Due atleti inglesi in gara per la patria, per lo sport di Stefano Reggiani

Due atleti inglesi in gara per la patria, per lo sport CANNES FESTIVAL: «Chariots of fìre» del debuttante Hudson e «Gli anni luce» di Alan Tanner Due atleti inglesi in gara per la patria, per lo sport DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CANNES — Iniziazione, che bella parola. Cioè: comprendere il segreto della vita, conquistarlo dopo dure prove. Il regista svizzero Alain Tanner con CU anni luce ne ha portato al festival un esempio tradizionale, itinerario misterioso della coscienza (piacerà ai lettori di Hesse); il debuttante inglese (45 anni) Hugh Hudson ha scelto la via più diretta, più affascinante per il grande pubblico, lo sport. Chariots of fire». Carri di fuoco, avrà nell'edizione italiana il titolo Momenti di gloria ed è la storia di due atleti inglesi che vinsero la medaglia d'oro (cento e quattrocento metri) alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Mettiamo, la storia di due Mennea nati in Inghilterra agli inizi del secolo, con i loro complicati problemi personali, una loro idea dello sport, un peso patriottico da sopportare. Insomma, due Mennea veri e propri (e una, volta o l'altra un film sull'atleta di Barletta si farà). Il primo Mennea si chiama Harold Abrahams, è figlio di un finanziere ebreo, studia a Cambridge, corre per riscattare se stesso, il pregiudizio razziale che aleggia anche tra i severi professori e i promettenti allievi dell'università («suo padre presta soldi, non è vero?»). Corre per vincere e per vendicarsi, assolda anche un allenatore privato per correre meglio di tutti i cento metri. Il secondo Mennea si chiama Eric Liddell. è figlio di un pastore scozzese, la sua vocazione è di fare il missionario in Cina, ma anche di correre «per rendere maggiore gloria a Dio». Quasi imbattibile sui cento metri, Liddell è anche un buon mezzofondista: anzi nei freschi allenamenti tra le sue brughiere è la corsa lunga che prevale. Le storie di Abrahams e di Liddell, dopo varie sfide in Inghilterra, s'incontrano a Parigi per le Olimpiadi del '24 (il principe di Galles in tribuna, tutta la gente con la paglietta, un ostentato odore di dilettantismo). Liddell, che dovrebbe correre di domenica, giorno del Signore, le eliminatorie dei cento metri, rifiuta la gara ("meglio obbedire a Dio che al re»). Per fortuna, un amico gli cede il posto nei quattrocento metri, cosi le medaglie d'oro sono due, Liddell nei quattrocento. Abrahams nei cento. Il regista Hudson ha ripreso la storia di due atleti veri per un messaggio patriottico (cara, vecchia Inghilterra) e uno sportivo (imparate dagli atleti di allora, conservate puro l'agonismo). Tra le furbizie della ricostruzione d'epoca, si vede che era regista di film pubblicitari, dentro le corse al rallentatore, Hudson trova una scintilla dell'iniziazione sportiva. Si corre per vincere, per essere più bravi, per scaricare l'aggressività, per sopraffazione, ma anche per conquistare se stessi. Dev'essere bello, lo diciamo da pigri CANNES — Questi i film in concorso oggi: Heaven's Gate (La porta del cielo) di M. Cimino (Usa). Per la sezione fuori concorso Un certain regard: Si ama una sola volta di Raikp Grlic. camminatori, volare nell'aria più veloci di tutto, del proprio corpo, dei propri pensieri. Lo sport ha trovato un posto quest'anno a Cannes. Nella sezione «Un certain regard» c'è oggi un film sulle olimpiadi degli handicappati (La notte col sole), e fuori mostra, quasi per dispetto, è annunciato il film di Huston sul calcio, con Pelé (Escape to victory). La conquista di sé proposta da Tanner è più elaborata. L'autore di Jonas che avrà ventanni nel Duemila immagina che il suo personaggio sia appunto arrivato al Duemila, sia un inquieto barista irlandese, un giovanotto che sente la chiamata, ma non sa come trovare la via della conoscenza e della saggezza. Ci penserà Trewor Howard, vecchio sapiente, che abita in un garage abbandonato, con decine di uccelli, aspettando il giorno in cui volerà via, lontano anni luce. Dopo dure e umili prove, Jonas diventerà il suo erede, l'uomo che proseguirà dove il vecchio ha fallito. Il maggior nemico è dentro di noi, l'alleata da conquistare è la natura. E' bellissimo, detto così. Ma Tanner è andato un po' per le lunghe nel suo esilio irlandese (il film è franco-svizzero, parlato in inglese). Tante cose sono difficili da dire anche con i silenzi della brughiera, con le iscarne parole di Trewor Howard. Ma le scene conclusive del volo, con la vendetta dell'aquila (c'era già qualcosa in Altman. Anche gli uccelli uccidono) sono assai suggestive. Stefano Reggiani Una scena del film inglese «Momenti di gloria» in concorso ieri al Festival