«Nijinski era come un sandwich» di Lietta Tornabuoni

«Nijinski era come un sandwich» IN UN FILM A CANNES, PARLA LA FIGLIA DEL GRANDE BALLERINO RUSSO «Nijinski era come un sandwich» Dice Kyra: «Lo schiacciavano due volontà terribili: Diaghilev e la mia bellissima madre Romola» - A 68 anni è venuta al festival per «She dances alone», del quale è straordinaria protagonista, diva e dittati ice DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CANNES — Avvolta in un saio francescano, col cordone bianco intorno alla vita e un basco rosso in lesta, una donna di sessantotto anni danza da sola davanti a una chiesa. Danza perduta in un'assoluta felicità infantile, senza darsi il minimo pensiero del luogo, dell'età, del corpo appesantilo: con esattezza creativa, con molta grazia, e La grazia è un dono di Dio, il resto si impara'). diceva Nijinski. leggendario archetipo del ballerino, simbolo dei balletti russi. La vecchia signora è sua figlia Kyra. venuta a Cannes per accompagnare un film di cui è straordinaria protagonista, diva e dittatrice. Nel film del viennese Robert Dornhelm presentato al festival. She dances alone. Kyra Nijinski parla di suo padre chiamandolo col nomignolo familiare di Tatakaboy. parla della madre Romola chiamandola come da bambina Mamisa. rievoca il tempo splendente e perduto dell'arte, del lusso, della pazzia. Per lo più sono ricordi indotti, lei aveva sei anni quando le prime crisi di schizofrenia misero fine alla carriera di Nijinski: «Era d'umore terribile, furioso. Quel giorno ci ha buttato giù dalle scale di casa. Mamisa e me. Siamo cadute. rotolate sino al pianerottolo. E' arrivato un piccolo poliziotto vestilo di verde, con il kepi in testa, e l'Itti portalo via'). Dalla sua mente ha voluto cancellare i trent'anni in cui durò la follia del grande ballerino: pellegrinaggi di clinica in clinica, brevi sortite per essere ospite di re e mecenati, anni di muta assenza catatonica, ogni tanto la precaria notizia «è guarito, torna sulla scena», e tutti che lo credevano già morto quando alla fine mori nel 1950. Finche è stata giovane, anche lei ballerina con Max Reinhardt a Vienna, a Berlino e in tutta Europa, poi coreografa a Firenze. Kyra ha usato il proprio nome e tentato di esorcizzare il padre pur seguendone l'insegnamento di stile e di dedizione: ora passa il tempo a vivere il fantasma di Nijinski. Gatto e serpente « Mio padre aveva orrore del lusso»; e hi/o padre era un principe, mezzo gallo e mezzo serperne, maschile e femminile*; «mio padre non era pazzo, era stalo spezzato dalla brutalità del mondo-). E ancora: «La mia bellissima madre Romola pareva un angelo, era figlia d'un conte, un'aristocratica. Adorabile, difficile. Mio padre era sfuggilo a un uomo dominatore. Diaghilev, per cadere nelle mani di lei che pure lo dominava. Niiinski era come un sandwich. schiaccialo ira due volontà terribili'). Romola, conferma, odiava con ferocia rivale l'impresario dei balletti russi, creatore e amante di Nijinski. «Mi diceva: sono felice di sentire che Venezia sta affondando: cosi la bara di Diaghilev sepolto lì verrà portala via dall'acqua, e ogni resto di lui si perderà in allo mare'). Kyra era a Roma quando Nijinski morì: «Una notte sognai mio padre che danzava "lo spirilo della rosa". Quella stessa none lui agonizzava a Londra: sul letto di morte, muoveva piano le braccia nei movimenti dello "Spirito della rosa"'). Con la madre se ne andò nel 1956 a San Francisco, e si capisce cosa dovesse essere la convivenza delle due donne un tempo bellissime, diversamente vecchie, ugualmente egocentriche: «In piena none voleva cacciarmi di casa, avevamo litigato. Pretendeva d'essere lei la conlinuairice di Nijinski. mentre sono io: mio padre io scrisse anche nel suo diario, scrisse "ho paura di morire presto, per attesto voglio un figlio che sia la mia reincarnazione"». Nel film è la voce di Max Von Sydow a leggere brani di quel diario, ed è una ballerina di sei anni a far rinascere dalla memoria di Kyra le ferite d'infanzia: la desolazione del sentirsi abbandonata: lo spavento d'entrare nella stanza di suo padre e di venirne violentemente scacciata; il pianto disperato per richiamare la madre, invano perché Romola era concentrata nel cucinare e divorare uova strapazzate, come faceva sempre quand'era molto depressa. «I miei trionfi» Ma soprattutto, in She dances alone come nelle conversazioni a Cannes. Kyra Nijinski racconta ed esalta se stessa. • Sono un'artista»: creatrice d'una forma coreografica t molto moderna» che chiama coreodramma. pittrice, declamatrice di poesia classica italiana, scrittrice. Nel film, tiranneggia il regista: «Non siate banale, lo ho orrore della mediocrità, sono uno spirito molto libero. Ho paura soltanto del mure: come Diaghilev». Nei dialoghi si dà delle arie ricordando il suo matrimonio durato pochissimo con l'ultimo protetto di Diaghilev e poi direttore d'orchestra Igor Markevitch: «Mi sono sposata nella cattedrale dove venivano incoronati i re. una cerimonia splendida: nelle fotografie di nozze c'è ac¬ canto a me Tamara Karsavina». Ride con trasporto slavo di scherzi privati incomprensibili, alludenti a chissà quale passato: «Ah questo no, non voglio essere cattiva con mia zia Èronislava». Lascia appena filtrare l'insicurezza {«parlate dei miei trionfi, non della mia debolezza»), è infinitamente prepotente, testarda, anticonformista, disinvolta: gorgheggia il proprio nome: corregge severa nella classica coreografia de VAprèsmidi d'un faune il primo ballerino dell'Opera di Parigi Patrick Dupond: telefona e scoccia il regista («ho avuto un'idea geniale, devo parlartene subito»), fa la buffa {«attenzione, ora farà un ingresso da regina d'Inghilterra'), chiacchiera, dice bugie, ha memorie imprecise e se vede un giapponese subito lo saluta cordiale, «savonaru». L'idea del regista Robert Dornhelm. resuscitare lo spirito di Nijinski attraverso sua figlia, il suo diario, le coreografie delle sue danze, magari non è riuscita: ma il ritratto d'una vecchia artista intelligente, un po' ridicola, mollo simpatica, arriva ad evocare la cultura e 'a leggenda creativa, selvaggia, folle e vitale dei balletti russi. Lietta Tornabuoni