Tema: i temi di Franco Lucentini

Tema: i temi L'AGENDA DI F. & L. Tema: i temi Tramontano le Pleiadi, trascorrono le generazioni, ma i temi di scuola restano sempre uguali, sempre lo stesso sibilo disperato, lo stesso mormorio impotente si leva dai banchi (ieri di legno, oggi di plastica) allineati nelle aule: non so che cosa dire! Negli anni della contestazione si tentarono, non solo in Italia, strade diverse. Composizioni collettive, cui ognuno partecipava con un pensierino, un vocabolo, una virgola; collages di vaga ispirazione dadamontessoriana, con titoli ritagliati dai giornali; parole su striscioline, alla rinfusa, che lo scolaro doveva «strutturare» secondo la sua sensibilità e fantasia; e beninteso le ricerche e inchieste «di gruppo», croce di migliaia di mamme, di papà, di nonne, di zie. I più vociferanti, e più ingenui, di quei novatori caddero in un equivoco contenutistico: chi se ne frega di Dante, è Gramsci che c'interessa. Come se «Le lettere dal carcere» non potessero suscitare nel poverino inchiodato davanti al foglio bianco la stessa abietta paralisi, lo stesso accasciato smarrimento che affligge il giovane esegeta del «Paradiso». La .verità è che i vari riformatori e sperimentatori, ministeriali o barboscamiciati, furono tutti vittime dello stesso inconscio pregiudizio, per il quale scrivere sarebbe una faccenda abbastanza semplice, in fondo affine al leggere e addirittura al parlare, sicché basta conoscere i meccanismi elementari della lingua e qualche centinaio di vocaboli per esprimere con garbata esattezza ciò che si ha nella testa. Le altre arti non si prestano a simili illusioni, tengono brutalmente le distanze: tra il pubblico che affolla il concerto di Rostropovic o la mostra di Picasso, la percentuale di coloro che sanno tenere in mano archetto e pennello è minima; mentre i lettori di Manzoni, tutti senza eccezioni, sanno materialmente scrivere come lui, parola più, parola meno; e gliene viene la sensazione non certo, per carità, di essere Manzoni, ma insomma di zappettare anche loro ai margini di quel campo, di non esserne esclusi da invalicabili abissi. Forse da questo abbaglio antico (lo segnalava ferocemente Karl Kraus già molti decenni fa) nascono i temi di scuola, che sono sempre, per un verso o per l'altro, difficilissimi, spinosissimi, tali da far tremare qualsiasi scrittore di professione. * * Ai figli dei nostri amici che ci chiedono consiglio, raccomandiamo in genere di scegliere quelli cosiddetti nozionistici, di cui abbiamo visto il ritorno con vero sollievo. Sono più innocui, i più funzionali, e in realtà i meno coercitivi, meno subdoli nei confrontdell'allievo. Solo un'immensa ottusità ha potuto scorgere in questi onesti controlli, in questi grigi caselli d'autostrada, il nemico da abbattere. Con un minimo di applicazione e dmemoria, chiunque è in grado di riportare in buon ordine sul foglio un certo numero di opinioni altrui circa il Rinascimento, la Rivoluzione francese, Cavour, Lenin, i poeti romantici e la prima guerra mondiale. L'importante è non dimenticare che si tratta in tutti casi di questioni aperte, controverse, straordinariamente complicate, intorno alle qualun adolescente non può, e soprattutto non deve «farsi un'idea propria». Disgraziatamente la scuola insiste a confondere le carteformulando i temi come se lo scolaro fosse chiamato a stendere una relazione per un congresso di specialisti. Lunghe e solenni premesse, minacciosattorcigliamenti di periodi, e la cannonata finale del tema vero e proprio. Mentre bisognerebbe dirgli: «Intorno alla polemica sul verismo tu sai poco, e quel poco lo sai di seconda e dterza mano. Noi qui vogliamo solo accertare se hai capito almeno i termini della questione e se ti ricordi un po' di date, dtitoli, e il giudizio di due o tre dotti che se ne sono occupatper anni. Se ti permetti di usare espressioni come "secondo me" e "a mio avviso", sarai automaticamente bocciato». Vuoi perché neghittosi, vuoperché atterriti dalla trombonesca e astrusa formulazione del tema di storia e di letteratura, molti scolari preferiscono tuttavia il tema cosiddetto «libero» o «di fantasia», esponendosi in tal modo a pericolmortali. Ciò che essi affrontano con cieca incoscienza e mezzi espressivi rudimentali (mnessuno gliel'ha spiegato) è in fatti niente meno che la prosa d'arte, il poemetto in prosa, l'elzeviro classico. «La primavera è tra noi», «Descrivi le impressioni e i sentimenti che la vista del mare suscita in te», «Il mio migliore amico», sono argomenti che sotto un'ingannevole facilità nascondono una sfida contro i maestri della folgorante similitudine, del lapidario aggettivo, del finissimo scavo psicologico. ★ ★ Quella che si presentava come una scappatoia, si rivela ben presto una trappola: l'infelice non può far altro che raschiare il fondo della sua misera cultura letteraria, traendone inevitabilmente uccellini che gorgheggiano, fiori che sbocciano, spume che biancheggiano, ecc. Ma la banalità, che nel tema «di controllo» veniva di fatto considerata un merito, qui diventa una colpa. L'insegnante legge le trite immagini, i pietosi cascami, le goffe velleità, e in lui si attivano, che lo voglia o no, micidiali paragoni con D'Annunzio e Baudelaire, con Melville e Flaubert. Irritazione e scoramento lo portano alla severità: possibile che questo piccolo imbecille non sappia tirar fuori altro da un inseparabile compagno di giochi, da una traversata in Sardegna? E l'incauto se ne torna a casa con un giudizio disastroso. Resta il tema di retorica o «d'attualità», aggiornamento del vecchio tema sulla lungimiranza del duce, sulla Vittoria del 4 novembre, sull'Impero d'Abissinia e sull'orgoglio di essere balilla. L'argomento specifico non ha importanza, può essere indifferentemente il terremoto, la droga, la sporcizia in città, la fame nel mondo, la pena di morte, e ha il solo scopo di verificare il grado di conformismo dell'alunno. Il quale, se prendesse sul serio l'invito a esprimersi liberamente, scrivendo magari che il terremoto gli è parso un grandioso spettacolo, che tutti quegli asiatici denutriti non gli fanno né caldo né freddo, che il suo sogno è di assistere a una bella impiccagione in piazza, andrebbe incontro a incalcolabili guai. Ma una volta che gli sia ben chiaro questo punto, egli potrà affrontare l'esercitazione di retorica senza rischi e fatiche eccessive, giacché basta leggere un po' di giornali e guardare un po' di televisione (cosa che di per se stessa dimostra una lodevole «presa di coscienza» dei problemi contemporanei) per svolgere una trattazione accettabile. Qui, di nuovo, la banalità è de rigueur, sebbene sia consigliabile imprimerle un movimento dialettico del tipo: le fabbriche inquinano / ma d'altra parte danno il pane a tanta gente / comunque l'Uomo saprà senza dubbio trovare una soluzione. E' in ogni caso essenziale tener presente che si tratta di un test sui «buoni sentimenti», e che quindi compassione per i deboli, solidarietà per gli oppressi, sdegno per i prepotenti, riprovazione per i ricchi oziosi e corrotti, odio per la violenza e la guerra, amore per la pace e il lavoro, fiducia nella demo¬ crazia è nell'avvenire, non disgiunta però da una virile consapevolezza delle difficoltà che abbiamo di fronte, sono tutte formule moralistiche da infilare utilmente tra le righe, per culminare in un obbligatorio «finalino» di tono responsabile e pensoso. Una lettura o rilettura del libro Cuore è pur sempre il miglior addestramento a questo tipo di composizione, i materiali emotivi essendo tuttora gli stessi. Sarà facile per lo scolaro provvedere alle ovvie trasposizioni, sostituendo ai luoghi comuni di un secolo fa quelli in vigore oggi, siringa di tossicodipendente anziché fiasco di alcolizzato, compagno handicappato anziché compagno tisico, celebrazione sindacal-resistenziale anziché militar-patriottica, calda mano di Pertini anziché calda mano di Umberto I, e cosi via. Quanto a maneggiare la lingua disivoltamente, elegantemente, non è cosa ormai che si possa pretendere d'imparare a scuola. Drastiche riforme sarebbero necessarie, prima fra tutte l'abolizione del telefono e il ritorno alla primigenia cartolina da Varazze: «Cara mamma, ti scrivo per farti sapere che...» / D'altra parte il telefono è diventato uno strumento indispensabile della vita moderna / Comunque l'Uomo saprà senza dubbio trovare una soluzione. Carlo Frutterò Franco Lucentini

Luoghi citati: Abissinia, Italia, Sardegna, Varazze