Pettini tra gli emigrati in Svizzera chiede più rispetto per gli italiani di Giuseppe Zaccaria

Pettini tra gli emigrati in Svizzera chiede più rispetto per gli italiani D Presidente ha visitato una scuola e una fabbrica vicino a Zurigo Pettini tra gli emigrati in Svizzera chiede più rispetto per gli italiani «La nostra gente non si sente superiore, ma non è inferiore a nessun'altra» - L'incontro con un gruppo di scolari e di operai - Anche un «bazooka» in dotazione agli agenti di scorta DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE WINTERTHUR — .Sandro Pertini deve avere buone relazioni con Dio», ha scritto ieri un quotidiano svizzero raccontando dello splendido, insolito sole che ha accompagnato finora la visita del nostro Presidente immergendo la Confederazione in un clima quasi italiano. Le buone relazioni sono valse ieri, ed è stato in questa atmosfera che dopo due giorni trascorsi a trattare degli emigrati, Sandro Pertini ne ha dedicato uno a parlare con loro. Con quelli di Zurigo, che l'hanno accolto a migliaia nella «Casa d'Italia» tra grida e cori di bambini, e quelli di Winterthur. una splendida cittadina a poca distanza dalla capitale del Cantone, che l'hanno atteso invece nella più austera cornice della «Sulzer». una delle più importanti industrie metalmeccaniche del mondo. Dappertutto canti, bandiere, doni, fiori, strette di mano. In una giornata finalmente libera dalle restrizioni del protocollo, le uniche sbavature sono emerse proprio nell'apparato che, fino all'altro ieri, gli svizzeri erano riusciti a rendere così discreto, quello di sicurezza. Prima a Zurigo, poi a Winterthur, la Mercedes che trasportava Pertini è giunta sorvolata da due eli¬ cotteri, preceduta da auto della «Kanton Polizei». che sui sedili mostravano persino un bazooka, circondata da agenti che le marciavano accanto, seguita da jeep dal cui tetto spuntavano uomini in tuta mimetica coi mitra imbracciati. Ogni Cantone, spiegavano un po' imbarazzati i cortesissimi organizzatori della visita, gestisce come crede i servizi di sicurezza. E se Berna è una città tranquilla. Zurigo è la metropoli che sta vivendo in modo sempre più drammatico (almeno secondo i parametri svizzeri) il fenomeno della contestazione giovanile. Pino a qualche tempo fa i «Kravallisten», definizione che si può tradurre come «creatori di disordini», spaccavano le vetrine solo al sabato sera. L'altro ieri invece, proprio alla vigilia dell'arrivo di Pertini, altri cristalli erano stati infranti nella luminosa Banhofstrasse, per protestare contro sgombri sbrigativamente compiuti dalla polizia. Le autorità cantonali, insomma, avevano ritenuto che alla visita del Presidente italiano si accompagnasse un intollerabile, anche se minimo, margine di rischio. Il risultato di tanta prudenza è stato purtroppo quello di rendere più difficile il contatto col visitatore proprio al momento del¬ l'incontro con gli emigrati italiani. Quelli che si sono trasferiti a Zurigo, hanno atteso il Presidente in una «Casa d'Italia» addobbata a festa. La palazzina, una vecchia costruzione di periferia, ospita una scuola elementare e una media, e accoglie quasi 500 alunni. Quelli delle elementari erano schierati su un palco, in una sala addobbata come da noi accadeva qualche anno fa per le recite scolastiche: festoni alle pareti, nastri tricolori e un pianoforte che all'arrivo del Presidente ha dato l'avvio al coro. .La bandiera del tricolore è sempre stata la più bella», cantavano i bambini mentre Sandro Pertini arrivava al palco, e dopo gli inni, dopo il ringraziamento dell'ambasciatore Rinieri Paolucci ai familiari di tre cittadini svizzeri, morti in un incidente stradale mentre rientravano dall'Italia dove avevano portato aiuti ai terremotati {.Grazie, non li dimenticheremo»), Pertini ha parlato coi ragazzi. Facendosi largo a fatica nella sala, uno dopo l'altro i figli degli emigrati sono arrivati sino al Presidente, soffiando emozionati nel microfono le loro domande. Nella circoscrizione di Zurigo vivono più di 70 mila italiani, gli spunti per parlare dei problemi non sarebbero mancati. Purtroppo, come avviene in tutte le occasioni troppo attese, le domande che i ragazzini ponevano erano quelle che i loro insegnanti avevano ritenuto più opportune: sul passato del Presidente, la Resistenza, il terrorismo. Sandro Pertini ha trovato egualmente però il modo di dire le cose che aveva in mente. Ha detto, si, del suo passato, della sua esperienza di emigrante forzato: ma più volte, e con durezza, ha parlato tra gli applausi della gente italiana (-die non si sente superiore, ma non è inferiore a nessun'altra»), del valore dei nostri emigrati, concludendo tra le grida di approvazione dei bambini: .500 mila italiani cooperano al benessere del popolo svizzero: è giusto dunque che come lo svizzero anche il lavoratore italiano venga rispettato». Poco più tardi, la visita alla fabbrica di Winterthur, sorprendentemente immersa nel verde: solo nei due stabilimenti della zona, sono occupati 1150 italiani. I cartelli che gli operai mostravano all'arrivo del Presidente parlavano di terremoto, di ricostruzione, e ammonivano: .Pertini, non ci dimenticare». Giuseppe Zaccaria asSrApnisgsscgnar

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