruolo subdolo di Fioroni, che si offre di contattare la fidanzata di Saronio. Infine nega poi recisamente che si sia mai parlato di un «autosequestro» di Saronio, neppure in tono scherzoso. Dalla testimonianza di Egidio Monferdin viene fuori soltanto che egli aveva conosciuto Casirati e che aveva nutrito dei sospetti su di lui. Di questi sospetti Casirati ebbe sentore: «Venne a Padova facendo una scena madre — racconta —. ci tacitò dal mettere in giro "certe voci". "Io non c'entro"gridava». s. mr.
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