Sandalo, grande pentito di PI «Ho paura di morire in carcere» di Claudio Giacchino

Sandalo, grande pentito di PI «Ho paura di morire in carcere» Il processo ai terroristi di Prima Linea alle Vallette di Torino Sandalo, grande pentito di PI «Ho paura di morire in carcere» Lo ha detto ai giornalisti aggiungendo: «La mia dissociazione dal terrorismo è completa» - Gli altri imputati lo guardano con disprezzo e uno gli dice: «Maiale» - Forse oggi si ascoltano alcuni accusati TORINO — Ed eccolo Roberto Sandalo, 11 grande pentito di Prima linea, il terrorista che dopo aver sparato, ferito, ucciso, rapinato si è dissociato dalla lotta armata e ha smantellato la sua organizzazione denunciando 150 complici e denunciando se stesso per un omicidio che pareva ormai destinato all'impunità. In un silenzio di gelo, alle 10,50 Sandalo detto «Roby il pazzo- (tale era il suo nome di battaglia) compare nel bunker delle Vallette, entra nella gabbia numero 1. lasciata vuota apposta per lui. Nelle altre cinque gabbie, isolate l'una dall'altra dai vetri antiproiettili, sono rinchiusi 41 imputati. Nessuna invettiva, nessuna minaccia si leva da dietro le sbarre e dalla folla di spettatori addossata alla transenna, al fondo del grigio padiglione che ospita il processo contro il gruppo di Prima linea. I compagni di un tempo dedicano a Sandalo soltanto occhiate cattive o di ostentato disprezzo: rumorosa invece la curiosità dei cronisti e fotografi. Un assedio prolungato di flashes e domande stringe la gabbia, il pentito pare reggerlo con disinvoltura. L'intima tensione è tradita soltanto dal volto, molto pallido. Un giornalista abbozza «Allora, Roberto...», Sandalo ribatte con un sorriso stirato: «Dopo, dopo l'interrogatorio concederò interviste'. Gli chiedono: «L'ha finito il suo libro di memorie?», l'ex terrorista si rivela un abile pubblicitario di se stesso: «Si, penso che sarà abbastanza interessante: dentro ci sono i retroscena di Prima linea, verrà pubblicato al momento opportuno». Parla pure di Donat-Cattin padre? -Uhm, certo, leggerete...». Tormenta l'anello, ride stupito per la domanda: «Si è sposato in prigione?», replica: .Macché, per carità, il matrimonio... ne ho già di grattaca pi. L'anello mi ricorda un episodio molto caro-. Dietro le lenti gli occhietti da miope, sempre gelidi e indagatori, si rimpiccioliscono al quesito: «Che fa in carcere?». La risposta è tesa: «Studio e ho paura. Paura di morire, perché in galera oggi si muore». Dice con slancio: «La mia dissociazione dal terrorismo è completa» ripete: «in carcere è facile morire-, poi i carabinieri interrompono il dialogo. Quando era detenuto a Piacenza Sandalo fu sfiorato, mesi fa, dalla vendetta degli ex compagni, da allora le misure di sicurezza si sono rafforzate. Adesso Roberto è custodito con Roberto Vacca, altro grande pentito che ieri non si è presentato in aula (circa la metà dei 94 accusati preferirà la solitudine della cella alla tensione che deve regnare nelle gabbie) in un posto sicuro attorno a Torino (una caserma dei carabinieri). «/ due hanno a disposizione un appartamentino dotato di tutti i comforts — spiega qual cuno — sono sorvegliati a vista. Anche quando erano a Bergamo vivevano in un brac ciò isolato, insieme con altri pentiti di PI: per questi pri gionieri gli agenti di custodia sono prima guardie del corpo e poi secondini». Arrivano altri imputati: Ecco Susanna Ronconi, per anni una delle figure più misteriose dell'eversione (di lei gli inquirenti non avevano neppure una foto, per un periodo s'ipotizzò che fosse morta o fosse fuggita in Sud America). Minuta, carina, elegante, Susanna finisce nella gabbia dei «duri», accolta da abbracci ed esclamazioni di gioia. Medesima accoglienza per Paolo Zambianchi. uno dei più tristemente efficienti «soldati» di Prima Linea. Atletico, capigliatura leonina, Zambianchi sfila accanto alla gabbia di Sandalo, sibila: .Maiale». Il pentito risponde per le rime, con un sorriso compassato, quasi d'indulgenza. Poi cerca di intessere un dialogo con Walter Zedda (uno dei primi pentiti), Mauro Succa e Celestino Sartoris (figure minori dell'organizzazione) che hanno accettato la scomoda compagnia dello Zedda e stanno con lui nella gabbia numero 2. Attraverso il cristallo corazzato si intavola una discussione pacata; andrà' avanti per buona parte dell'udienza, a condurla è sempre Sandalo, con gesti larghi, tamburellando spesso con le dita sul quaderno blu che si è portato per prendere appunti. Conciliaboli serrati pure nelle gabbie dei «duri»: argomento, come strutturare il documento da leggere alla Corte. Ci sono dissensi sulla lunghezza, su alcuni concetti: qualcuno vorrebbe renderlo pubblico subito, la maggio- ranza, anche su consiglio di uno dei difensori, l'avvocato Ghidoni. decide di attendere ancora per un'udienza o due. Estranei alla disputa restano i! capo Maurice Bignami e la sua compagna, Maria Teresa Conti. In un angolo della gabbia conversano guardandosi negli occhi. «Maurice — anticipa Ghidoni — farà dichiarazioni sue, è su posizioni differenti dagli altri. Posizioni forse più in sintonia con le Brigate rosse». L'udienza si trascina per tre ore in una selva di eccezioni del collegio di difesa. La Corte entra ed esce più volte dalla camera di consiglio, le parole del presidente Bonu cadono nel più completo disinteresse degli imputati. Il processo continua oggi, forse cominceranno già gli interrogatori degli accusati. Claudio Giacchino Torino. Roberto Sandalo (a destra) discute con altri imputati della gabbia a fianco, fra cui Sergio Zedda (con gli occhiali) e Mauro Succa (di spalle). (Foto La Stampa - Alessandro Bosio)

Luoghi citati: Bergamo, Piacenza, Sud America, Torino